Industria ed universitá italiana.

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Industria ed universitá italiana.

Messaggio da FAS » 3 dicembre 2009, 12:28

In una recente discussione abbiamo avuto modo di scrivere in merito a come i politecnici e le universitá italiane preparano gli studenti al mondo dell'industria. I pareri sono quasi univoci nell'affermare che l'universitá sembra non tenere in considerazione delle reali esigenze del mercato del lavoro.
Due mondi diversi…...
Dunque, é piu che noto, che gli studenti usciti dal mondo universitario si trovano piu che spaesati nel dover affrontare il mondo del lavoro. Ancor di piú quando il principale sbocco lavorativo é costiutito dall'industria. Come succede ad esempio in ambito aeronautico. Le "attuali modalitá" della carriera universitaria italiana sono piú che scollegate e lontane da quello che é la reale necessitá di man power delle imprese /industrie italiane. Pur restando nello specifico dei ruoli é necessaria una colaborazione piú intima tra le parti.
Servono degli strumenti adeguati e delle azioni particolari per poter rendere confrontabili e comuni le esigenze delle due parti.
L'universitá non sforna prodotti (professionisti) che sono immediatamente pronti per poter essere impiegati nell'industria.

Vorrei analizzare insieme a voi il contesto in cui le varie parti agiscono e quali potrebbero essere secondo voi i punti di congiunzione tra ricerca dell'universitá e sviluppo del prodotto industriale.

É inutile dire /ricordare che una nazione per essere competitiva sul mercato deve avere una tecnologia (intesa come prodotto) molto competitiva e raffinata. Ma le nuove e le future risorse umane come vengono preparate per esser subito pronte ad affrontare il lavoro offerto dall'industria? Gli studenti riescono ad essere immediatamente competitivi ed appetibili?

Cosa si fa nelle universitá italiane per essere conformi alle famose filosofie delle industrie tipo spin-off, start-up, best practices…termini anglosassoni molto di moda, belli da sentire, che non hanno fondamento e applicazione nella realtá.

Quindi cosa vivono gli sutdenti? come vorrebbero cambiare il loro corsi di studi?
Cosa si aspetta l'industria dalle universitá?
Cosa succede in Europa? e in Italia?


Senza rimanere confinati nel mondo aeronautico sarebbe interessante avere le testimonianze proveniente anche da altri campi, come ad esempio quello dell'automotive, o magari della farmaceutica, della medicina e via discorrendo.

a voi la tastiera
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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da MarcoGT » 3 dicembre 2009, 13:39

Ciao FAS,

concordo sul fatto che l'Università italiana non prepari nel modo migliore al mondo lavorativo.
Solo teoria, nozioni, teoria e poi ancora nozioni;
per carità, servono come base di partenza, ma una volta nel mondo lavorativo ci si trova pesantemente spiazziati a meno che uno studente, nel poco tempo che gli restava durante la giornata, non portava avanti lui qualcosa per suo interesse personale (ma dipende comunque dal settore; io che ho fatto ingegneria informatica mi sono studiato dei linguaggi di programmazione);
sono stato in Erasmus per 6 mesi ad Helsinki (Finlandia) e là ho visto con i miei occhi ciò che ho appena detto.
L'università finlandese prepara già per il mondo lavorativo; le industrie pescano a piene mani dall'unviersità; chi si laurea (parlo di ingegneria) ha già il posto di lavoro assicurato (due ragazzi finlandesi, appena laureati lavorano uno alla Nokia ed uno alla Kone)

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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da MoFo » 3 dicembre 2009, 14:19

Porto l'esperienza mia (ingegneria) e della mia ragazza (chimica), a Napoli
La mia esperienza e' a tempi invertiti (lavoro da 10 anni e mi sto per laureare)
per questo ho notato ancora di più di quanta roba si studia giusto "per fare l'esame",anche con professori che non hanno l'idea della materia che insegnano;
e' vero anche che una preparazione completa di base è necessaria, soprattutto per quanto riguarda il modo di ragionare,per questo mi ha aiutato molto l'aver fatto l'ITIS invece del liceo..
Concordo sulle critiche di troppa teoria, poca pratica "sul campo"...mancanza di collegamento tra mondo accademico e industria , anche se con le dovute eccezioni, specie nei politecnici (per giurisprudenza o architettura per esempio sono due mondi che vanno per fatti loro);
è difficile indicare le soluzioni,magari bisognerebbe prendere ad esempio altre strutture nel mondo dove le cose funzionano;
io penso che bisognerebbe insistere di più su tesi fatte presso aziende , oppure dedicando l'ultimo anno (o ultimi 2) quasi esclusivamente a laboratori..oppure a corsi di software di prevalente uso professionale,sempre con applicazioni sul campo..
anche le aziende dovrebbero essere più "presenti" nelle università, per non trovarsi appunto ragazzi laureati si,ma completamente da formare!
Per quanto riguarda la mia ragazza, si è laureata da poco in chimica (in corso e con lode), e per le aziende era semplicemente un "elemento con zero esperienza"...ha quindi deciso di fare il dottorato di ricerca, ed alla fine si troverà al bivio e scegliere tra ipotetica carriera accademica (ricercatore) e mondo dell'industria..

