Dal Corriere della Sera online (link all'articolo):
Kate, la leader dei viaggiatori infuriati
In corteo contro le compagnie aeree
Rimase per 8 ore all'interno di un jet che non riusciva a decollare. Da quel momento si batte contro ritardi e bagagli smarriti
NEW YORK - Il 29 dicembre dello scorso anno un'ondata di maltempo che colpì il Texas sconvolse il traffico aereo Usa, mettendo alle corde soprattutto l'American Airlines che ha il centro delle sue operazioni a Dallas: 67 aerei della più grande compagnia del mondo rimasero bloccati per oltre tre ore dopo l'imbarco.
A battere ogni record fu il volo 1348, fermo sulla pista per otto ore con tutti i passeggeri a bordo. Stremata dall'attesa, da un'aria sempre più povera di ossigeno, dalla mancanza di cibo e dal tanfo proveniente dai bagni intasati, a bordo Kate Hanni, un'agente immobiliare californiana in viaggio con il marito e i figli, decise di dire basta. Mentre altri, scesi dall'aereo, hanno scritto lettere di insulti alla compagnia o hanno urlato la loro rabbia davanti alle telecamere, lei ha semplicemente deciso che d'ora in poi avrebbe dedicato tutte le sue energie a un solo obiettivo: ottenere dal Congresso una legge che difenda i passeggeri dalle angherie delle aviolinee che, quando le cose vanno per il verso sbagliato e i ritardi si accumulano, trattano i passeggeri come se fossero dei container.
Hanni, bionda 47enne che nel tempo libero canta in un complesso «rock», da quel giorno è diventato l'incubo delle compagnie. Donna testarda che in questi mesi ha trasformato il suo impegno quasi in un'ossessione, la broker immobiliare ha lasciato il suo lavoro, ha convinto il marito Tim, un esperto di vini della Napa Valley, a lavorare e a guadagnare di più e ad occuparsi anche dei figli e si è buttata a corpo morto nella sua battaglia: ha aperto un suo sito, ha creato un network di utenti infuriati come lei, ha cominciato a raccogliere attraverso You Tube i filmati di passeggeri che hanno vissuto vicende analoghe alla sua, è andata ben venti volte a Washington per chiede al Congresso di fare una legge: un «Bill of Rights», un vero statuto dei diritti del passeggero.
All'inizio i parlamentari le hanno dato poco ascolto, convinti che l'attenzione degli elettori fosse tutta su Iraq, sanità e problemi del lavoro. Molti le chiudevano la porta in faccia, mentre i lobbisti delle compagnie aeree, che la tenevano d'occhio, ridevano della sua inesperienza, dell'incapacità di comprendere i meccanismi che regolano il lavoro politico che si svolge dietro le quinte. Lei non si è persa d'animo. Ha contagiato col suo entusiasmo centinaia di persone reduci da analoghe disavventure aeree che sono entrate come volontarie nel suo movimento, è diventata la star di molti show televisivi e, in un 2007 che è stato l'«anno nero» del trasporto aereo Usa con il record dei ritardi e delle cancellazioni dei voli, ha alimentato una vera e propria mobilitazione.
La sua petizione a favore di una legge ha raccolto in poco tempo 18 mila firme on line e mercoledì scorso lungo il Mall, l'immenso viale che termina davanti al Campidoglio, ha guidato la prima manifestazione di piazza del movimento per i diritti del passeggero. Risultato: ieri la Camera ha avviato l'esame di un disegno di legge presentato da alcuni parlamentari democratici che impone alle compagnie aeree di garantire cibo e condizioni igieniche decenti ai passeggeri costretti a lunghe attese, dando loro ogni tre ore la possibilità di scendere dall'aereo, mantenendo il diritto a imbarcarsi sul volo successivo. Non è affatto detto che il provvedimento diventi legge: le compagnie lo considerano praticamente inapplicabile quando il sistema va in tilt per condizioni meteo proibitive che bloccano simultaneamente centinaia di aerei, provocando giganteschi ingorghi sulle piste e nei cieli. Molti parlamentari - soprattutto quelli repubblicani - sono poi sinceramente convinti che la qualità minima dei servizi che una compagnia deve offrire ai suoi passeggeri non debba essere fissata per legge.
Ma Kate non molla e ha avuto anche la furbizia tattica di accogliere le obiezioni dei piloti, secondo i quali chi comanda un aereo dovrebbe poter tenere i passeggeri a bordo anche oltre il limite delle tre ore, se ritiene che ci sia la ragionevole possibilità di decollare entro breve tempo: la «Ralph Nader del trasporto aereo», come l'ha soprannominata la rivista Portfolio, scomodando l'avvocato-icona dei consumatori americani, ha fatto inserire nella norma sulle tre ore la possibilità, per il comandante, di decidere a sua discrezione due estensioni di 30 minuti. In questo modo ha attirato nel suo movimento anche alcuni piloti che hanno partecipato alla manifestazione di mercoledì spiegando che, in fin dei conti, quando un jet è bloccato, anche loro sono «prigionieri» a bordo come i passeggeri.
Le compagnie mugugnano, fanno ostruzionismo, ma intanto cominciano a correre ai ripari. La crisi che affligge il trasporto aereo Usa dipende dalla rapida espansione del traffico, dopo la flessione seguita agli attacchi terroristici del 2001: ciò ha messo a dura prova gli aeroporti e un sistema di gestione del traffico ormai saturo. La Faa, l'agenzia federale responsabile per il controllo dei voli, è sotto accusa per il ritardo col quale ha avviato il rinnovo di un sistema di gestione delle rotte basato sui segnali radar e vecchio di mezzo secolo. Marion Blakey, la donna alla guida dell'ente pubblico (il suo mandato è scaduto una settimana fa, ma Bush non l'ha ancora sostituita), si è difesa sostenendo che il nuovo sistema gestito dai satelliti ha costi elevatissimi che il Congresso non ha ancora deciso come finanziare. La Blakey ha poi sollecitato le compagnie a fare la prima mossa smettendo di programmare negli aeroporti più trafficati un numero di voli molto superiore a quelli che le piste e i «gate» d'imbarco sono effettivamente in grado di smaltire. I ritardi diventano così inevitabili anche quando splende il sole. Aviolinee come la Continental stanno già cominciando a rivedere i loro orari: cercano di ridurre il numero dei voli sostituendo gli aerei di minore capacità con jet più grandi. Non è un'operazione facile, ma la Faa ha avvertito che, se le compagnie non si mettono d'accordo, sarà il governo a intervenire d'autorità.
Massimo Gaggi
22 settembre 2007
USA: "Bill of rights" per i passeggeri?
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