
Alcune sere fa alla radio ho ascoltato un interessante intervento relativo a disagi subiti, in vari aeroporti italiani, ad opera del sig Vittorio Schiraldi scrittore ed opinionista.
Ho reputato interessante il pezzo per il ns forum, l'ho contattato e in tempi brevissimi mi ha risposto e cortesemente inviato il testo di quanto andato in onda, autorizzandomi alla pubblicazione quì su md 80
DISAGI
Mi è già capitato di fare qualche annotazione sull’argomento col quale vi intratterrò stanotte ma se torno a parlarne, per aggiungervi altre osservazioni, è perchè non riesco a rassegnarmi a un certo andazzo, non riesco ad accettare supinamente una realtà che, quando non indigna, fa per lo meno cascare le braccia.
Voglio farvi notare, quindi, quanto sia difficile viaggiare oggi, e lo faccio proprio in questi giorni in cui molta gente si prepara ad andare in vacanza servendosi di quello che credevamo fosse ormai diventato il mezzo più rapido per spostarsi, ossia l’aereo.
-Qualche settimana fa descrivendo lo spettacolo indecoroso al quale un po’ tutti noi siamo indotti a partecipare quando prendiamo un aereo per raggiungere uno di quei paesi più esposti al rischio di imprese terroristiche, come ad esempio la Gran Bretagna o gli Stati Uniti, osservavo con sincero rammarico la nostra perdita di dignità quando veniamo indotti a spogliarci e a lasciare che gli addetti alla sicurezza rovistino fra le nostre cose, annusando boccettine, aprendo flaconi e quant' altro, per accertare che non trasportiamo oggetti che, a noi potrebbero sembrare del tutto innocui, come un tubetto di schiuma da barba, ma che invece potrebbero renderci sospetti di attività terroristiche.
In tale circostanza raccontai di avere visto giovani e anziani signori avanzare verso i controlli elettronici scalzi, con le scarpe in una mano mentre con l’altra si reggevano i calzoni che rischiavano di scivolare, lasciandoli in mutande, perché era stato richiesto loro di togliersi anche la cinta.
Dissi in quella circostanza, e lo ripeto anche adesso, che pur comprendendo le esigenze della sicurezza, trovavo che esse potrebbero essere esaudite organizzandosi di conseguenza, nel rispetto della privacy, senza mortificare la dignità umana come invece oggi avviene. Trovavo infatti irrispettoso, avvilente e mortificante non solo quello spogliarello pubblico e obbligatorio mentre si fa la fila per i controlli, ma anche quanto avevo visto in un aeroporto londinese.
Laggiù, una signora, alla quale era stato contestato dalla Ryan Air, al momento del cheek in, il peso eccessivo del proprio trolley, non avendo altra possibilità di farlo altrove, era stata costretta a sedersi per terra, quasi fra le gambe degli altri passeggeri in fila, per tirare fuori dal suo bagaglio indumenti ed altro che poi avrebbe trasferito in una busta di plastica con la quale, pensate un po’, le sarebbe stato invece consentito di salire a bordo dopo avere normalizzato il peso del trolley.
Facendo eco alle mie parole un ascoltatore mi ha scritto osservando come, in tema di sicurezza, ogni compagnia aerea e ogni aeroporto si siano date le proprie regole , per cui accade che un viaggiatore in arrivo da un determinato paese che adottava regole meno restrittive finisca per trovarsi nei guai quando, al momento di imbarcarsi su un altro aereo per una nuova destinazione, gli viene fatto osservare di avere un eccesso bagaglio perché se un vettore gli permetteva di imbarcare una valigia pesante venti chili un altro invece ne tollera appena quindici, tanto per dirne una.