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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da 87Nemesis87 » 3 dicembre 2009, 15:21

come ho scritto nell'altro post....la situazione è abbastanza triste...io faccio ingegneria aerospaziale e in 3 anni per poter vedere un aereo ho dovuto scegliere un corso apposito e facoltativo dove andavi in una aviosuperficie a costruire ultraleggeri.... per tutti gli altri corsi si tratta di cose assolutamente teoriche e poco specifiche che portano come risultato a sapere tutto a grandi linee, ma niente nello specifico....

...inoltre da fonti che frequentano le varie specialistiche mi dicono che pure li la situazione è la medesima...nulla pratico...tutto teorico...tutto generico un pò più approfondito riguardo alla specializzazione che vuoi prendere..

....risultato: quando esci sai tutto di tutto, ma in realtà non sai niente di niente nello specifico...quindi è come se ricominciassi da capo una volta finita la laurea... inoltre il fatto che le cose uno le abbia studiate solo sui libri, porta spesso come conseguenza che quando vedi la stessa cosa (un motore per esempio) anche semplice, ma vero, non sai come comportarti nè riesci a riconoscere a vista i vari componenti....
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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da Dysko » 3 dicembre 2009, 16:55

Anch'io frequento ingegneria aerospaziale...
In teoria dovrei essere al terzo anno, di fatto sto ripetendo gran parte del secondo anno.
Anch'io ho l'impressione che sia tutto troppo teorico (di alcuni esami, come meccanica razionale, non riesco neanche a capirne l'utilità). L'unico aereo che molti professori hanno visto è un Aermacchi MB.326 che abbiamo in giardino (paradossalmente, uno dei pochi professori che ha effettivamente lavorato seriamente nel mondo dell'aviazione è ingegnere meccanico e non aerospaziale). E la cosa peggiore è che a molti miei compagni non interessa assolutamente il mondo dell'aviazione e vorrebbero eliminare i pochi corsi "meno teorici" che abbiamo.

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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da sardinian aviator » 3 dicembre 2009, 19:35

Breve sintesi dell'esperienza di mio figlio:
laurea breve in ingegneria elettronica, voto medio; passionaccia per i computer su cui smanettava già da adolescente.
Assunto subito appena laureato dalla ditta presso la quale ha fatto la tesi su un progetto specifico (rilevazione rumore aeroportuale).
Vista la precarietà, dopo un anno ha cambiato ditta ma non con migliori risultati di carriera e reddito.
Ha inviato CV all'estero e dopo qualche mese è stato assunto in Francia come quadro presso una fra le prime due aziende mondiali di computer, con contratto a tempo indeterminato.
E' stato assunto per quello che sapeva fare e non per quello che aveva studiato (ovvero per quello che aveva studiato, ma non all'Università).

Provocazione: e se togliessimo il valore legale della laurea?
È meglio rimanere in silenzio ed essere considerati imbecilli piuttosto che aprire bocca e togliere ogni dubbio

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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da betty » 3 dicembre 2009, 20:41

Quoto in pieno FAS.
Sono un'universitaria prossima alla laurea (in Informatica) ed estremamente delusa da quel mondo.
Confermo che moltissimi professori non conoscono la materia che pretendono di insegnare, teoria in quantità spaventosa senza nessuno che dica: "nella vita pratica questo spiega... questo serve a... questo si applica a..."
E sto parlando di materie scientifiche, non di letteratura o filosofia.
Senza contare i professori che trattano in maniera estremamente maleducata gli studenti, non ci sono mai e spariscono da metà maggio a metà ottobre, per ricomparire giusto il giorno dell'appello d'esame, abbronzati e svagati.
Non è così che si costruisce il futuro.

