FIAT CR.32 in AOI

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FIAT CR.32 in AOI

Messaggio da galland » 15 luglio 2009, 17:48

Il primo Bleheim
Dopo la partecipazione alla guerra di Spagna Ricci torna in Italia e prende il comando della 155a squadriglia del 3° Gruppo. E’ l’ultimo periodo di pace prima dell’inizio della II guerra mondiale. Quando l’Italia, nell’aprile del 1939 si annette l’Albania, con suo grande disappunto la sua è l’unica squadriglia dello stormo a non essere trasferita a Bari. Dopo pochi giorni si svela il mistero, la 155a Squadriglia viene cancellata dai ruoli del 6° Stormo per divenire la 410 Squadriglia autonoma AOI, con base Dire Daua.

Dalla Guida dell’AOI edizione del 1938:

“Dìre Dàua m. 1200, ab. 20000 c. di cui c. 3000 Italiani e 500 stranieri (francesi 110 con 68 sudditi, greci 290) situata sulle due rive del Torr. Daciatù, in un piano che s’interna tra le colline che salgono ai M. Dendegà e digrada lentam. Verso N alla Dancalia, è una graziosa cittadina, sorta intorno alla staz. della ferrovia e formata da villette tuffate in giardini perennemente Fioriti, centro di sicuro avvenire per la sua posizione sulla direttrice Gibuti - Addis Abeba, all’innesto per le strade per Harar e la Somalia, per il Cercer e per Assab. […] La città deve la sua origine alla ferrovia Gibuti - Addis Abeba, di cui divenne la principale stazione, con officine, depositi ecc. Al 1906 risale la concessione del Negus alla “Compagnie pour le Chemin de Fer Franco-Ethiopien.”
Dall’aeroporto si irradiano le linee dell’Ala Littoria per Addis Abeba, l’Asmara, Gibuti, Assab, Gorrahei e Mogadiscio.


La Cittadina rappresenta quindi un importante nodo strategico.
Sin dal 10 giugno 1940 si profila tutta la gravità della situazione: inglesi e sudafricani iniziano operazioni offensive sui nostri campi aerei, favoriti dalla quasi assoluta mancanza di un efficiente sistema di rilevamento e di artiglieria antiaerea. I bombardieri leggeri Bristol Blenheim sfuggono facilmente ai Cr.32, si susseguono infruttuosi decolli su allarme sino al primo agosto…

“Alle prime ore del pomeriggio, infatti, altri sei [Blenheim], giunti anch’essi di sorpresa, attaccano il K92 [si tratta di un campo aereo di manovra dove erano stati decentrati numerosi apparecchi]: tutti i caccia partono di corsa buttandosi all’inseguimento. Mentre guardo il nuvolone nero, che si alza là dove i nostri colleghi riposavano ignari, ho l’impressione di una mano che mi attanagli il ventre. Mi dirigo al comando e quasi mi scontro con Pezzi che esce di corsa. “Quanti velivoli sono rimasti?” “Il mio comandante!” “Vada subito in volo; ne arrivano altri sei. Faccia Quota sui campi segreti!”
Il motorista, già a bordo, aspettava solo un cenno. In un minuto sono in volo, motore in pieno senza riguardo alcuno. Mi guardo intorno nulla in vista. Però dal sole sbuca qualcosa… eccoli! Sei velivoli in picchiata… sembrano diretti sul K91; stanno per passarmi di fianco, alla mia stessa quota, veloci come bolidi. Attacco subito, al traverso, la prima pattuglia: l’altra è più indietro. Mentre continuo a sparare finisco quasi esattamente nella loro scia. Tiro sul capopattuglia, poi sul gregario di destra. Mi s’inceppa un’arma, non la disinceppo per non muovermi dalla mira. Puntini lucenti mi passano accanto, sento rumore di spari, sono attaccato a mia volta. Mi libero con un largo tonneau a botte e, mentre sono rovescio, vedo passarmi sulla destra, più bassa, la seconda pattuglia. Finita la manovra sono esattamente in coda al gregario sinistro; nel frattempo ho disinceppato l’arma e riprendo a sparare dividendo le raffiche sui tre, mentre vedo cadere le bombe. Tutte le mie facoltà sono concentrate nella mira; tocca al gregario di destra, adesso. La solita arma si inceppa. La ricarico, riprendo il tiro.
Il Blenheim su cui sparo rallenta: è una mia illusione? Rallenta davvero: mentre gli altri due si allontanano estrae la torretta e prende a spararmi. Fuoco di nuovo: leggere manovre dell’inglese per impedirmi di defilarmi dietro ai suoi piani di coda; sparo brevi raffiche… debbo ridurre il motore per non arrivargli addosso… debbo chiuderlo… dare una strappata ai comandi per non investirlo. Siamo arrivati a una diecina di metri di quota: il pilota estrae i flap e atterra nella sabbia sollevando un gran polverone.
Sono felice! E’ il primo Blenheim che viene abbattuto nell’impero: i tre occupanti ne saltano fuori, uno zoppica e si sdraia sull’ala; tutti fanno grandi cenni di saluto ai quali rispondo come posso. Torno al campo: il tonneau della vittoria che effettuo con cura meticolosa fa spiccare salti di gioia ai miei specialisti. Atterro; ottime notizie: nessuna vittima, nessun danno ai campi K91 e 92! Le bombe, sprofondandosi nella sabbia, sono state da questa soffocate. All’indomani mattina, quando arrivo in campo, mi viene incontro Veronese: “Sono arrivati i prigionieri: hanno una fame!” “Bisogna farli mangiare. Chi sono?” “Due inglesi e un canadese: ma lo sa come stiamo con le razioni: non erano in forza per questa mattina!” Telefonate varie alla mensa, al magazzino viveri: nulla da fare. Noi ufficiali decidiamo allora di sacrificare la nostra colazione, che per fortuna è ancora intatta, a vantaggio loro. Dopo un paio d’ore mi viene riferito che hanno protestato: dicono che li vogliamo affamare!
Vado in volo a fotografare il velivolo: prima di abbandonarlo l’equipaggio lo ha incendiato. Il generale Pinna va a vederlo: è stato colpito al serbatoio dell’olio del motore destro e l’ala è tutta piena di buchi: una fortuna che non si sia incendiato! Il prigioniero canadese è triste; sarebbe dovuto tornare in patria tra poche settimane: la sua ragazza non ne avrebbe certo atteso il rimpatrio e avrebbe sposato un altro! Coraggio…”


