Ferruccio Morettin: "L'apparecchio l'ho pilotato io"

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galland
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Ferruccio Morettin: "L'apparecchio l'ho pilotato io"

Messaggio da galland » 19 agosto 2009, 23:04

Il mattino del 7 febbraio 1941, proprio mentre i resti della 10a armata italiana che ripiegavano da Bengasi venivano intercettati e distrutti a Beda Fomm dai reparti corazzati di O'Connor, gli aviatori che si erano trasferiti sul campo di Misurata assistettero ad una strana scena.
Un trimotore S.79 proveniente da levante arrivò sul piccolo campo, fece il solito mezzo giro per accertare la direzione del vento, ma poi venne all'atterraggio in maniera così irregolare da far pensare che il pilota fosse ubriaco o ferito: un plané sbilenco, una richiamata alta, alcune strappate di motore e infine una serie di « bum » conclusi da un'imbardata di centottanta gradi e dall'arresto contemporaneo dei tre motori.
Il comandante del campo, irritato e allarmato, spedì subito l'ufficiale di servizio a vedere che cosa diavolo fosse accaduto e quello, raggiunto in auto l'apparecchio, aggredì un pò bruscamene lo specialista che si era affacciato allo sportello della fusoliera.
« Che cavolo avete combinato? Chi siete? Da quale campo venite? »
« Da nessun campo, signor tenente. »
« Come da nessun campo? Non fare lo spiritoso! Chiamami l'ufficiale. »
« Non c'è nessun ufficiale, signor tenente... »
« Va bene, ho capito, chiamami il pilota. »
« Signor tenente, non c'è nessun pilota. »
L'ufficiale sta per perdere la pazienza, quando nel vano del portello appare un giovanottone biondo, occhi chiari, mento quadrato e barba lunga di qualche giorno. Saluta militarmente e scandisce a voce alta:
« Sergente maggiore motorista Ferruccio Morettin; 15° stormo, 47° gruppo, 54a squadriglia. L'apparecchio l'ho pilotato io ».