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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da FAS » 4 dicembre 2009, 7:13

Ringrazio tutti quelli che sono intervenuti...e spero di leggere ancora altre esperienze..
è importante avere il feed back delle persone che effettivamente sono coinvolte nella cosa. Allo stesso tempo voglio far capire ai neolaureati (come riporta anche sardinian aviator) che al di fuori dei nostri confini le cose vanno in maniera differente. Ma quanti sono disposti ad andare all'estero e confrontarsi con un diverso costume /modo di vivere per poter lavorare?

tra l'altro su questo forum abbiamo diversi esempi di migrazione intellettuale.....magari Alpha Sierra se non é troppo impegnato potrebbe riportare la sua esperienza... 8) ndo stai?

Subentra anche il problema delle lingue straniere, quindi. Gli insegnamenti scolastici sono adeguati? e poi le universitá riescono a fornire quel giusto vocabolario di termini tecnici per poter operare in campo internazionale?

Alcuni settori marciano comunque sulla stessa corsia. Ad esempio nel campo della medicina gli studi sono (OVVIAMENTE) a diretto contatto con l'operativo (passatemi il termine) e quindi sul campo. Ci sono le cliniche universitarie che sfornano professionisti di alto livello che poi diventano punto di riferimento anche oltre i nostri confini.

Molti dei nostri settori industriali (italiani), come ad esempio la nautica, sono all'avanguardia e certo questo non avviene per merito delle universitá ed il know how che propone agli studenti durante il corso di studi.
Tutto avviene attrraverso il learning by doing, ma perché non preparare gli studenti in anticipo su quello che sará effettivamente il loro campo di impiego?

Mi rivolgo adesso a quelli che sono riusciti a fare tesi "sponsorizzate" (almeno cosí dicono i baroni universitari) da i vari settori industriali....quindi, altro punto dolente, quanti studenti si sono ritrovati a svolgere lavori di tesi sponsorizzati che poi hanno arricchito i conti bancari dei Prof......????

poi magari cerchiamo di capire cosa vuole l'industria...cosa ci si aspetta da un neolaureato?
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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da 87Nemesis87 » 4 dicembre 2009, 9:11

FAS ha scritto:
Subentra anche il problema delle lingue straniere, quindi. Gli insegnamenti scolastici sono adeguati? e poi le universitá riescono a fornire quel giusto vocabolario di termini tecnici per poter operare in campo internazionale?
no e no

....in italia se si vuole studiare inglese bisogna farlo da privati andando in corsi appositi...e le università non aiutano per niente in questo, anzi:

...in ingegneria aerospaziale basti pensare a come noi chiamiamo "angolo di incidenza" , ecc ...mentre in inglese lo definiscono "angle of attack" ...e cosi via.. e questo può portare già in italia a leggere in modo errato alcuni studi fatti in paesi esteri...
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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da MarcoGT » 4 dicembre 2009, 9:31

FAS ha scritto:Ma quanti sono disposti ad andare all'estero e confrontarsi con un diverso costume /modo di vivere per poter lavorare?
Eccomi! 8)

Tra l'altro ho già fatto alcuni mesi in Erasmus all'estero.

Il problema della lingua c'è, ma non è poi così "pesante".
Con l'inglese si va più o meno dappertutto (io sono stato in Finlandia in Erasmus e là l'inglese lo studiano dalla prima elementare credo).

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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da MoFo » 4 dicembre 2009, 12:05

Sono anch'io molto curioso di sentire esperienze "straniere", positive o negative che siano,
ma anche esperienze positive in italia;
per le lingue straniere stendiamo un velo pietoso,l'esame di inglese ad ingegneria e' una barzelletta!Bisogna darsi da fare da soli!
Vero e' anche che al mondo di oggi per lingua straniera si deve intendere una oltre all'inglese,che deve essere sottinteso se si parla di "estero" ;
Certo che non ci sono scusanti, uno magari fa 20 o 30 esami all'università e poi è pigro su una lingua!
io faccio sempre il paragone con i nostri migranti del dopoguerra, gente magari che non ha finito le elementari e che parla tedesco, francese o altro senza problemi :P