Corrado Ricci
Vita di pilota
Mursia, Milano, 1976

Chi volesse troverà nel mio blog la scheda tecnica del velivolo e prossimamente una galleria di immagini pittoriche a colori.
"Volare è ben più di uno sport e di un mestiere.
Volare è passione e vocazione, che riempie di sè una vita."
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    Re: FIAT CR.32 in AOI

    Messaggio da i-daxi » 15 luglio 2009, 21:09

    Che macchina! :)

    Grazie delle info.




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    Re: FIAT CR.32 in AOI

    Messaggio da alx » 18 luglio 2009, 10:00

    Galland, visto il tuo interesse per il Cr.32 ti segnalo questo sito:

    http://www.warbirdprofiles.com/

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    Re: FIAT CR.32 in AOI

    Messaggio da Almost Blue » 20 luglio 2009, 16:02

    Sapevo che entrambi, CR-32 e 42 erano ottimi aerei, molto manovrabili. Nella guerra di Spagna si rivelarono bestiacce anche per gli I-15 ed I-16 russi, che nonostante un aspetto un tantino "particolare" erano anche loro ottimi aeroplani.
    A quanto ne so, nel combattimento manovrato, potevano diventare pericolosi perfino per i P-40 e gli Hurricane inglesi (in Libia).
    Non mi ricordo più dove l' ho sentita, ma negli anni trenta, tra i piloti militari italiani che volevano entrare in una pattuglia acrobatica, si mormorava, in segreto (perchè ufficialmente è vietatissimo), che esistesse un certo ponte, nel settentrione, sotto cui se si era bravi si riusciva a volare (se si era meno bravi, però......). Il pilota che diceva di esserci riuscito (ed ovviamente di esserne uscito vivo dall'altra parte) era creduto sulla parola. Non so se qualcuno sa qualcosa in proposito.
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    Re: FIAT CR.32 in AOI

    Messaggio da alx » 21 luglio 2009, 8:10

    Dovrebbe essere il ponte di Salcano sul fiume Isonzo. Si trova attualmente in territorio Sloveno,
    tra i monti San Gabriele e Sabotino.
    Un altro dovrebbe essere il ponte di Sequals sul fiume Tagliamento.

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    Re: FIAT CR.32 in AOI

    Messaggio da galland » 22 luglio 2009, 14:35

    Almost Blue ha scritto:Non mi ricordo più dove l' ho sentita, ma negli anni trenta, tra i piloti militari italiani che volevano entrare in una pattuglia acrobatica, si mormorava, in segreto (perchè ufficialmente è vietatissimo), che esistesse un certo ponte, nel settentrione, sotto cui se si era bravi si riusciva a volare (se si era meno bravi, però......). Il pilota che diceva di esserci riuscito (ed ovviamente di esserne uscito vivo dall'altra parte) era creduto sulla parola. Non so se qualcuno sa qualcosa in proposito.

