Bruno Serotini, un eroe italiano

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Bruno Serotini, un eroe italiano

Messaggio da galland » 7 luglio 2009, 16:29

A chiusura del profilo del Reggiane Re.2001 appena postato sul mio blog ho collocato il racconto del Capitano Corrado Ricci sul sacrificio di quel giovane pilota, eccolo per gli amici di md80:


Il sacrificio di Bruno Serotini

Dopo un periodo di una monotonia esasperante per i soliti allarmi inconcludenti, hanno inizio le scorte al naviglio che circola nel Tirreno, e che bisogna difendere dal pericolo degli aerosiluranti britannici. L' 11 di luglio abbiamo notizia dello sbarco in Sicilia degli anglo-americani e comincia cosí la battaglia dell'invasione.
Il Dewoitine è rimasto fermo per noie al motore; ma quando il 19 mattina ricevo l'ordine di mandare due caccia per fare, alle ore 12.00, la solita scorta a un convoglio tral'isola d'Elba e Livorno, il velivolo è pronto e decido di andarvi con quello; poiché è sprovvisto di radio mi faccio accompagnare da un 2001, con l'impianto in buona efficienza, che avrebbe preso il comando della coppia se avesse ricevuto qualche istruzione particolare. Appena dopo il decollo il pilota mi fa cenno che l'elica non funziona: deve atterrare d'urgenza; gli ordini avrebbero imposto anche a me di atterrare, perché è proibito andare sul mare da soli, ma non ho voglia di perdere tempo dato che ogni minuto può esser buono per i nemici e cosí ordino a gesti, all'ufficiale, di venirmi a raggiungere appena cambiato velivolo. Proseguo da solo, volando a velocità economica per risparmiare combustibile. Rintraccio le navi e, col motore ridotto al minimo, scruto ansiosamente il mare; il tempo non passa mai,e ho sempre paura di vedere sfrecciare sotto di me i veloci nemici. Il motore è un vero gioiello, l'indicatore del carburante molto preciso, e cosi abbandono la scorta solo quando ho la benzina appena sufficiente per arrivare a Ciampino. Entro su terra a Civitavecchia e poco dopo comincio a notare strani lampeggiamenti: mi accorgo di sorvolare i pressi di una batteria contraerea che spara a tutta forza; ma non stanno sparando contro di me... eppure non scorgo altro che i batuffoli neri, altissimi nel cielo, senza vedere traccia di bersagli. Mi butto a pelo degli alberi e proseguo guardingo. Quando comincio ad avvicinarmi a Roma, appena superata Vigna di Valle, ecco colonne altissime di fumo nero levarsi sulla città, dove rosseggiano incendi: hanno bombardato Roma!
Altre batterie sparano da tutte le parti e, finalmente, scorgo anche una formazione di bombardieri, molto alta... eccone delle altre... un'occhiata al carburante, non ne ho piú! Tuttavia do motore e prendo a far quota nella speranza di arrivare a sparare almeno un colpo del mio cannoncino; giunto a ottocento metri, il silenzio mi avverte che ho finito la benzina: sulla mia destra c'è una grande ansa del Tevere spianata per ricavarne un aeroporto civile e, rassegnato, mi preparo all'atterraggio. Nella planata però il motore riprende e allora, con l'elica a passo massimo, tento di arrivare al campo dove posso almeno saltare su un altro aeroplano e ripartire subito. Quasi nello stesso momento però, vedo Ciampino sparire sotto un nuvolone nerastro: incendi, polverone... niente da fare. Per fortuna sono ormai nella zona di Santa Palomba, che ho già visitato per scegliermi una striscia dove decentrare i miei velivoli in caso di attacco all'aeroporto: il motore tace definitivamente e allora dirigo per atterrarvi. Mentre mi guardo intorno vedo, verso i Colli Albani, un puntino nero che precipita e, contemporaneamente, davanti a me, un bimotore da bombardamento cade in fiamme e va a sbattere presso un ponticello finendovi in un rogo.
Mezza virata, fuori il carrello, atterraggio. Salto fuori, chiudo il tettuccio e mi guardo in giro: nessuno in vista e la campagna, leggermente ondulata, appare deserta. Mi sfilo la combinazione di volo e mi dirigo verso l'aeroporto, indicato dalle colonne di fumo; giunto alla ferrovia vedo un carrellino di servizio sul quale due cantonieri mi danno posto, facendomi scendere al traverso del campo. Durante il percorso il cielo si è sgombrato di velivoli e le ultime formazioni sono scomparse all'orizzonte. Riprendo a camminare e finalmente, alle cinque del pomeriggio, arrivo in aeroporto.
Rintraccio subito qualcuno dei miei specialisti e li sguinzaglio alla ricerca di tutto il personale dando l'ordine di radunarsi ed attendere ai piedi di un vecchio rudere di torre, nei pressi della via Appia Antica. Nel frattempo mi hanno già informato della morte del capitano Massi, vecchio amico e compagno di corso: partito in volo, aveva esaurito le munizioni, aveva riatterrato e, mentre decollava di nuovo era stato colto dal bombardamento dell'aeroporto. Il velivolo, colpito, aveva imbardato a sinistra ed era andato a sfasciarsi contro un Dornier 217 che, proprio quella mattina, aveva abortito il decollo e si era fermato di traverso sul lato del campo. Massi era rimasto nel velivolo rovesciato, che si era subito incendiato.
L'aeroporto è pieno di buche di bombe e di rottami di ogni genere; anche la piccola baracca del mio comando appare quasi del tutto sfasciata; nei pressi, resti sforacchiati di tre o quattro aeroplani. Ogni tanto sopraggiunge qualcuno del mio personale: a tutti domando notizie e cosí posso ricostruire l'accaduto.