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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da DragonFly » 4 dicembre 2009, 15:16

esperienza personale: ormai l'università, così per come è stata concepita adesso con l'ultima riforma, è diventata un esamificio. Trovandosi 6 esami in un'unica sessione, con solo 3 sessioni regolari in un anno (settembre, gennaio e luglio) e praticamente nessuna straordinaria, posso dire con tranquillità che si studiava solo in funzione dell'esame e non per crearsi una cultura di base.
Ci si informava sulla tipologia di esame e si raccattavano i temi svolti gli anni precedenti, se l'esame era solo scritto, facevi e rifacevi gli esercizi degli anni precedenti fino ad acquistare una notevole sicurezza, poi andavi all'esame. Il libro non si apriva mai e i professori si guardavano bene dal consigliare testi che non fossero dispense stampabili da internet.
C'era comunque molto da studiare e spesso gli esami erano tosti.....ma alla fine?? Cosa mi è rimasto una volta entrato nel mondo del lavoro?? Assolutamente nulla!
Avevo rimosso interi argomenti ed ero in seria difficoltà sul piano pratico....questa è la preparazione che danno (sto parlando del Politecnico di Milano) e sono anche uscito con un voto abbastanza alto.
...una volta nel mondo del lavoro, si azzera tutto e si ricomincia a capire come funzionano le cose....a quel punto la preparazione e la famosa "forma mentis" aiutano, ma l'aver preso magari 30 in aerodinamica non serve assolutamente a nulla (non è il mio caso, io ho raccattato un 22 al secondo tentativo :mrgreen: )
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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da betty » 4 dicembre 2009, 16:06

DragonFly ha scritto:esperienza personale: ormai l'università, così per come è stata concepita adesso con l'ultima riforma, è diventata un esamificio. Trovandosi 6 esami in un'unica sessione, con solo 3 sessioni regolari in un anno (settembre, gennaio e luglio) e praticamente nessuna straordinaria, posso dire con tranquillità che si studiava solo in funzione dell'esame e non per crearsi una cultura di base.
Ci si informava sulla tipologia di esame e si raccattavano i temi svolti gli anni precedenti, se l'esame era solo scritto, facevi e rifacevi gli esercizi degli anni precedenti fino ad acquistare una notevole sicurezza, poi andavi all'esame. Il libro non si apriva mai e i professori si guardavano bene dal consigliare testi che non fossero dispense stampabili da internet.
C'era comunque molto da studiare e spesso gli esami erano tosti.....ma alla fine?? Cosa mi è rimasto una volta entrato nel mondo del lavoro?? Assolutamente nulla!
come da noi... solo che le sessioni di esame sono diventate 2 e basta.

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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da AlphaSierra » 4 dicembre 2009, 16:07

eccomi ci sono! :lol: :lol:
Sono all'ultimo anno di Ing. Aeronautica, che nella mia università è strutturata come 3 anni di Ing meccanica e 2 di magistrale di aeronautica. Tralasciando gli anni di "giovinezza" della triennale, dove lo scopo era "andare avanti", nella magistrale il ritmo è stato ben diverso. Il bagaglio culturale che ci hanno dato è stato sicuramente
"ottimo e abbondante".
Quello che ho trovato appena entrato in una grande azienda?
Beh, altro mondo. Si passa dai libri, dagli esercizi a fine capitolo, o dalle tesine di gruppo a lavorare sul a340-600, vedere un nozzle del trent500 dal vivo, prendere e lavorare su dati sensibili. Quelo che ho notato, passato il tempo di adattamento, la preparazione era sufficiente. Da noi non ci sono "indirizzi" specifici nella magistrale, quindi quello che ti danno è una preparazione globale a buon livello, in modo che poi puoi andare in ogni settore. Questo sicuramente è un vantaggio in Italia in questo momento, dove bisogna purtroppo prendere al volo quello che si trova in giro, senza schifarsi troppo.
Dopo il periodo iniziale, e vedendo il confronto con altri ragazzi francesi che erano li, ho potuto constatare come nel mio caso la preparaizone era sicuramente maggiore, sopratutto a livello teorico. Li erano già "industria-oeriented", ossia fare il run del programmino, preparare il report carino, le slides etc... La vera base teorica resta nascosto nell'ignoto.
Una cosa per cui mi sono trovato non "benissimo" all'inizio è stata però una mancanza di questa filosofia. Preparare un report scientifico in inglese è stata abbastanza difficile per me all'inizio. Abituati a tesine in italiano, quelle da presentare all'esame, eravamo ben lontani da un vero report scientifico. Però sicuramente questo in un mese si impara, la mattonata di teoria no!
Penso che l'università italiana debba un po guardare "avanti" ora, preparare lo studente al mondo del lavoro, dandogli le basi per fare quello che ho scritto sopra. Resta inteso che la "mattonata" di teoria la ritengo sempre utile! :wink:

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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da tristar » 4 dicembre 2009, 17:53

col tempo ho imparato che fare di tutta l'erba un fascio è un grosso errore. Ci sono università bidone e università di eccellenza mondiale. Questo vale anche in Italia. Bisogna vedere quindi dove ci si trova e giudicare (se si ritiene di averne veramente titolo) limitandosi al caso specifico.
Dysko ha scritto:di alcuni esami, come meccanica razionale, non riesco neanche a capirne l'utilità.
come dire "io voglio pregettare caccia, non mi interessa saper risolvere un equazione di secondo grado"......

