Ogni tema meriterebbe un thread, vado solo OT con quello delle prestazioni del motore.
Sì, la distanza di ground roll e take off distance da aumentare del 50% mi è stata detta (anzi, la trovi pure scritta sul manuale del Riz), ma, a differenza di molti luoghi comuni, il Riz mi dimostrava le cose.
Ti posso dire che l'I-CESY e l'I-APCE (2 PA28 Cadet) non rispettavano le tabelle di pista, dimostrato "contando" la distanza fissa degli intervalli delle luci. Avete mai fatto
davvero questo test per sostenere il contrario?
Ve lo dico, perché fra un ground roll di 500 piedi e 750 piedi (che è, appunto, il 50%, fanno circa 80 metri, distanza assolutamente non rilevabile se non la noti, almeno io non l'avevo mai notato).
Nota bene che a me Riz stava anche qui (non l'ho scritto nell'articolo per dovuto rispetto), perché era il più caro (e ben di più) ed ho provato altri istruttori (proprio per dire che non ho mitizzato nulla e provo sempre alternative).
Giusto perché pensiate di trovare in ogni manuale la risposta, date un occhio a questo articolo su un aliante in decollo dell'AM; è di un interesse incredibile, perché dimostra gli effetti dell'erba alta su un profilo laminare.
Non lo trovate in alcun POH:
http://www.aeronautica.difesa.it/editor ... g10-19.pdf
Ogni argomento che porti tu, sigmet o tu brandon (e che caz, non potete usare nomi più normali

), meriterebbe un thread, come dicevo, quindi resto sul binario.
Le check list, che io sappia, non ammazzano nessuno mai. Il non farle o farle male ha provocato invece parecchi morti. Se trovi che avere una mente aperta significhi abbandonare quei , ormai pochi, punti fissi e sicuri...beh non sono d'accordo. Vedi...anche io non ti conosco come pilota ma...in tutta onestà, oltre al destino, alla fatalità, e alla libertà, ho trovato solo l'idea che ci siano procedure obsolete che tu, con l'esperienza che hai, puoi sorpassare serenamente e, purtroppo, insegnare a farlo anche ai tuoi allievi. Credimi...se fosse anche corretta la tua valutazione del rischio, stai dando in mano alle persone che istruisci solo un atteggiamento, di solito scorretto, sul come agire su un aeroplano fidandoti della loro maturità o forma mentis acquisita negli anni in altri settori su cui dici di non poter far nulla...e questi due fattori insieme li trovo un mix micidiale.
Tutto qui
No, non è così, guarda leggo moltissimo e cerco di prendere da chi ritengo migliori.
Di sicuro, concentro l'attenzione su elementi che trovo più importanti e l'esempio migliore è riportarti un articolo di Rod Machado che ho avuto il piacere di tradurre in Italiano (ovviamente su licenza di Rod che me l'ha concesso).
Per esempio, il problema di moltissimi piloti ovvero essere troppo "ballerine" o troppo "boxeur", sotto capisci.
Per inciso, quello di essere troppo "ballerine", è un problema non indifferente.
Ho evidenziato in neretto un bel problema (che evidenzia Rod).
Quindi sì, le mie pillole migliori le ho prese da Rod, Rizzardo o l'attuale pilota collaudatore di Alenia o uno degli istruttori di Lecce Galatina e così via e no, nessuno ha cercato di cambiarmi il carattere e nessuno ha fissato l'attenzione sulle check list (certo, ci sono), ma su cose ben più importanti.
IL PUGILE E LA BALLERINA
In cabina, c’è un momento in cui si deve essere gentili o ballerine ed un momento in cui bisogna essere aggressivi o pugili. Il trucco è sapere quando essere ballerine o pugili.
di Rod Machado - 1 settembre 2010 | Tecnica
Stavo cercando di riprendermi dopo una durissima giornata di durissimo doppio comando quando, facendo zapping fra i canali del satellite, mi sono imbattuto in un mega incontro della World Wrestling Federation. Questi incontri hanno sempre l’innegabile vantaggio di rilassarmi: è il lancio delle sedie, con le persone praticamente ancora sedute, che mi fa impazzire; mentre guardavo distrattamente, ho avuto il tempo di pensare ad una cosa molto bizzarra.
C’è qualcosa che il wrestling può insegnare a noi piloti?
Con mia grande iniziale sorpresa, ho pensato di sì, e vi vorrei spiegare il perché.
Non preoccupatevi, non penso che gli istruttori di volo debbano mettersi la maschera di Ray Misterio, un body agghiacciante e la fascia di Paul Hogan. Non è nel mio stile, sapete che non ci riuscirei mai.
Ciò che mi ha interessato è stata piuttosto l’aggressività dei lottatori che si agitano in un carosello di muscoli, testosterone e movimenti secchi e decisi. Credeteci o meno, ma alcuni piloti migliorerebbero parecchio se usassero lo stesso approccio quando sono ai comandi del proprio aereo.
In cabina, c’è un momento in cui si deve essere gentili o ballerine ed un momento in cui bisogna essere aggressivi o pugili. Il trucco è sapere quando essere ballerine o pugili.