Ferruccio Morettin era uno dei tanti specialisti che in Africa settentrionale, durante la prima fase della guerra, avevano finito per abituarsi a tutto: a volare di giorno per lavorare di notte o viceversa; a mangiare. pane e sabbia oppure a saltare i pasti; a servirsi di attrezzature di fortuna, a non lavarsi per settimane intere, a inventare i pezzi di ricambio e ad alternare preghiere e imprecazioni con uguale appassionato trasporto.
Talmente abituati a tutto che, quando, il 22 gennaio 1941, il sergente maggiore motorista Morettin si sentì ordinare dal tenente Ramorino, un ligure di poche parole che comandava la 54a squadriglia, di prendere quanto era necessario per andare a rimettere in efficienza un S.79 che, dopo un bombardamento notturno, era stato costretto ad atterrare fuori campo nella zona di El Agheila, si limitò a chiedere particolari sui danni subiti dall'aereo e sulla sua esatta posizione.
Poi prese un autocarro, vi caricò cinque uomini, un motore completo di elica, un martinetto idraulico, qualche fusto di benzina, le cassette degli attrezzi, qualche telo da tenda e un po' di viveri, e andò a cercare il trimotore che, per fortuna, aveva atterrato in vicinanza della litoranea. Nel prendere terra di notte fuori campo aveva riportato qualche danno al carrello e alle strutture inferiori della fusoliera e un motore con la relativa elica erano fuori uso e dovevano essere sostituiti.
Rimetterlo in efficienza non sarebbe stato difficile per una squadra riparazioni adeguatamente attrezzata, che avesse potuto lavorare al riparo delle intemperie e con turni ragionevoli. Ma non era certo facile per quei sei uomini che avevano per attrezzatura principale mani, coraggio e fantasia. Nella migliore delle ipotesi, anche se non fosse arrivato qualche aereo inglese a innaffiarli di piombo, avrebbero dovuto lavorare per due settimane allo scoperto, di giorno e di notte, senza possibilità né di spogliarsi, né di lavarsi, né di mangiare e riposare da cristiani.
Per quanto abituati al lavoro duro e ai disagi, c'è da ritenere che in altri momenti non ce l'avrebbero fatta. Ma, alla fine di gennaio del 1941, i resti delle nostre forze erano in pieno ripiegamento dalla Cirenaica e quei sei giovani aviatori, , dal punto in cui erano, potevano vedere le nostre autocolonne dirigersi verso la Sirte; e, anche se non lo dicevano, sentivano bruciare in loro l'umiliazione della disfatta e ne erano come sferzati e rafforzati. Senza ragionarci troppo su, avevano afferrato l'essenza del problema: nei momenti difficili, quando intorno tutto sembra crollare, le forze individuali non possono mutare il corso degli eventi. Ma, se ciascuno ce la mette tutta per assolvere bene i propri compiti, per limitati e modesti che siano, è tutta la situazione generale a trarne giovamento.
Lì non c'erano problemi strategici da risolvere: c'era un aeroplano mal ridotto che, se non fosse stato rimesso rapidamente in efficienza, avrebbe dovuto essere abbandonato, anzi bruciato, perché l'avanzata britannica continuava e non c'era da sperare che si fermasse. Potevano sei specialisti, abituati a curare gli aeroplani come fossero di proprietà loro, ammettere una simile eventualità? E, soprattutto, potevano ammetterla in quella dura fase della guerra, contrassegnata da perdite così gravi?
Da quando era iniziata l'offensiva britannica, i reparti da bombardamento avevano perduto in Libia tredici aerei in combattimento, una decina al suolo e una quarantina avevano dovuto essere incendiati sui campi in fase di ripiegamento, perché non potevano essere trasportati. Erano scomparsi uomini come i colonnelli Aramu e Grandjacquet, i capitani Girolami e Bulgarelli, i tenenti Sartof e Moccheggiani, il sergente La Torraca e tanti valorosi specialisti come Ferroni, Bonino, Magno, Coldel, Musumeci: almeno due specialisti per ogni pilota, secondo la dura legge dei reparti da bombardamento. Non potevano, pensando a quei loro. compagni scomparsi, ammettere che un altro aereo dovesse andare perduto.
Sotto, dunque, sotto giorno e notte, col martinetto, con le braccia, l'autocarro e le schiene, prima per sollevare l'aereo e poggiarlo sui fusti usati come cavalletti, poi per smontare il motore in avaria, montare quello che avevano portato, estrarre il carrello, sostituire le parti danneggiate, provare, rappezzare, riprovare; il tutto alternato con brevi soste per mandar giù i pezzi di galletta che scorticavano la gola e per ingollare un po' di carne tirata fuori da una scatoletta con le dita sporche d'olio, di grasso e di sangue.
Scarso il sonno, reso a volte pesante dalla spossatezza che abbrutiva e sempre inquieto per i disagi e il senso continuo di malessere provocato dalla dissenteria e dall'umidità che, di notte, filtrava sino alle ossa. A tratti, nelle pause di silenzio, il pensiero andava alla casa, al tepore dei letti puliti, alle ragazze conosciute e sognate, a quei maledetti che non si fermavano mai, a Dio, che è sempre così presente nella solennità delle notti all'aperto.