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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da MarcoGT » 4 dicembre 2009, 18:42

FAS ha scritto: Alcuni settori marciano comunque sulla stessa corsia. Ad esempio nel campo della medicina gli studi sono (OVVIAMENTE) a diretto contatto con l'operativo (passatemi il termine) e quindi sul campo. Ci sono le cliniche universitarie che sfornano professionisti di alto livello che poi diventano punto di riferimento anche oltre i nostri confini.
Guarda FAS, non ne sarei così sicuro;
alcuni dei miei amici hanno fatto Medicina in un Policlinico Universitario...credo che il primo paziente l'abbiano visto il 5 anno...
FAS ha scritto: Mi rivolgo adesso a quelli che sono riusciti a fare tesi "sponsorizzate" (almeno cosí dicono i baroni universitari) da i vari settori industriali....quindi, altro punto dolente, quanti studenti si sono ritrovati a svolgere lavori di tesi sponsorizzati che poi hanno arricchito i conti bancari dei Prof......????
Presente;
diciamo però che mi è piaciuta moltissimo la tesi che ho fatto;
certo, il prof ma soprattutto il laboratorio dove l'ho svolta ne hanno tratto gran beneficio (non solo io ho fatto la tesi su quell'argomento)

FAS ha scritto: poi magari cerchiamo di capire cosa vuole l'industria...cosa ci si aspetta da un neolaureato?
Beh, sicuramente non sarà in grado di fare subito il lavoro che gli verrà richiesto;
ciò che gli verrà richiesto inizialmente (credo, io sto dalla parte del neolaureato) sono la voglia di imparare, di applicarsi, di studiare (non si finisce certo il giorno della discussione della tesi di laurea).

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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da MarcoGT » 4 dicembre 2009, 18:49

AlphaSierra ha scritto: Quello che ho trovato appena entrato in una grande azienda?
Beh, altro mondo. Si passa dai libri, dagli esercizi a fine capitolo, o dalle tesine di gruppo a lavorare sul a340-600, vedere un nozzle del trent500 dal vivo, prendere e lavorare su dati sensibili. Quelo che ho notato, passato il tempo di adattamento, la preparazione era sufficiente.
Ecco, questa cosa l'ho notata anche io.
Ho fatto la tesi su un progetto internazionale in collaborazione con 2 università americane ed un'altra università italiana oltre alla mia; si tratta(va) di un progetto di bioinformatica (informatica applicata alla medicina).
Beh lavorare su dati veri e non "sparati a caso" è tutta un'altra cosa.

Come AlphaSierra...ho ritenuto la preparazione molto più che sufficiente...

Certo...quando si studiano esami come "Ottimizzazione Numerica" (su testi in inglese) ci si chiede sicuramente a cosa servirà...ma durante la tesi ho attinto a piene mani (insieme al corso di Metodi Numerici) da quel corso...

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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da albert » 5 dicembre 2009, 18:46

La situazione non è bellissima, anche se fortemente disomogenea: programmi di studio per certi versi non attuali, alcuni docenti non all'altezza della situazione, ma siamo sicuri che anche qualche studente non ci marci sopra, per superare gli esami con la minima fatica possibile?

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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da FAS » 8 dicembre 2009, 8:30

MarcoGT ha scritto:
FAS ha scritto: poi magari cerchiamo di capire cosa vuole l'industria...cosa ci si aspetta da un neolaureato?
Beh, sicuramente non sarà in grado di fare subito il lavoro che gli verrà richiesto;
ciò che gli verrà richiesto inizialmente (credo, io sto dalla parte del neolaureato) sono la voglia di imparare, di applicarsi, di studiare (non si finisce certo il giorno della discussione della tesi di laurea).

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ma vedi...non tutte le aziende sono disposte ad investire in persone che non possono dare il 100% dal primo momento. I costi di addestramento sono elevati. Son cose che si possono permettere le grandi aziende ma non le piccole.
Ultima modifica di FAS il 8 dicembre 2009, 9:58, modificato 1 volta in totale.
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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da FAS » 8 dicembre 2009, 8:34

AlphaSierra ha scritto: Dopo il periodo iniziale, e vedendo il confronto con altri ragazzi francesi che erano li, ho potuto constatare come nel .................
I ragazzi Francesi avevano la tua stessa etá?