Mentre stavano preparando un altro velivolo per il pilota che aveva riatterrato, qualcuno aveva visto a un tratto apparire un gran nuvolone nero su Roma: tutti erano saltati in piedi e, afferrata la situazione, avevano mandato in volo i velivoli efficienti, quattro soli, mentre il telefono prendeva a squillare e comunicava l'allarme. Il bombardamento era iniziato a mezzogiorno, cinque minuti dopo la mia partenza.
Mando tutti alla Torraccia e vado a dare un'occhiata alla zona delle camerate e del comando; l'aeroporto era stato evacuato, e solo da poco il personale aveva cominciato a rientrare. I carabinieri di servizio però non si erano mossi: sporchi di polvere e di terra, erano rimasti sul posto e avevano visto tutto. Mi metto a parlare con uno di loro, che conosco bene e che è di guardia al deposito viveri, che non ha subito molti danni: lo avverto che vado alla ricerca di una macchina e che tornerò a prelevare del cibo per i miei uomini; rimaniamo d'accordo che, in mancanza del prescritto « buono di prelevamento », si sarebbe accontentato di una ricevuta per quanto avrei ritirato. In autoreparto la rovina è notevole, ma vi trovo proprio uno dei miei autisti che sta tentando di mettere in moto una piccola carretta di africana memoria; con lui faccio una corsa alla Torraccia per rendermi conto della situazione e vi trovo già quasi una metà del personale. Vado a prendere i viveri: una cassa di pasta, mezza forma di formaggio, una cassetta di pomodori e qualche sacco di galletta. Lascio la ricevuta, andiamo alle camerate per ritirare quanto è rimasto degli effetti personali e torno dai miei uomini, il cui numero sta aumentando sempre piú. I piloti non ci sono ma penso che abbiano atterrato su un altro aeroporto. Do ordini per il recupero del materiale lettereccio è personale: per questa notte tutti avrebbero dormito sul, prato, attorno ai ruderi, e un paio di loro si sarebbero incaricati di fare da cucina per tutti quanti.
Vado poi dal comandante e riferisco la situazione. Mi dice che il bombardamento della città è avvenuto senza alcun preavviso e teme che, anche in aeroporto, il numero delle vittime sia notevole. Sulla via Appia continua il transito dei fuggiaschi dalla città, e le notizie che si diffondono sono delle piú preoccupanti. Dall'aeroporto si vede bene la zona della stazione, sempre coperta da una coltre di fumo nero sotto la quale rosseggia un forte incendio. In serata, dopo molto lavoro, si riesce ad avere un'idea dei nostri danni e delle perdite: le vittime non sono molte, ma l'aeroporto è inservibile. Durante l'incursione aveva atterrato, in mezzo ai crateri, un Macchi 202 il cui pilota si era poi salvato per un pelo dall'ultimo attacco: era Santandrea che, partito da Napoli, aveva attaccato sul mare le formazioni in rientro, era stato crivellato di pallottole e aveva fatto appena in tempo a toccare terra e a mettersi in salvo dentro una buca. Una bomba aveva centrato in pieno il suo velivolo, fermo vicino a un rifugio, polverizzandolo.
All'indomani abbiamo informazioni più precise: gli americani hanno bombardato tutta la zona di San Lorenzo, distruggendo la basilica, il deposito di carbone della ferrovia(che si era incendiato e ché i pompieri non riuscivano a spegnere per mancanza di attrezzature), il quartiere circostante abitato in massima parte da operai, oltre al cimitero del Verano: "Un prîma valutazione giaceva ascendere a settemila il numero dei morti, tutti i cimiteri dei paesetti dei dintorni di Roma gia rigurgitavano di salme, molte delle quali sconosciute, trasportatevi perche bisognava allontanarle dalla città. Nel pomeriggio un sottufficiale dei carabinieri mi avverte che nella zona di Marino era stato rinvenuto uno dei miei caccia, fracassato al suolo: nei pressi la salma del pilota, che mi prega di far recuperare. Contemporaneamente, mi giunge un rapporto da una stazione di carabinieri della stessa zona: il nostro velivolo si era buttato addosso alla formazione nemica investendo un aeroplano che era caduto nei pressi di Santa Palomba: sono i due velivoli che avevo visto precipitare prima del mio atterraggio. Prendo un camion e, accompagnato da Spadaccmi, vado a recuperare i resti del tenente Serotini, che erano piantonati da un carabiniere. Lo troviamo in un vigneto, nei pressi di un viottolo: forse aveva fatto in tempo a lanciarsi col paracadute, o forse era stato sbalzato, dall'urto, fuori del velivolo. Ha il petto quasi tranciato, di traverso e dall'alto in basso, da una raffica di colpi che doveva essere stata sparata molto da vicino; il paracadute, sforacchiato, si era solo sfilato, ma non aperto. Ìl pilota doveva essersi trovato proprio davanti alle mitragliatrici, per essere ridotto in quello stato! Serotini era un autentico romano di vecchia famiglia: innamorato della sua città, aveva sempre detto che, qualora fossero venuti a bombardarla, non avrebbe atterrato se non ne avesse a meno abbattuto uno, magari à costosi buttarglisi addosso con l'aeroplano. Il rapporto dei carabinieri mi aveva già indicato, inequivocabilmente, il nome del pilota e nessuna testimonianza poteva essere più valida di quella, circa il gesto determinato da lui compiuto e pagato con la sua stessa vita.
Con un certo sforzo, e lo stomaco in subbuglio peri miasmi, riusciamo a issare la salma, avvolta nel paracadute, sul camion; poi andiamo a deporla sul pavimento della cappella del cimiterino più vicino, indicatoci dal carabiniere: la chiesina è già piena di corpi, in maggioranza donne, vecchi e bambini. Mentre deponiamo il pilota giunge dà Roma un altro camion e nuove salme vengono allineate l'una accanto all'altra: il fetore è tremendo...

