Il primo luogo che abbiamo visitato al mattino è stato l'Ark, cioè la cittadella che era residenza degli emiri dal XVIII secolo al 1920. Non ho potuto fare foto dell'esterno, perché in quel momento eravamo completamente in controsole e sarebbero venute malissimo. Ho però trovato qualcosa in questo sito, per darvi un'idea.
Nel 1920 la cittadella fu bombardata dai russi, e distrutta per oltre il 70 per cento della sua superficie; oggi rimangono solo pochi edifici: la moschea Juma, che ospita un piccolo museo di manoscritti e lavori di calligrafia dell'800 e del '900,

la corte per i ricevimenti e le incoronazioni con lo spazio per la sala del trono, e quel che resta del palazzo dell'emiro, non particolarmente interessante né monumentale.
Nel cortile dei ricevimenti ho visto una cosa buffa, questa:

Buffa perché ci è stato spiegato che l'emiro aveva visto le statue dei leoni durante un viaggio a San Pietroburgo, e ritornato a Bukhara volle che ne fossero fatte anche per lui. Così obbligò i suoi artigiani, che un leone non l'avevano mai visto, a scolpire in base alle sue descrizioni. La gente del posto dice che, con quella criniera così attaccata al corpo, sembra un leone appena uscito dalla doccia...
Di fronte all'Ark, dal lato opposto del Registan (il registan più famoso è quello di Samarcanda; ma la parola significa genericamente luogo sabbioso, e indica in genere la piazza principale della città) c'è la bella moschea Bolo-Hauz, costruita nel 1718.


A differenza delle altre, questa è particolarmente colorata, non solo sui toni del giallo, del bianco e del blu. Si tratta infatti di una costruzione fatta da architetti persiani, che usavano abbondare in colori e decorazioni, sia all'esterno che all'interno:


Ci è stato detto che risale al tempo dei persiani l'uso uzbeko di abiti molto colorati, soprattutto per le donne. Infatti, è un'usanza ancora viva negli abiti moderni, che hanno quasi sempre colori accesi; e la stessa tradizione è rimasta anche nei tessuti di seta, come vediamo per strada e nei mercati oggi, e come vedremo poi a Tashkent da un punto di vista storico, quando visiteremo il museo delle arti applicate.
Andiamo a visitare un altro monumento del X secolo, che si è salvato dalla distruzione di Gengis Khan perché fu ricoperto di sabbia e scambiato per una collina. Si tratta del mausoleo di Ismail Samani, capostipite della dinastia che regnò su Bukhara. Anche questo edificio, come il minareto Kalon, non ha mai avuto bisogno di nessun restauro, tranne la cupola. E' fatto di mattoni di tre diversi livelli di cottura, alternati in modo da creare le decorazioni e da permettere alla luce del giorno, combinata con le diverse tipologie di mattoni, di creare effetti diversi a seconda dell'ora in cui lo si osserva.




Passeggiando nel parco ci imbattiamo in alcuni artigiani che cesellano il metallo: la precisione del loro lavoro e la velocità con cui incidono sono veramente impressionanti.


Torniamo in centro e andiamo a visitare la più antica madrasa dell'Asia centrale, fatta costruire nel 1417 da Ulughbek (nipote di Tamerlano e personaggio placido e geniale di cui incontreremo le vere gesta a Samarcanda):


Di fronte a questa madrasa ce n'è un'altra, di due secoli più "giovane", fatta costruire dall'emiro del tempo, Abdul Aziz Khan. Purtroppo, attualmente è in restauro (è su quella facciata che ho scattato la foto che ho inserito nella seconda parte, quella del motivo - parzialmente ricoperto dai ponteggi - riprodotto sul tappeto) e quindi ho fatto solo questa foto dell'interno:

Nel pomeriggio siamo andati a visitare un piccolo edificio del 1807, nascosto in un dedalo di viuzze di un quartiere semi-centrale e che sbuca fuori all'improvviso in una piazza. E' chiamato Char Minar, cioè "quattro minareti", sebbene le quattro torri - ciascuna con decorazioni differenti - non siano dei minareti, ma semplicemente dei motivi decorativi dell'edificio.


Torniamo in centro e andiamo a visitare la più antica moschea dell'Asia centrale, la Maghoki-Attar (che significa mercato delle spezie, che si trovava in questa zona), risalente al XII secolo. E' la prima moschea che ha un arco colorato, in precedenza erano fatte solo di mattoni non colorati.

Questa era l'area dei mercati (non dimentichiamo che siamo nel cuore della Via della Seta), progettati e costruiti con cupole ed archi che permettevano di mantenere fresca l'aria all'interno. Oggi sono ancora mercati, ma indirizzati soprattutto ai turisti:

Essendo zona di mercati, non erano lontani i ricoveri per i viaggiatori del tempo; e infatti, poco più in là visitiamo un caravanserraglio del XVI secolo, oggi adibito a centro nazionale dell'artigianato:



Ecco un particolare della tecnica del ricamo con filo d'oro:

Arriviamo a Lyabi-Hauz, una piazza costruita nel 1620 intorno ad una vasca, che ancora oggi è luogo di ritrovo e relax per la gente del posto. L'albero di gelso che si vede, ora talvolta usato come trampolino per tuffarsi nella vasca che è profonda cinque metri, è coevo alla piazza, e ha quasi quattro secoli!


Su un lato della piazza c'è una khanaka. Anche se somiglia come struttura della facciata alle madrase viste finora, una khanaka era un ostello per i dervisci pellegrini, che la usavano per il tempo che si fermavano in città prima di ripartire per predicare nelle campagne:

Sul lato opposto della piazza c'è invece un caravanserraglio poi trasformato in madrasa, sempre del XVI secolo. Bellissimi i pavoni sulla facciata, disposti come i leoni che poi vedremo a Samarcanda in uno degli edifici che si affacciano sul Registan:


La sera saremo a cena proprio qui: è prevista una sfilata di moda e una serie di balletti tradizionali fatti dalle danzatrici della scuola nazionale di ballo.
Ecco la tavola apparecchiata al solito modo (con in primo piano il pane, buonissimo!)

L'orchestra con gli strumenti tradizionali:

Le foto che seguono sono un po' mosse, mi spiace. La luce era poca, e i soggetti erano sempre in movimento.
Parlavamo prima dei colori vivaci degli abiti femminili: ecco un paio di scatti delle indossatrici (guardate che belle figliole!)


E qualcuno delle danzatrici:



Da Bukhara a Shakhrisabz
L'indomani mattina si riparte verso la città natale di Tamerlano prima e Samarcanda poi.
Pranzo in un'altra casa uzbeka:




Il piatto forte (quello che noi definiremmo il "secondo") anche stavolta è tipico della regione. Si tratta del gulkhonim, un fiore di pasta ripieno di patate oppure carne. La pasta è molto simile a quella che noi conosciamo dei ravioli cinesi: e infatti mi è stato confermato che la ricetta è d'origine cinese.

Nelle case uzbeke l'interno è ricoperto di tappeti. Perciò si lasciano fuori le scarpe, e noi ci adeguiamo di buon grado.

Nel prossimo report avremo Tamerlano come guida e filo conduttore; e soprattutto si arriverà nella città più mito delle altre: Samarcanda!
E il mito non deluderà, per niente...