L'esperienza che hai fatto á alla portata di tutti gli studenti oppure bisogna avere delle basi economiche solide per poter fare esperienza all'estero?
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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da MarcoGT » 8 dicembre 2009, 8:59

FAS ha scritto: L'esperienza che hai fatto á alla portata di tutti gli studenti oppure bisogna avere delle basi economiche solide per poter fare esperienza all'estero?
Questo è il punto dolente;
quando sono stato in Erasmus ad Helsinki l'università mi passava 360 euro/mese, solo di affitto della casa nel pagavo 390 euro/mese...quindi (e sono stato in erasmus 6 mesi).

Però devo dire che da questo punto l'italia non è messa poi così male; il ragazzo francese che era in appartamento con me aveva un contributo di 80 euro/mese (e pagava, ovviamente) di affitto tanto quanto me :roll:

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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da albert » 8 dicembre 2009, 9:50

FAS ha scritto:
ma vedi...non tutte le aziende sono disposte ad investire in persone che non possono dare il 100% dal primo momento. I costi di addestramento sono costosi. Son cose che si possono permettere le grandi aziende ma non le piccole.
Alcune piccole o micro investono, ma, non avendo risorse "infinite", non si possono permettere di compiere errori; quindi prima di scegliere una persona hanno bisogno di trovare chi, per almeno uno specifico settore di interesse lavorativo dell'azienda, abbia già una discreta competenza, anche se teorica. Poiché non sempre si trova, accade che alcune piccole aziende rinunciano ad assumere dei neolaureati.
La situazione potrebbe decisamente migliorare, da entrambe le parti, se le università incrementassero il numero delle tesi svolte in azienda, permettendo alle aziende di valutare lo studente, vedendolo all'opera, ed allo studente di imparare sul campo. Perché questo non avviene? .... (*) :roll:

ciao!

(*) NB: io ho la mia opinione a proposito, ma gradirei prima ascoltare le altre 8)
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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da tristar » 8 dicembre 2009, 10:13

FAS ha scritto:
ma vedi...non tutte le aziende sono disposte ad investire in persone che non possono dare il 100% dal primo momento. I costi di addestramento sono elevati. Son cose che si possono permettere le grandi aziende ma non le piccole.
l'università non può (ed è assurdo pensare il contrario) e non deve creare "operai" che sappiano dare il 100 per cento di quello che gli verrà richiesto. L'università deve puntare molto più in alto, ricerca (di base e applicata) in primis.

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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da albert » 8 dicembre 2009, 10:30

tristar ha scritto:
FAS ha scritto:
ma vedi...non tutte le aziende sono disposte ad investire in persone che non possono dare il 100% dal primo momento. I costi di addestramento sono elevati. Son cose che si possono permettere le grandi aziende ma non le piccole.
l'università non può (ed è assurdo pensare il contrario) e non deve creare "operai" che sappiano dare il 100 per cento di quello che gli verrà richiesto. L'università deve puntare molto più in alto, ricerca (di base e applicata) in primis.
L'idea alla base delle lauree di primo livello era proprio quella di creare i nuovi "operai" del 2000, gli ingegneri. :|
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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da tristar » 8 dicembre 2009, 13:37

albert ha scritto:
tristar ha scritto:
FAS ha scritto:
ma vedi...non tutte le aziende sono disposte ad investire in persone che non possono dare il 100% dal primo momento. I costi di addestramento sono elevati. Son cose che si possono permettere le grandi aziende ma non le piccole.
l'università non può (ed è assurdo pensare il contrario) e non deve creare "operai" che sappiano dare il 100 per cento di quello che gli verrà richiesto. L'università deve puntare molto più in alto, ricerca (di base e applicata) in primis.
L'idea alla base delle lauree di primo livello era proprio quella di creare i nuovi "operai" del 2000, gli ingegneri. :|
la scusante era quella, il vero motivo era semplicemente quello di aumentare il numero di laureati e tenere in piedi realtà che altrimenti sarebbero cadute. Prova ne è che i corsi sono stati semplicemente divisi in parte da destinarsi alla triennale e in parte alla specialistica (per fare il precedente totale di cinque anni), ma i programmi non sono cambiati di una virgola tranne il naturale aggiornamento di alcuni corsi (sopratutto alla specialistica) legati all'avanzamento della tecnologia. Visto poi il risultato non molto convincente e sostanzialmente inutile di tale divisione, si sta ora tornando verso il vecchio stampo, il nuovissimo ordinamento infatti prevede una sorta di triennale uguale per tutti e già da un anno si è tornati ai corsi semestrali.