Corrado Riccci
Vita di Pilota
Mursia, Milano, 1976
"Volare è ben più di uno sport e di un mestiere.
Volare è passione e vocazione, che riempie di sè una vita."
    Adolf Galland
    http://quandogliaereiavevanolelica.myblog.it/

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    Re: Bruno Serotini, un eroe italiano

    Messaggio da massimo69 » 7 luglio 2009, 21:14

    Non lo conoscevo. Grazie per aver pubblicato il post, e, solo ora ho visitato il tuo blog, che vedrò di leggere.
    Da appassionato di storia militare, soprattutto aeronautica, che non riesco a coltivare per mancanza di tempo, questi scritti sono una miniera di emozioni.

    Mi permetto solo di aggiungere, dal basso dell mia ignoranza, un estratto dall'appendice del libro
    "I soliti quattro gatti" di Giulio Lazzati.
    La mia edizione, passatami da mio padre, è molto vecchia (1966) non so se ancora si trova.


    ALCUNI GIUDIZI STRANIERI SULL'AERONAUTICA ITALIANA

    Nordafrica - 1941 - E.J. Rommel Comandante in capo forze tedesche in Nordafrica
    "...gli aerei sono logori e non vengono cambiati...i piloti italiani fanno miracoli. Gli apparecchi da ricognizione sono vecchi Caproni inermi e lenti, micidiali per chi ci vola. Gli aerosiluranti empirici e rudimentali...le uniche cose vive sono il valore ed il coraggio dei piloti. Un nostro aviatore si rifiuterebbe di decollare con questi apparecchi che, qui, chiamiamo, a ragione, "totenbahren" (casse da morto)..."


    M.W. McFarland, esperto militare americano.

    "L'Italia potè impegnare nel conflitto un totale di diecimila aeroplani, tra quelli che aveva prima e quelli che riuscì a costruire dopo il 1940. I termini di paragone sono spaventosi. Non sappiamo con esattezza la cifra della produzione della Germania e del Giappone, ma sappiamo che la prima perse cinquantasettemila aerei e il secondo cinquantamila. La Gran Bretagna costruì più di centocinquantamila aerei e gli stati uniti l'incredibile cifra di duecentonovantaquattromila. Non occorre dire altro per giustificare l'affermazione che gli aviatori italiani hanno compiuto un miracolo a combattere per tre anni!
    "Cosa sei tu aeroplano? Cosa sei se non una massa di acciaio e alluminio e carburante e olio idraulico?" Chiara come una voce ne buio arrivò la risposta "Cosa sei tu uomo se non una massa di carne e sangue e aria e acqua? Sei forse più di questo?" "Certo" confermai nel buio, e ascoltai il mormorio solitario, là in alto, di uno dei suoi fratelli in quota. "Come tu sei più del tuo corpo, così io sono più del mio corpo" disse, e di nuovo scese il silenzio. "R. Bach"

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    Re: Bruno Serotini, un eroe italiano