Per la maggior parte dei piloti, il training ha enfatizzato l’approccio ballerina con quasi la totale esclusione del pugile, e questo è sbagliato.
Vedo questa tipologia di piloti come orgogliosi nel mostrare un pilotaggio sulla punta delle dita, quasi un’arte che lascia l’impressione si possa controllare l’aereo più con il pensiero che con l’applicazione di forza sui comandi. Va tutto bene finché l’aria è relativamente calma ed i comandi ben trimmati.
Ben diverso se si prova ad atterrare il tipico 172 con vento sostenuto, di traverso (magari a raffiche violente): tutto il glamour della ballerina serve veramente a poco. Non prendetemi alla lettera, essere leggeri sui comandi è importante, ma ci sono momenti in cui bisogna ricordare all’aeroplano (ed a sé stessi) chi è il comandante.
In corto finale, se il vento porta ad un assetto anormale, non c’è tempo da perdere, si deve essere pugili con tutti i comandi.
Recentemente ho volato con un pilota che calza bene con l’esempio fatto. In un lungo finale con forte turbolenza, continuavamo a prendere botte sulle ali, con rollii improvvisi ed involontari, anche di 40 gradi. Ogni volta il pilota, tipologia ballerina, “contro-rollava” gentilmente, livellando pigramente e lentamente riallineandosi alla pista. Abbiamo speso più tempo a tornare in finale che ad esserci. Finché non abbiamo toccato, pensavo non fosse veramente intenzionato ad atterrare.
Ora, non c’è niente di male a voler livellare lentamente (in turbolenza) durante la crociera, ma, più si è vicini alla terra, più rapida e precisa deve essere la risposta nel contrastare gli assetti involontari.
In corto finale, se il vento porta ad un assetto anormale, non c’è tempo da perdere, si deve essere pugili con tutti i comandi. Non c’è il tempo di fare i bibliotecari che sfogliano soavemente una stampa di Gutenberg, si deve muovere quella cloche per raddrizzare le ali, usare i pedali per tenere l’aereo dritto e applicare la forza giusta per mantenere l’assetto giusto in maniera rapida e decisa. Se non si riesce ad essere aggressivi sui controlli quando serve, sicuramente si avranno problemi ad atterrare l’aeroplano in qualsiasi condizione che non sia il vento calmo.
Alcuni piloti imparano l’esatto contrario. Dopo l’atterraggio da ballerina, ho chiesto al pilota perché fosse così passivo.
Secondo lui (e secondo quello che aveva imparato nel training), era poco “professionale” comportarsi in maniera aggressiva, mentre, invece, lo è il non far trasparire alcun movimento brusco, sinonimo di nervosismo. L’approccio ideale, sempre secondo questo pilota, è quello della farfalla, che viene “trasportata” dal vento che contrasta timidamente e senza alcuna reale determinazione.
Dico che, se proprio vuoi assomigliare ad un insetto, almeno cerca di sceglierne uno che abbia un’aspettativa di vita superiore a qualche settimana.
Non c’è bisogno di guardare la pallina ogni due per tre, bisogna guardare fuori e tenere dritto il muso con la pedaliera e le ali livellate con la cloche, tutto qui.
Prima ho detto che il pilotaggio aggressivo è necessario in atterraggio in caso di turbolenza, e lo escludevo durante la crociera. Farò un esempio nel quale mi contraddirò, giusto per far capire quanto ritengo sia importante l’approccio giusto alle cose.
Un mio ex-studente è appunto arrivato alla mia medesima conclusione, facendomi l’esempio del suo nuovo lavoro di voli panoramici sul Gran Canyon. La policy della compagnia era di fornire il massimo comfort ai passeggeri e la miglior esperienza di volo; in altre parole, la compagnia chiedeva ai piloti di portare dei passeggeri a vedere il Grand Canyon cercando di non farli vomitare, vista la naturale turbolenza convettiva del luogo.
Non è un lavoro facile contrastare le imbardate da turbolenza e, chiunque abbia viaggiato sui posti posteriori di un quadriposto, tipo Cessna 182 vi dirà che, stando dietro, i movimenti sull’asse verticale sono ancora più fastidiosi. Senza uno yaw damper (smorzatore di imbardata), c’è un solo sistema per prevenire questi movimenti. Si deve lavorare con la cloche ed i pedali in maniera aggressiva, da pugile appunto.
Non c’è bisogno di guardare la pallina ogni due per tre, bisogna guardare fuori e tenere dritto il muso con la pedaliera e le ali livellate con la cloche, tutto qui. Non c’è alcun mistero, solo pressione e forza ben dosati.
Quando utilizzo i termini aggressivo o da pugile, intendo dire che va utilizzata la minima forza necessaria per contrastare in maniera rapida, né più, né meno.
Un approccio aggressivo potrebbe voler dire una sola applicazione di forza su un comando più che un’azione disordinata su tutti i controlli.
Solo nelle condizioni più estreme (esempio per turbolenza severa, oppure per un’ala a 60° di bank a causa di un vortice di scia incontrato inconsapevolmente) i comandi vanno utilizzati come in una competizione acrobatica, ricordando i limiti dell’aeromobile stesso (es. Va – velocità di manovra).