Una prima settimana di lavoro in quelle condizioni, sette lunghi giorni e sette lunghissime notti e poi una puntata inattesa del comandante di squadriglia. Bene, bravi, siete in gamba, ma il lavoro non è finito e bisogna sbrigarsi perché gli inglesi stanno venendo avanti. Occorre accelerare i tempi e tenersi pronti: manderà lui un pilota.
Il solito « Signorsì », la solita pacca sulle spalle, una frase scherzosa tanto per tenersi su con lo spirito e poi sotto ancora a lavorare come dannati per altri sette giorni. Sulla via Balbia, dopo una fase di congestionamento, i passaggi si sono fatti più rari: profughi, qualche reparto incolonnato, motociclisti che fanno la spola e lunghi intervalli vuoti durante i quali, da nord-est, si sente tuonare il cannone.
I nostri non sanno che è l'ultimo disperato tentativo che la colonna del generale Tellera fa per aprirsi la strada verso El Agheila, attraverso i carri Cruiser del 2° reggimento Royal Tank, le autoblindo del colonnello Combe e i cannoni del reggimento Royal Horse, che avevano tutti raggiunto la litoranea seguendo la pista interna Mechili-Msus-Antelat-Beda Fomm. Non sanno che, dopo ventiquattro ore di lotta aspra, combattuta sotto la pioggia dirotta, il grosso della colonna italiana viene circondato, il generale I'ellera viene ucciso e Bergonzoli è catturato.
Morettin non può neppure sapere che, nello stesso giorno dell'ispezione del suo comandante di squadriglia, il 15° stormo ha ricevuto l'ordine di trasferirsi da Sidi el Magrun a Castelbenito. Ramorino ha riferito al capitano Triboldi, il quale in quella fase comanda il 47° gruppo, che l'aereo non è pronto. È spiacevole, ma non ci si può fermare, altrimenti si rischia di perdere anche altri aerei. Del resto, il trimotore è ben visibile dalla strada e qualcuno penserà a farlo distruggere e a ricuperare gli specialisti.
Infatti il mattino del 7 febbraio, da un esiguo gruppo di automezzi che sono riusciti ad aprirsi un varco e che transitano sulla strada, se ne stacca uno che raggiunge l'apparecchio. È un ufficiale superiore dei bersaglieri che dà un ordine perentorio:
« Sbrigarsi a partire o bruciare l'aeroplano; gli inglesi stanno per arrivare ».
Morettin, dopo che aveva udito avvicinarsi il cannoneggiamento, se lo aspettava: eran già due notti che non riusciva a riposare nemmeno un poco, tormentato com'era dal pensiero fisso di dover distruggere un mezzo bellico che in quella fase della lotta era prezioso e che per lui e i suoi compagni, che avevano dato il sangue per rimetterlo in efficienza, acquistava un valore ancora maggiore.
D'altra parte lui era soltanto un motorista, un bravo motorista che, nel corso della sua lunga attività, era riuscito a volte a trovare qualche pilota compiacente e sfaticato che gli aveva lasciato i comandi in volo e magari gli aveva anche detto che se la cavava bene; ma non aveva mai fatto un decollo o un atterraggio. Come avrebbe potuto azzardarsi a tentare di compiere la sua prima partenza da un terreno accidentato? E come poteva presumere d'essere in grado di portare all'atterraggio un trimotore su un campo che non aveva mai visto?
L'ufficiale dei bersaglieri si irrita per il ritardo. Se non c'è il pilota, bruciare e via, che non c'è tempo da perdere. Se non si sbrigano farà distruggere l'aeroplano dai suoi uomini. Chiaro? Si allontana dicendo che attenderà l'autocarro dei nostri sulla strada.
Morettin guarda in faccia i suoi cinque compagni e legge nei loro occhi la stessa ribellione e lo stesso incitamento. Uno, l'allievo montatore Enzo Zucco, sa dove mettere le mani per le varie manovre ausiliarie, il cabra-picchia, i flaps, il carrello e si dichiara disposto a rischiare la pelle con il sergente, piuttosto che incendiare l'apparecchio.
Fu così che Morettin e Zucco salirono a bordo, si sistemarono ai posti di pilotaggio, misero in i moto, ripassarono mentalmente tutte le manovre da fare, poi un cenno di saluto ai compagni rimasti a terra, un segno di croce e via! Anche se un motore non funzionava bene, anche se prima di staccarsi l'aereo sobbalzò a lungo sul terreno irregolare, anche se il volo verso Misurata fu a un tempo eccitante e preoccupante per la scarsità di benzina e per le incognite dell'atterraggio che, come abbiamo visto, fu piuttosto « giallo », il trimotore fu salvo.
E il sergente maggiore motorista Ferruccio Morettin si guadagnò una medaglia al valor militare e una promozione a ufficiale per aver compiuto un atto che, in qualsiasi altra nazione, sarebbe ricordato nei libri di scuola.
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    Re: Ferruccio Morettin: "L'apparecchio l'ho pilotato io"