    Messaggio da Almost Blue » 7 luglio 2009, 21:29

    Tenendo come punto fermo il rispetto per il defunto, io direi (ma è solo mia opinione) che è l'ennesima tragedia consumatasi tra le fila delle forze armate italiane, gettate nella mischia di una guerra di regime e con mezzi quanto meno incongrui: al terzo anno di guerra, un capitano è costretto a volare su un Dewoitine (520?) senza radio (!) ed ha bisogno di esprimersi a gesti per farsi capire.
    Riguardo all'atto in sè stesso, cioè il fatto di andare a schiantarsi contro un aereo nemico, di fatto suicidandomi, anche questo lo rispetto, ma non lo condivido.
    I giovani romantici cadono più facilmente vittime dei furbacchioni che servono loro il frutto avvelenato di una visione diciamo "romanzata" delle cose, con tanto di paradiso degli eroi ad attenderli nell' aldilà, cosa quest'ultima che gli auguro di tutto cuore; ma la realtà è che un atto deve essere mirato ad ottenere un risultato compiuto e non un puro gesto simbolico, che sarà anche di altissimo valore patriottico, ma in verità lascia il tempo che trova: il nemico è arrivato, ha fatto tutto ciò che era venuto a fare ed è ritornato alla base a leccarsi le (poche e lievi) ferite e con un aereo in meno rispetto all'atteso. Una perdita minima per loro e del tutto recuperabile anche. Perdita totale ed irreversibile per il Serotini. E per cosa? Il gioco mi dispiace non è valso la candela usata per giocarlo.
    I paesi "normali" NON dichiarano guerra al resto del Mondo, tanto meno se sanno di non avere le risorse per farlo. Non si mettono in situazioni in cui si rende necessario mandare a morte certa i loro figli DA SOLI, o comunque in numero irrisorio e contro un nemico senza paragone più numeroso e più potentemente armato e non li mandano a fare i kamikaze, sapendo benissimo che tra l'altro il loro sacrificio non cambierà di una virgola l'esito dello scontro. In compenso però vincono le guerre.
    Che avrei fatto io? Risponderei con le parole di un vecchio generale prussiano, Von Rundstedt credo, che ne doveva aver viste di cose. Quando Berlino (Keitel?) al telefono gli chiese brutalmente che cosa si poteva fare, dato che gli alleati erano sbarcati in Normandia, l' anziano generale, che andava in giro con ancora il suo semplice cappotto da soldato del Kaiser, senza patacche varie o distintivi di sorta, rispose asciutto asciutto: "...che fare? Ma la pace imbecilli e che altro?".

    P.S.:
    (E guardate che, a parte l'età avanzata, ci vogliono cog*ioni per rispondere in quel modo a gente che fucilava soldati tedeschi per molto meno di quello che fece il generale).
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    Re: Bruno Serotini, un eroe italiano

    Messaggio da i-daxi » 8 luglio 2009, 15:29

    Grazie di avermi fatto conoscere questa persona attraverso la sua storia e il tuo post.

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    Re: Bruno Serotini, un eroe italiano