    “Il ponte di Diamare”
    A Campoformio era nata la famosa scuola delle pattuglie acrobatiche in formazioni complesse, la prima del genere e allora unica al mondo. Nel 1933cavevo assistito, durante una “Giornata dell’ala” indetta per una riunione degli “atlantici” sull’aeroporto dell’Urbe a Roma, a un magnifico saggio acrobatico eseguito contemporaneamente da tre pattuglie di nove velivoli ciascuna legati, tra loro, con forti canapi elastici. I nomi dei piloti erano rimasti famosi, come famoso era il reparto al quale ero stato assegnato; il suo distintivo, l’arciere alato, era stato disegnato a suo tempo dall’allora ben noto architetto Moroni per il “Battaglione aviatori” esistente prima della costituzione della Regia Aereonautica e che aveva sede a Ghedi. Il motto “Incocca, tende, scaglia” fu proposto da D’Annunzio.
    Il giorno del nostro arrivo, dopo la presentazione al comandante e la rituale cerimonia di benvenuto, il Capo Calotta, cioè il tenente pilota più anziano, ci tolse l’aquila, il distintivo di pilota che portavamo sul petto con le ali rigidamente orizzontali come prescriveva il regolamento, e ce la rimise dandole una certa inclinazione, con la testa rivolta verso l’alto: “i piloti del primo stormo, l’aquila, la portano così!
    Questo fu il breve commento. Da quel giorno non ne ho più variata l’inclinazione, rigidamente fedele alla tradizione di quella che fu la culla dell’aviazione da caccia italiana e dell’ardimento acrobatico del volo.
    Il primo Stormo era una scuola di disciplina, sia a terra che in volo; i giovani venivano curati e seguiti con vero amore e le briglie non venivano loro allentate finché non davano la certezza che avessero messo solide basi alle proprie ali. Gli anziani invece, cioè quelli che avevano a suo tempo iniziato lo studio e l’esecuzione delle acrobazie in pattuglia, avevano la più ampia libertà di manovra e molte volte tutto il personale si riversava all’aperto per seguirne le audaci acrobazie e gli accaniti, finti combattimenti. Diversi erano caduti, di solito per manovre estremamente rischiose; uno di essi Diamare, aveva lasciato la vita presso un ponte per aver voluto passarvi sotto più e più volte. Per sua disgrazia un giorno si stavano eseguendo dei lavori e così si era trovato la strada sbarrata da un invisibile cavo d’acciaio che gli aveva agganciato il compensatore di un alettone facendolo sbattere sul greto, dove si era incendiato.
    Da allora era divenuto quasi un rito, per i giovani, andare a passare sotto il ponte di Diamare: era come un’iniziazione. Si cominciava a sentirne parlare nei racconti degli anziani, racconti che non venivano mai fatti in presenza di tutti, ma solamente davanti a quei giovani che venivano considerati idonei. Poi, a mano a mano che l’addestramento e la capacità dei “pivelli” si affermavano, veniva loro detto, isolatamente e come per caso, che tutti i piloti “in gamba” avrebbero potuto passare “sotto il ponte”. Nessuno, naturalmente, cercava di forzare; ma il pensiero maturava nelle menti fino a che non venivano azzardate le prime domande sull’esatta ubicazione: la risposta arrivava solo quando il pilota veniva giudicato capace. Così un giorno, venne anche il mio turno; qualcuno mi accennò, senza parere, la direzione nella quale si trovava il ponte e, al primo volo, andai a cercarlo. Vagai un po’ nella piana nei pressi del Tagliamento poi ne vidi uno, piuttosto stretto, buttato tra due ripe incassate: il torrente che vi scorreva sotto faceva un brusco gomito e, guardandolo, ricostruii a mio modo l’incidente di Diamare: on sapevo ancora, infatti, che l’origine di tutto era stato un cavo teso a mezz’altezza e pensai che fosse invece andato a sbattere contro l’argine.
    Dopo un paio di giri per studiare bene la zona mi buttai a pelo d’acqua, nella gola che sprofondava sempre più sottraendomi ben presto la vista della campagna circostante; il ponte mi veniva incontro a una velocità che mi pareva enorme e dovetti costringermi a non dare una strappata ai comandi per uscire da quella fossa le cui pareti mi sovrastavano: un attimo di soffocamento al passaggio sotto l’arcata, una virata giusto in tempo per evitare l’argine, poi una fresca risata, gioiosa per la prova superata. Mentre tornavo al campo mi sentivo un leone e, dopo l’atterraggio, trovai modo di dire casualmente:”Ho visto il ponte di Diamare: è molto stretto, ma vi si passa bene!” Un “davvero?” di risposta e tutto fu finito. A nessuno poteva passare per la mente che non potesse essere la verità: la scuola di Campoformio era troppo seria.
    Per puro caso, trentacinque anni dopo sono venuto a scoprire di aver sbagliato ponte. Quello di Diamare era il ponte di Sequals e aveva tre arcate: una centrale, più larga, che era quella sotto il quale il famoso pilota andava a passare e faceva anche dei looping, altre alle due laterali, di luce minore. Io invece ero andato a infilarmi sotto un altro, che adesso non esiste più, ben più stretto e con un solo arco. Sembra che io sia stato l’unico a compiere quella pazzia perche era, indubbiamente, troppo angusto. Vi ero passato solo perché “credevo” che quello fosse il ponte fatidico: altrimenti penso che non ne avrei avuto il coraggio.

    Corrado Ricci Vita di pilota Mursia Milano 1975
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