    Messaggio da Zortan » 19 agosto 2009, 23:46

    bellissima storia ! :shock:

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    Re: Ferruccio Morettin: "L'apparecchio l'ho pilotato io"

    Messaggio da Slowly » 20 agosto 2009, 0:28

    Cavoli, quanti pezzi di storia che non conosciamo.

    Grazie!
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    Re: Ferruccio Morettin: "L'apparecchio l'ho pilotato io"

    Messaggio da alexion89 » 20 agosto 2009, 0:33

    sembra uno di quegli uomini dell' A-Team :mrgreen:
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    Re: Ferruccio Morettin: "L'apparecchio l'ho pilotato io"

    Messaggio da innox » 20 agosto 2009, 1:18

    Ma dove le trovi, Galland!?
    Bellissime storie!
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    Re: Ferruccio Morettin: "L'apparecchio l'ho pilotato io"

    Messaggio da massimo69 » 20 agosto 2009, 13:59

    Grazie Galland, è bellissima...
    galland ha scritto:E il sergente maggiore motorista Ferruccio Morettin si guadagnò una medaglia al valor militare e una promozione a ufficiale per aver compiuto un atto che, in qualsiasi altra nazione, sarebbe ricordato nei libri di scuola.
    No comment. Meditate gente...
    "Cosa sei tu aeroplano? Cosa sei se non una massa di acciaio e alluminio e carburante e olio idraulico?" Chiara come una voce ne buio arrivò la risposta "Cosa sei tu uomo se non una massa di carne e sangue e aria e acqua? Sei forse più di questo?" "Certo" confermai nel buio, e ascoltai il mormorio solitario, là in alto, di uno dei suoi fratelli in quota. "Come tu sei più del tuo corpo, così io sono più del mio corpo" disse, e di nuovo scese il silenzio. "R. Bach"

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    Re: Ferruccio Morettin: "L'apparecchio l'ho pilotato io"

    Messaggio da marcoferrario » 20 agosto 2009, 14:13

    Fantastico, grazie!
    Proprio qualche giorno fa hanno dato alla TV "Il volo delle fenice", storia analoga che però credo sia di fantasia
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    Re: Ferruccio Morettin: "L'apparecchio l'ho pilotato io"

    Messaggio da galland » 20 agosto 2009, 15:19

    Se per "volo della fenice" (titolo anche di un film degli anni 70 narrante di un velivolo da trasporto che compie un atterraggio di fortuna nel deserto)intendi quello compiuto dal Caproni Ca.148 I-ETIO c'è il mio topic, ecco il link:
    http://www.md80.it/bbforum/viewtopic.php?f=58&t=27779
    Raccontaci cosa ne hanno detto, dove lo hanno trasmesso e ce si può vedere!
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      Re: Ferruccio Morettin: "L'apparecchio l'ho pilotato io"

      Messaggio da Hartmann » 21 agosto 2009, 9:13

      Che storia

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      Re: Ferruccio Morettin: "L'apparecchio l'ho pilotato io"

      Messaggio da Slowly » 22 agosto 2009, 12:44

      galland ha scritto:Se per "volo della fenice" (titolo anche di un film degli anni 70 narrante di un velivolo da trasporto che compie un atterraggio di fortuna nel deserto)intendi quello compiuto dal Caproni Ca.148 I-ETIO c'è il mio topic, ecco il link:
      http://www.md80.it/bbforum/viewtopic.php?f=58&t=27779
      Raccontaci cosa ne hanno detto, dove lo hanno trasmesso e ce si può vedere!
      Si si, era proprio quel film.

      Se posso, segnalo anche il libro di Quilici "La Fenice del Bajkal", che non centra col thread ma è altrettanto molto bello.
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      Re: Ferruccio Morettin: "L'apparecchio l'ho pilotato io"

      Messaggio da marcoferrario » 22 agosto 2009, 13:01

      galland ha scritto:Se per "volo della fenice" (titolo anche di un film degli anni 70 narrante di un velivolo da trasporto che compie un atterraggio di fortuna nel deserto)intendi quello compiuto dal Caproni Ca.148 I-ETIO c'è il mio topic, ecco il link:
      http://www.md80.it/bbforum/viewtopic.php?f=58&t=27779
      Raccontaci cosa ne hanno detto, dove lo hanno trasmesso e ce si può vedere!
      Esatto, la storia è quella. Film molto bello, aereo altrettanto. Visto su rete4
      Se si può vedere.....bho. In che senso?
      Marco
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      Re: Ferruccio Morettin: "L'apparecchio l'ho pilotato io"

      Messaggio da marcoferrario » 10 settembre 2009, 15:06

      Segnalo che domani sera su Rete4 ripropongo "Il volo della Fenice"
      Per chi fosse interessato...
      Marco
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      Re: Ferruccio Morettin: "L'apparecchio l'ho pilotato io"

      Messaggio da i-daxi » 10 settembre 2009, 17:23

      galland ha scritto:Se per "volo della fenice" (titolo anche di un film degli anni 70 narrante di un velivolo da trasporto che compie un atterraggio di fortuna nel deserto)intendi quello compiuto dal Caproni Ca.148 I-ETIO c'è il mio topic, ecco il link:
      http://www.md80.it/bbforum/viewtopic.php?f=58&t=27779
      Raccontaci cosa ne hanno detto, dove lo hanno trasmesso e ce si può vedere!
      Ciao.