    Messaggio da Almost Blue » 9 luglio 2009, 11:27

    Gli ordini sono ordini e sono perfettamente d'accordo con te, ma io credo che sia anche necessario cercare di restare vivi mentre li si esegue. Non mi dirai che uno cerca deliberatamente di farsi ammazzare, giusto? Era questo il senso del mio messaggio, il cercare di restare nel numero dei vivi.
    Tutti difenderebbero la propria città, ma ci sono (secondo me) missioni diciamo "ragionevoli" e missioni "irragionevoli". Dicendo irragionevoli, NON intendo fare ironia fuori luogo, ma cercare di sottolineare il carattere di assolutà particolarità di queste missioni, dovuto all'altissimo coefficiente di rischio e all' altrettanto alta probabilità di non tornare vivi da missioni del genere, motivo per cui le persone che sono chiamate a svolgerle, che piaccia o no, sono scelte con cura tra coloro che hanno particolari e non comuni doti di carattere e sangue freddo, ecc... (e perchè no, anche un pizzico di pazzia che non guasta mai) e che quindi sono personaggi fuori dal comune perchè fanno missioni fuori dal comune: in pochi, pesantemente armati e contro un nemico praticamente sempre molto superiore e che li circonta sotto tutte le direzioni della bussola (e quindi, come anche i parà, si tratta di gente abituata a contare solo su sè stessa). Ma sono missioni in genere accuratamente studiate a tavolino, in cui i rischi corsi giustificano sempre il beneficio che ci si aspetta. E' il famoso rischio calcolato: "...eviterete di esporre la vostra forza ad attacchi di forze nemiche superiori, se non esiste una buona prospettiva di infliggere al nemico, come risultato del vostro esporvi, danni maggiori di quelli che lui infliggerebbe a voi...".
    In genere questo tipo di missioni sono quindi affidate a personale altamente specializzato appartenente a tutte le forze armate (esercito, marina, aeronautica; non per niente gli inglesi battezzarono come "comando operazioni combinate" l' organismo direttivo di queste unità d'elite per indicare che vi potevano partecipare uomini di tutte le specialità). Quelli che il volgo chiama "commandos". Ma credo che queste cose tu le sappia meglio di me.
    Ora, come anche per gli omicidi dei film, è necessario un movente, che può essere comprensibile o ingiustificabile.
    Se uccido per difesa, è comprensibile. Se uccido per divertirmi o per soldi no, è ovvio.
    Se si tratta di dover svolgere una missione di quelle "irragionevoli" (o francamente pazzesche) di cui sopra, MA per un buon motivo (o movente), sono io il primo a farmi volontario ,se mi vogliono.
    Andiamo a piazzare una tonnellata di tritolo sotto la pancia di una corazzata, di notte, con un metro tra il fondale del porto e la chiglia e con le sentinelle che se vedono le nostre bollicine ci riempiono di cariche di profondità? Quando si parte? Ci vengo anche subito! (Specie se pagano bene... Ma questo è personale :oops: ). Infatti, se stanotte noi riusciamo, priveremo per molti mesi e con un po' di fortuna per un anno o più la squadra avversaria di quella corazzata e questo è MOLTO ragionevole per me, almeno in guerra, perchè sposterebbe l' equilibrio delle forze in mare più a nostro favore e questo io lo chiamo un risultato.
    Se invece mi ordinano di levarmi in volo contro un nemico incomparabilmente superiore, mi dispiace, io faccio il possibile compatibilmente con munizioni e carburante disponibili, ma l'idea del suicidio (cosa di cui la missione comincia a puzzare) non mi passa neanche per l'anticamera del cervello. Essere pratici non penso che significhi essere disfattisti, anzi.
    Da una vecchia enciclopedia intitolata "La seconda guerra mondiale: una storia di uomini". Volume IV, pag. 1319.