In un’altra occasione, stavo volando con il proprietario di un Cessna 210, in avvicinamento per una pista relativamente corta. Per complicarsi la vita, il pilota aveva deciso di atterrare con una componente di vento in coda, rendendo, ovviamente, più laboriosa la flare (e più lungo l’atterraggio naturalmente). Niente di pericoloso, comunque, le condizioni iniziali rendevano possibile la manovra senza particolari rischi.
Al posto di mettere l’aeroplano sulla pista, o meglio, al posto di piantare l’aeroplano sulla pista al pettine, il pilota gentilmente cercava di baciarla delicatamente con le ruote; ovviamente la pista rapidamente scompariva sotto l’aeroplano, prima di toccare. Che cosa avrebbe dovuto fare il pilota? Avrebbe fatto molto meglio ad affrontare la pista con l’approccio giusto e se avesse piantato l’aeroplano sul punto di contatto previsto, al posto di tentare il tocco più morbido possibile, rischiando di mangiarsi quasi tutta la pista. Ancora una volta, non equivocatemi, non c’è nulla di male a voler provare a toccare nella maniera più morbida possibile, ma non nelle condizioni iniziali descritte (pista corta, vento in coda).
Ci sono delle situazioni in cui la cosa più importante è atterrare, toccare in maniera secca magari, ma atterrare.
Alcuni anni fa, ero al John Wayne Airport e vidi un esempio di approccio al pilotaggio giusto, osservando l’atterraggio di urgenza (non emergenza) di un Boeing 737.
Un passeggero a bordo ebbe un attacco di cuore appena dopo il decollo (no, non per la descrizione del pranzo a bordo che di lì a poco avrebbero servito…). Il pilota fece dietrofront a poche centinaia di piedi, fece un circuito molto stretto e “personalizzato” e piantò , ripeto, PIANTO’, il suo aeroplano in maniera secca, decisa e sicura sulla pista. Nel vedere come si svolgeva la manovra, ho quasi avuto un attacco di cuore anch’io. “Ci siamo”, mi sono detto.
Vista la situazione, estrema urgenza di riportare a terra un passeggero in cui i minuti contano come ore, è stato un grande esempio di appropriata aggressività applicata al volo. Un pugile nel momento giusto.
Ci sono delle situazioni in cui la cosa più importante è atterrare, toccare in maniera secca magari, ma atterrare.
Credo siano due le ragioni che portano i piloti ad essere poco incentivati all’aggressività sui comandi di volo (quando è necessario).
Nel caso del pilota del Cessna 210, era preoccupato di danneggiare il suo aeroplano, in particolare la balestra del carrello. Posso assicurarvi che è molto difficile fare danni generati dall’atterraggio deciso (che, non finirò mai di ripeterlo, non è frequente, soltanto quando le condizioni lo impongono).
Dopotutto, è lo stesso carrello che sopravvive a centinaia di atterraggi fatti da piloti in addestramento, non propriamente atterraggi “baciati”.
Ed è difficile che si riesca a fare danni per essere pugili sui comandi, quando la situazione lo necessita.
Nell’esempio iniziale del pilota i cui i tentativi di rientro nel finale erano più lunghi del finale stesso, c’è un’altra ragione, più inconsapevole. E’ probabile che il pilota non sappia quale sarebbe stato l’approccio di un collega con più esperienza e che sarebbe stupito nel vedere il proprio istruttore-pugile in una condizione similare. Vi offrirò uno dei migliori suggerimenti per il vostro prossimo volo:
la prossima volta che volate con un professionista che vi critica per il vostro volo, passategli immediatamente i comandi e dite “ecco, vola tu per la prossima ora, adesso io guardo”. Preparatevi ad osservarlo mentre va in iperventilazione. Perché? Probabilmente è la prima volta che gli capita una risposta simile.
Pensiamo sempre che quando un pilota professionista osserva come voliamo, le nostre debolezze appaiano facilmente all’occhio critico. Cosa ancora più ovvia visto che saremo fissati nel cercare di mantenere il nostro miglior comportamento in volo. Ecco perché se il professionista dice “calma, cerca di essere te stesso nel volo” , la persona onesta dovrebbe rispondere “no, perché altrimenti mi farai appunti su tutto!”.
Il fatto è che, in questa circostanza, si impara molto di più. Quindi guarda e prendi nota. Se le condizioni ti permettono una “dimostrazione” completa, vedrai il professionista fare la transizione da ballerina a pugile, cosa che noterai molto facilmente dall’approccio sui comandi (gentile o aggressivo a seconda della situazione).
Quando si vola, la ballerina ed il pugile hanno sempre un posto nel cockpit. Se normalmente i comandi vanno utilizzati con la punta delle dita e dei talloni, alcune volte è necessario prendere in mano la situazione, con la giusta aggressività che la situazione richiede.
Essere piloti in comando vuol dire far fare all’aereo quello che si vuole che faccia. Quindi non essere ballerina quando devi essere pugile.
© Rod Machado 2010 – used by permission, all rights reserved; translation by VFRTeam