Ora, fin quando il passeggero è in condizioni di mettere mano alla tasca e pagare, il problema è facilmente risolto. Ben diversa, invece, è la situazione quando il viaggiatore o è un ragazzo, con non molte possibilità a disposizione, o una emigrata, come quella donna che io stesso ho visto piangere disperata perché non aveva i soldi per pagare l’eccesso bagaglio e che, non potendo pagare, correva il rischio di restare a terra perchè l’addetto al cheek non voleva quindi imbarcarla. Cosa che ha quindi indotto chi ha assistito all' episodio a mettere mano alla tasca per consentile di ripartire.
E siccome non mi piace parlare per sentito dire, voglio aggiungere un’altra personale annotazione.
Tra sabato e domenica mi sono trovato a spostarmi da Roma a Milano e da Milano a Palermo. L’ ho fatto con un trolley nel quale avevo appena messo l’indispensabile. Al controllo di Roma mi hanno chiesto di aprirlo, hanno guardato nel beauty case dove c’era un flacone di schiuma da barba e mi hanno detto che era regolamentare.
Uso da sempre quel sapone da barba in quella confezione e non avrei mai sospettato che un giorno sarebbe potuto diventare fuori legge. Idem quando mi sono imbarcato da Milano per Roma non immaginando che proprio quando cominciavo a pensare che il mio giro si sarebbe concluso in modo del tutto normale mi sarei trovato a fare i conti con l’inaspettato esito dei controlli nel capoluogo siciliano.
A Palermo, infatti domenica pomeriggio, quando dopo aver ottenuto la carta di imbarco, senza che l’addetto al cheek in avesse da ridire sulle dimensioni, peraltro ridotte del mio trolley, mi sono presentato al controllo elettronico, mi è stato chiesto di aprire il mio bagaglio. Ho eseguito ed è a questo punto che il giovanotto addetto alla sicurezza dopo avermi chiesto di mostrargli il contenuto del beauty case, ha messo le mani sul flacone di schiuma da barba, l’ha rigirato osservando le indicazioni stampate sulla parte inferiore quindi, scuotendo il capo, ha detto: “ Questo non lo può portare a bordo. E’ di centocinquanta centimetri cubici.”
Ebbene, come molti di voi sanno, quando posso cerco sempre di indagare fra i risvolti dell’animo umano e quindi ho fatto qualche domanda al giovanotto che aveva preso possesso del mio flacone per cercare di capire che nesso ci fosse fra la mia schiuma da barba e la minaccia di un attentato. E inoltre perchè quei cinquanta centimetri cubici di schiuma in più avessero fatto diventare fuorilegge la mia confezione. A questo punto mi è stato risposto che quelle erano le disposizioni e per quanto esse mi facessero dubitare dell’intelligenza di chi le aveva emanate ho dovuto adeguarmi consegnando il flacone incriminato.
Non è finita, perché quando mi sono presentato al cosiddetto cancello di imbarco un altro giovanotto, questa volta della compagnia aerea, la stessa peraltro, che mi aveva trasportato a Palermo senza difficoltà, ha detto che non potevo portare a bordo il trolley perché non era regolamentare.
Gli ho fatto notare che era di dimensioni abbastanza ridotte e a questo punto mi ha chiesto di vedere se poteva entrare in un contenitore che ne avrebbe misurato le dimensioni. Il trolley entrava. “Adesso provi a metterlo nell’altro senso” mi è stato ingiunto. Ho eseguito ma il trolley non entrava del tutto per via delle ruote. Se me ne fossi sbarazzato lo avrei reso regolamentare ma con le ruote, secondo il mio interlocutore, non lo era più.
Non è servito a niente fargli notare che il trolley era stato ritenuto regolamentare dalla sua stessa compagnia e dalla concorrenza, nei miei due precedenti spostamenti. La risposta testuale è stata:” si vede che a Roma e Milano dormono.”
A questo punto non mi è rimasto che complimentarmi con me stesso per avere avuto la fortuna di imbattermi in un giovanotto sveglio e gli ho consegnato il mio bagaglio dopo avergli fatto osservare che non avevo modo di chiuderlo, cosa che mi dava qualche preoccupazione.