    "...all'attacco degli scali ferroviari romani furono destinati 4 gruppi di fortezze volanti della dodicesima USAAF e cinque gruppi di Liberators della nona, per un totale di di 270 quadrimotori; due gruppi di Mitchells e tre gruppi di Marauders, con la scorta di Lightnings furono destinati invece all'attacco agli aeroporti, complessivamente 321 bimotori."
    Ora, un B-17 o un B-24 imbarcavano mediamente dalle 10, alle 13 armi da 12,5 mm. Il che significa che, scorta dei Lightnings a parte, in aria quel giorno c'erano dalle 2.700, alle 3.510 mitragliatrici pesanti ansiose di trovare il primo aereo nemico che, sopravvissuto alla scorta di P-38, avesse avuto ancora armi e carburante per misurarsi con loro!
    Voliamo più a portata dei Mitchells e dei Marauders? Purtroppo il discorso è lo stesso: dopo i Lightnings, ci aspettano dalle 1.890, alle 3.240 armi pesanti automatiche tutte riservate ai caccia dell' Asse !
    Quanti caccia italiani c'erano in aria quel giorno? Non lo so. Anzi, se qualcuno lo sa...
    Vediamo se fossero stati 20 Mc-202 (due Breda da 12,7 mm): fanno 40 armi. La metà di essi portava ancora le 7,7 mm alari? Fanno 60 armi, di cui un terzo era leggero, che è come dire che non faceva male a nessuno, figuriamoci contro le fortezze volanti.
    Oppure trenta caccia italiani ? Fanno 60 armi da 12,5 più una trentina da 7,7 mm, in tutto circa 90 armi di cui al solito un terzo leggere.
    Oppure 100 caccia italiani ? (Cosa questa molto difficile). Per 100 caccia, fanno 200 armi da 12,5, più un centinaio leggere ed anche così il rapporto con il nemico supera il 10 a uno! E quanti colpi da 12,5 poteva incassare un B-17? Di sicuro molti più di quanti ne poteva prendere un Macchi o un Reggiane.
    Il rapporto di forze mi appare assolutamente improponibile e anche senza contare i caccia di scorta americani !
    Questa non è una missione, ma un suicidio. E come obbiettivo non c'è neanche il privare il nemico di qualcosa di significativo, come corazzate, ponti, aeroporti, ecc...., ma la mera (e impossibile) difesa della città.
    Gli ordini sono ordini ? Come ho detto sopra, sono perfettamente d'accordo, allora proporrei di fare così: si va su, chi è ancora vivo passato lo schermo dei caccia di scorta, eseguirà più passaggi sui bombardieri fino a esaurimento delle munizioni e/o del carburante, se non lo ammazzano prima. Et bonne chance a tous le monde mes amis.
    A mio avviso, QUESTA è una missione. Suicidarsi contro il nemico no (e sempre che il Serotini non sia stato vittima di un errore di rotta e velocità suo o dell'americano, oppure di un guasto) e soprattutto se il risultato del sacrificio non altera l'andamento della guerra.
    Il suicidio è una strada che non ha senso e guai a chi lo indica ai più giovani. I paesi che impiegavano (e impiegano) i "kamikaze" sono storicamente perdenti: l' arma kamikaze non ha presupposti patriottici o eroici come si crede, ma puramente utilitaristici. Infatti è usata: primo da chi non può più fare nient' altro e secondo da chi si accorge di non aver più piloti veramente addestrati da opporre agli avversari e che siccome essi cadono come le mosche, usarli normalmente o farli impiegare come kamikaze non ne altera significativamente il tasso di mortalità e quindi tanto vale cercare l'affondamento di una nave nemica con il suicidio, perchè tanto quel pilota in cielo ci rimarrebbe comunque poco assai. In ogni caso, le sorti della guerra non si spostano di un millimetro a favore dei suicidi.
    Ora, se siamo alle Termopili ed il nostro sacrifico potrà servire a far guadagnare tempo ai nostri amici che così si coalizzeranno ed attaccheranno sui fianchi il nemico ? Anche qui sono pronto! Anche qui il gioco può valere la candela, la mia morte qui può cambiare veramente qualcosa e quindi si va.
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    Re: Bruno Serotini, un eroe italiano