      Purtroppo non é quello (magari lo fosse), il protagonista è un C-119 Flying Boxcar di una compagnia petrolifera americana che ha un incidente nel deserto del Sahara dalle parti della Libia (credo) e i pezzi del relitto vengono riutilizzati per costruire un altro aereo che permetterà loro di salvarsi grazie anche all'aiuto di un progettista di aerei giocattolo.

      Comunque bella storia la tua, gran bell'articolo.

      Grazie anche da parte mia. :)

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      Re: Ferruccio Morettin: "L'apparecchio l'ho pilotato io"

      Messaggio da i-daxi » 11 settembre 2009, 15:32

      Mi correggo, il luogo dell'incidente (quello del film) non é nel deserto del Sahara ma in quello dei Gobi.

      pier luigi previ
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      Re: Ferruccio Morettin: "L'apparecchio l'ho pilotato io"

      Messaggio da pier luigi previ » 3 marzo 2020, 7:58

      Sull'argomento, desidererei segnalare una storia a fumetti, pubblicata sul nº 25 del 21 giugno 1970 del Corriere dei Piccoli e riproposta il 6 febbraio scorso sul sito "Corrierini e Giornalino". Il link è il seguente: https://corrierino-giornalino.blogspot. ... gaila.html

      PIER

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      Re: Ferruccio Morettin: "L'apparecchio l'ho pilotato io"

      Messaggio da Valerio Ricciardi » 6 marzo 2020, 22:22

      i-daxi ha scritto:
      11 settembre 2009, 15:32
      Mi correggo, il luogo dell'incidente (quello del film) non é nel deserto del Sahara ma in quello dei Gobi.
      Non devi correggerti: il "vero" film "Il volo della Fenice" è quello del 1965; l'aereo è un Fairchild C-82 Packet, antesignano del C-119 Flying boxcar che fu per tanti anni utilizzato anche dall'AMI.
      E il deserto è proprio quello libico.
      Il pilota, James Stewart, appare particolarmente credibile nel film anche perché... era realmente un pilota militare, anche istruttore dei piloti dei B-17 ed insignito di una serie di onoreficenze per le sue missioni sulla Germania.

      Il remake del 2004 è un pallido ricordo dell'originale. Lì però effettivamente il deserto è quello del Gobi, e l'aereo (un costosissimo modello in scala radiocomandato) un C-119.
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      Re: Ferruccio Morettin: "L'apparecchio l'ho pilotato io"

      Messaggio da richelieu » 8 marzo 2020, 13:01

      Valerio Ricciardi ha scritto:
      6 marzo 2020, 22:22
      i-daxi ha scritto:
      11 settembre 2009, 15:32
      Mi correggo, il luogo dell'incidente (quello del film) non é nel deserto del Sahara ma in quello dei Gobi.
      Non devi correggerti: il "vero" film "Il volo della Fenice" è quello del 1965; l'aereo è un Fairchild C-82 Packet, antesignano del C-119 Flying boxcar che fu per tanti anni utilizzato anche dall'AMI.
      E il deserto è proprio quello libico.
      Il pilota, James Stewart, appare particolarmente credibile nel film anche perché ... era realmente un pilota militare, anche istruttore dei piloti dei B-17 ed insignito di una serie di onoreficenze per le sue missioni sulla Germania.
      Il remake del 2004 è un pallido ricordo dell'originale.
      Lì però effettivamente il deserto è quello del Gobi, e l'aereo (un costosissimo modello in scala radiocomandato) un C-119.
      Esatto!!!
      E, aggiungo, prima del congedo definitivo, James Stewart raggiunse il grado di Generale di Brigata Aerea nella Riserva dell' Air Force ...

      ... https://www.33fw.af.mil/News/Commentari ... rful-life/ ...

      ... https://www.thisdayinaviation.com/tag/jimmy-stewart/ ...

      :usa2:

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