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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da albert » 8 dicembre 2009, 13:51

tristar ha scritto: la scusante era quella, il vero motivo era semplicemente quello di aumentare il numero di laureati e tenere in piedi realtà che altrimenti sarebbero cadute.
O, per meglio dire, recuperare quella parte di studenti ormai fuori corso da lungo tempo, e che, nel momento in cui l'università aveva abbondanza di studenti, fino a fine anni '80, non erano considerati importanti, mentre con il calo della natalità sono divenuti importanti, nel momento in cui i contributi dallo stato sono stati commisurati alla quantità di merce laureata. (le parole rappresentano la mia opinione :wink: ).
tristar ha scritto:Prova ne è che i corsi sono stati semplicemente divisi in parte da destinarsi alla triennale e in parte alla specialistica (per fare il precedente totale di cinque anni), ma i programmi non sono cambiati di una virgola tranne il naturale aggiornamento di alcuni corsi (sopratutto alla specialistica) legati all'avanzamento della tecnologia.
Questo perché a una parte non minimale del corpo insegnante interessa mantenere la propria cattedra, creando magari corsi poco utili seguiti da pochissimi studenti, oppure aumentando a dismisura i corsi di laurea, peer creare posizioni.
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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da tristar » 8 dicembre 2009, 14:10

albert ha scritto:
tristar ha scritto: la scusante era quella, il vero motivo era semplicemente quello di aumentare il numero di laureati e tenere in piedi realtà che altrimenti sarebbero cadute.
O, per meglio dire, recuperare quella parte di studenti ormai fuori corso da lungo tempo, e che, nel momento in cui l'università aveva abbondanza di studenti, fino a fine anni '80, non erano considerati importanti, mentre con il calo della natalità sono divenuti importanti, nel momento in cui i contributi dallo stato sono stati commisurati alla quantità di merce laureata. (le parole rappresentano la mia opinione :wink: ).
tristar ha scritto:Prova ne è che i corsi sono stati semplicemente divisi in parte da destinarsi alla triennale e in parte alla specialistica (per fare il precedente totale di cinque anni), ma i programmi non sono cambiati di una virgola tranne il naturale aggiornamento di alcuni corsi (sopratutto alla specialistica) legati all'avanzamento della tecnologia.
Questo perché a una parte non minimale del corpo insegnante interessa mantenere la propria cattedra, creando magari corsi poco utili seguiti da pochissimi studenti, oppure aumentando a dismisura i corsi di laurea, peer creare posizioni.
cioè la pensiamo allo stesso modo. Come scrivevo sopra, l'errore nel giudizio si commette quando si fa di tutta l'erba un fascio, generalizzando qualcosa di troppo ampio e complesso da poter essere liquidato con critiche più qualunquiste che altro.

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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da FAS » 8 dicembre 2009, 14:16

tristar ha scritto: cioè la pensiamo allo stesso modo. Come scrivevo sopra, l'errore nel giudizio si commette quando si fa di tutta l'erba un fascio, generalizzando qualcosa di troppo ampio e complesso da poter essere liquidato con critiche più qualunquiste che altro.
I pochi carati di diamanti si confondono tra le tonnellate di roccia.....

Alcuni centri di eccellenza esistono e funzionano bene, ma cosa succede negli altri posti? nei posti dove sono concentrate le cifre significative di studenti?
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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da tristar » 8 dicembre 2009, 16:03

nella mia (padova) le cose, pur con qualche inevitabile eccezione, funzionano bene. Il settore della fisica, matematica e ingegneria meccanica, e scusate se è poco, (per citare solo quelli che conosco per certo) hanno ben poco da invidiare a qualsiasi altra università. Certo, viene richiesto allo studente molto di più di altri atenei nei quali fuggono gli elementi più pigri, ma il risultato è senz'altro buono. Vedo inoltre in molti post una richiesta assurda che si fa all'università, e cioè: voglio una struttura che mi insegni quello che voglio io. Questo non è fattibile perchè a livello accademico non si può pretendere di iniziare un corso leggendo in classe un testo per ben fatto che sia se non c'è alle spalle una storia scientifica di ricerca su quell'argomento. E questa è la base di partenza che distingue atenei come Padova, dove si insegna ciò su cui si fa ricerca e su cui si è leader a livello mondiale, da altri atenei dove si insegna ciò che richiedono gli studenti per non chiudere baracca. Prova a dare un'occhiata al sito del cisas per capire cosa intendo. L'Italia è industrialmente molto più forte di quel che si pensa in campo aerospaziale in senso lato, molto meno in quello aeronautico in senso stretto, perciò non ha molto senso rivolgersi ad un università italiana per studiare dei settori specifici nei quali sono molto più forti (per esempio) i francesi.