    Messaggio da Almost Blue » 9 luglio 2009, 17:20

    Proprio perchè non conosco come si intercetta una grossa formazione di fortezze volanti, mi sono limitato al semplice calcolo delle bocche da fuoco in gioco e mi pare che solo quello sia sufficiente per farsi un' idea della disparità di mezzi.
    Riguardo a cosa avrebbe fatto un reparto d'intercettazione deputato alla "difesa" di Roma, non so neanch'io cosa avrei fatto, ma di sicuro NON erano nelle condizioni di combattere efficacemente, cosa questa che riguardava un po' tutte le forze italiane. Vittime innocenti di un sistema malato. Non avrebbero potuto vincere manco volendo. E la volontà sono sicuro che c'era eccome, ma il problema stava a monte e riguardava chi stava sopra di loro. L' unica cosa che poterono fu di farsi massacrare e per cosa? E' questo il fatto. In tutta questa storia, non trovo un solo motivo valido per giustificare la morte di giovani piloti e la perdita di aeroplani. Più di 500 bombardieri nemici attaccano Roma. E da me che pretendono? Che vada su da solo o con una manciata di miei a farmi arrostire, come poi è accaduto, mentre i caporioni se ne stanno serafici a Fregene o a Ostia in piscina o al mare come se la cosa non li riguardasse affatto? Perchè è così che andava e che va ancora oggi !!!
    Come ho scritto all'inizio, rimane solo il coraggio disperato e la tragedia, come al solito in Italia, di gente lasciata da sola e senza colpa dinnanzi a compiti che superano di gran lunga le sue forze.
    E allora quello che voglio dire, quando sento parlare di medaglie d'oro (quasi tutte ovviamente alla memoria...) è che questo Paese ha dannatamente bisogno (anche oggi) di meno chiacchiere, meno "Vincere !" (urlati come se ci fosse una proporzionalità diretta tra l'intensità del grido e la probabilità di vittoria), meno medaglie d'oro o d'argento, meno morti eroiche e più fatti concreti. Vincere! Si, ma come? Con cosa? E con quale sistema?
    Meno fumo e più arrosto. Perchè qua la mia impressione è che è ancora tutto lasciato all'iniziativa personale ed anche così, chi veramente fà e vuole fare, rimane isolato e rischia di suo (e spesso finisce tra gli eroi con medaglia d' oro alla memoria e/o con una via a loro intitolata, come gli eroi uccisi dalla Mafia), mentre chi veramente avrebbe dovuto fare qualcosa scappa travestito in Svizzera (o almeno ci prova e con l'elmetto al contrario [!!!]) oppure scappa con la mamma e il babbo (il Re erede al trono d' Italia!!!) a Ortona per imbarcarsi e fuggire in più sicuri lidi (Brindisi) e accordarsi sotto banco con il vecchio nemico che ora è divenuto il nuovo amico ! Questo è quello che successe e che succede ancora oggi. Armiamoci ! E partite! Questo penso quando sento parlare di "eroi italiani". I migliori elementi lasciati a morire isolati, in situazioni impensabili. Il Principe Amedeo di Savoia-Aosta solo e tradito dal Regime (e per non dire altro.....) lasciato a morire di tubercolosi in Africa, i rinforzi promessigli non erano mai neanche esistiti, tranne che sulla carta! Eroe dell' Amba Alagi, con tanto di onore delle armi da parte britannica. Quello sì sarebbe stato un Re per l'Italia!
    I giovani volenterosi su un caccia isolato contro enormi formazioni di bombardieri a farsi seppellire in una cappella di campagna, segati in due da una raffica a 20-30 anni e i potenti e gli imboscati che già mangiano bistecche (divenute introvabili per ogni comune mortale) con gli alleati: gli stessi che poi, con finta e insopportabile contrizione, gli danno la medaglia d'oro alla memoria, recitando la loro parte in triste cerimonie funebri; mentre in ultima analisi sono proprio loro che li hanno uccisi e quel che è più grave è che tutti lo sanno.
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    Re: Bruno Serotini, un eroe italiano