Perché se in passato ho dovuto lamentare che una mia valigia, all’aeroporto di Fiumicino era stata aperta e alleggerita di alcuni oggetti, nonostante fosse munita di lucchetto, figuriamoci quale poteva essere il mio stato d’animo all’idea di farla viaggiare praticamente aperta.
Non pensate che a questo punto la mia avventura si fosse conclusa. Sono partito da Palermo alle 15 e 35 e un’ora dopo ero a Roma.
Qui, quando ci preparavamo a scendere dall’aereo, ci è stato detto di avere pazienza perché c’era l’interpista per noi ma non riuscivano a trovare un autista. Così, come sempre succede in queste circostanze, siamo rimasti in piedi , in aereo, pensando che saremmo scesi di lì a qualche minuto. Invece è passata mezz’ora.
Quando siamo andati al nastro trasportatore sperando di ritirare il nostro bagaglio ci siamo imbattuti in una cinquantina di viaggiatori che erano arrivati da Cagliari un’ora prima e stavano ancora aspettando sullo stesso nastro le loro valigie.
Altri viaggiatori vagavano da un nastro all' altro non sapendo a chi rivolgersi per avere a loro volta notizie sul loro bagaglio, o sperando di poterlo scorgere abbandonato da qualche altra parte, come è accaduto a me una volta, tornando giusto dalla Sardegna, mentre aspettavo che rintracciassero la mia valigia che era stata smarrita.
Vi assicuro: una situazione di caos totale. Senza che ci fosse un responsabile in grado di dare una qualsiasi notizia.
Uno spettacolo, peraltro, che non mi era nuovo e che comunque in quei momenti mi ha spinto più volte a rivolgere un pensiero non esattamente affettuoso a chi mi aveva messo in quella situazione non consentendomi di imbarcarmi col mio trolley. Una situazione che potrei definire da Terzo Mondo se non temessi di recare offesa ai suoi abitanti , ai quali, in ogni caso, non augurerei mai di avere a che fare con coloro che all’aeroporto di Fiumicino gestiscono lo scarico dei bagagli e altri servizi similari.
E, pensate un po’, nonostante ci fosse gente che aveva perduto la coincidenza con altri aerei, nonostante che insieme ai viaggiatori provenienti da Cagliari ve ne fossero altri giunti da Venezia e Milano che non so da quanto tempo si stavano interrogando sulla sorte dei propri bagagli, nonostante ciò le reazioni non erano scomposte, come sarebbe stato quasi del tutto naturale.
La gente, pensate un po’ a che livello di civiltà sono giunti coloro che restano vittime di queste autentiche forme di violenza, la gente dicevo, sequestrata da ore in aeroporto da chi è pagata per svolgere un regolare servizio ma se ne sbatte, perché sa che della propria neghittosità non verrà chiamata a rispondere, la gente si limitava a rumoreggiare, a brontolare, a imprecare a mezza voce, mostrando non una legittima arrabbiatura, ma una accorata rassegnazione che in me suscitava al contrario una rabbia ancora maggiore.
Perché mi rendevo conto che stiamo perdendo la capacità di indignazione, e quando questo succede allora è il momento che bisogna davvero cominciare a preoccuparsi, perché è il segnale che in quella rassegnazione all’andazzo non c’è più nemmeno la speranza che un qualsiasi governo possa riuscire a modificarlo.
Sono riuscito a recuperare il mio trolley alle 18,35 , esattamente due ore dopo il mio arrivo a Fiumicino . Qualche minuto prima un funzionario dell’aeroporto stringendosi nelle spalle aveva detto che si stava facendo il possibile per superare quell’ emergenza data la scarsezza del personale a disposizione.
E a chi gli chiedeva come mai non ce ne fosse a sufficienza, abbozzando anche lui un mezzo sorriso rassegnato, aveva detto: “ Non lo sapete che stasera c'è il derby? C’è Roma Lazio e quando c'è il derby son tutti ammalati e noi non sappiamo a chi dare i resti”.
Viva l’Italia.-
http://www.Schiraldi.it (è lo sfortunato passeggero) e non wing05