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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da tristar » 8 dicembre 2009, 16:09

FAS ha scritto:
Alcuni centri di eccellenza esistono e funzionano bene, ma cosa succede negli altri posti? nei posti dove sono concentrate le cifre significative di studenti?
ho sempre associato l'università ad un concetto di qualità, e non si può pretendere di avere allo stesso tempo anche la quantità, per inevitabile scrematura.

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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da tristar » 8 dicembre 2009, 17:09

avevo risposto d un post di albert, ma sono scomparsi entrambi, bho..

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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da araial14 » 8 dicembre 2009, 17:17

Quando opero lo faccio in facoltà umanistiche (per cui le realtà degli insegnamenti tecnico-scientifici mi sono aliene) ma vi assicuro che dai test di ammissione (mi riferisco in questo caso alla facoltà di psicologia)si evince quanto la "scrematura " (necessaria anche per affollamento selvaggio)abbia forza per accertare come l'assenza di preparazione si presenti con una crescita esponenziale,continua ed incontrollata.Non esiste una percezione del mercato nelle scuole medie superiori e l'università italiana non è disgiunta dall'insipiente disorganizzzazione e lontananza dalla realtà, che già gli stessi licei ed affini vivono. La colpa non è degli studenti ma di un lassismo culturale generale ( insegnati in primis) che crea un caos continuo d'intenti, mete e strade da percorrere.Non esiste chiarezza e le sovrastrutture universitarie italiane hanno il potere di disperdere e sfiancare anche lo studente più stoico e volenteroso.Stendo un velo pietoso sulla deontologia dei cattedrattici ai quali ( esistono anche gli onesti, sia chiaro)auguro un controllo da parte degli organi competenti se non rigido ma almeno presente e non mafio-massonico ma...Old story!
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Messaggio da AlphaSierra » 8 dicembre 2009, 17:21

FAS ha scritto:
AlphaSierra ha scritto: Dopo il periodo iniziale, e vedendo il confronto con altri ragazzi francesi che erano li, ho potuto constatare come nel .................
I ragazzi Francesi avevano la tua stessa etá?


L'esperienza che hai fatto á alla portata di tutti gli studenti oppure bisogna avere delle basi economiche solide per poter fare esperienza all'estero?
no in Francia si arriva con qualche anno di anticipo alla fine dell'Università. Poi molti facevano il famoso stage del loro 3° anno, quindi erano poco più che "poppanti" :lol:
Per la questione economica, se l'azienda paga una retribuzione ce la si fa, altrimenti è abbastanza impegnativo.

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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da albert » 8 dicembre 2009, 17:44

tristar ha scritto:
FAS ha scritto:
Alcuni centri di eccellenza esistono e funzionano bene, ma cosa succede negli altri posti? nei posti dove sono concentrate le cifre significative di studenti?
ho sempre associato l'università ad un concetto di qualità, e non si può pretendere di avere allo stesso tempo anche la quantità, per inevitabile scrematura.
perché inevitabile scrematura?
Parlo di ingegneria, perché è l'ambito che conosco..... :wink:
Quanti sono stati i laureati in ingegneria nel 2008? E quanti erano nel (anno a caso.. :wink: ) 1992?
(nonostante gli immatricolati ora siano circa il 60% rispetto a quelli del 1992)
La qualità del "materiale" in ingresso è migliore ora oppure lo era quella di venti anni fa, oppure è identica?
Se fosse identica, non sarà che è peggiorato l'insegnamento nelle scuole superiori, e l'università deve supplire ora a carenze di base degli studenti, rimanendo deficitaria nei propri insegnamenti?
La richiesta di laureati da parte dell'industria ora è però nettamente cresciuta rispetto a venti anni fa, ma, mentre per mansioni di "manovalanza" i laureati sarebbero sufficienti (qui entrano in gioco altri fattori) negli ambiti più di ricerca forse cominciano a non essere più sufficienti...
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Re: Industria ed universitá italiana.

Messaggio da araial14 » 8 dicembre 2009, 17:46

albert ha scritto:non sarà che è peggiorato l'insegnamento nelle scuole superiori, e l'università deve supplire ora a carenze di base degli studenti, rimanendo deficitaria nei propri insegnamenti?
E' quello che attestavo 3 post più in alto...Ho dei dubbi sulla funzione supplettiva dell' Università... :roll:
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