    Messaggio da i-daxi » 9 luglio 2009, 17:34

    Devo dire solo una cosa: a quei tempi era molto difficile per tutta la trafila di eventi che conosciamo distinguere l'uomo in quanto tale da quello legato alla storia e al regime e purtroppo il confine é spesso molto sottile quasi si mescolano i due aspetti.

    Non capisco la polemica, anche se anch'io non condivido le idee del fascismo e nemmeno (chiedo scusa) il comportamento dei reali e del Papa in quel periodo.

    Qui mi pare, e se ho capito male mi scuso, si parlava semplicemente di un uomo che a compiuto un'impresa che forse altri in quel periodo, per tutti i motivi che volete, non avrebbero fatto, non se la sarebbero sentita, forse non ne erano in grado o forse le idee del regime li vincolavano fino a diventane succubi, sudditi e incapaci di ragionare con la loro testa.

    Anche Balbo, Baracca, de Pinedo erano fascisti, quindi deprecabili in questo senso, ma credo sia giusto comunque al di fuori di questo ricordare le loro imprese.

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    Re: Bruno Serotini, un eroe italiano

    Messaggio da i-daxi » 9 luglio 2009, 17:40

    Il concetto di eroe, infine, é un qualcosa di difficile da definire, spesso viene usato impropriamente.

    Direi che forse si può parlare di persone particolarmente generose o coraggiose da riuscire in situazioni drammatiche o comunque molto difficili a salvare la vita di qualcun'altro senza preoccuparsi di loro stessi.

    Anche per incoscienza o per pazzia, perché nò, ma anche con tanto cuore.

    Diciamo che è giusto recordare quest'uomo per quello che coraggiosamente ha fatto (parlo nello specfico).

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    Re: Bruno Serotini, un eroe italiano

    Messaggio da galland » 12 luglio 2009, 15:50

    Segnalo che nel topic appena collocato sull'Aeronautica Lombarda Assalto Radioguidato si possono trovare ulteriori informazioni su Bruno Serotini, ecco il link: http://www.md80.it/bbforum/viewtopic.php?f=58&t=27535
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