Da quel momento in poi ho iniziato a guardare tutti i dettagli dell’interno.
PER I COLLEGHI CLAUSTROFOBICI: l’abitacolo (spero si chiami così altrimenti qualcuno mi corregga, grazie) non era affatto opprimente come me l’ero immaginato.
Soprattutto non puzza come un treno (non me ne voglia la ferrovia dello stato ma è la verità).
Ha un aspetto “pacato”. Anche i colori sono rilassanti.
I sedili mi sono apparsi spaziosi, morbidi e comodi davvero e, per chi è un “tap gun” come me… lasciano la possibilità di poggiare i piedi a terra.
I miei occhi hanno usufruito di un raggio visivo molto maneggevole. Ovunque mi girassi non avevo la percezione del chiuso. Anzi, tutt’altro
Anche i finestrini che sembrerebbero troppo piccoli, permettono di avere una vasta visuale.
Anche qui, quindi, nessuna sensazione di soffocamento come invece temevo.
PER I CATTIVI PRESAGI E/O PREMONIZIONI:
Ormai eravamo seduti e pronti ma la mia mente ha avuto un forte segnale di allarme rosso quando il comandante ha annunciato che “purtroppo s’era verificato un problema”. Alla parola problema il Pentagono al confronto del mio cervello sarebbe stato il niente. Tutti i miei sensori si sono schierati in trincea pronti per l’attacco (=fuga) ma prima di farmi assalire dal panico totale mi sono sforzata ed ho ascoltato fino in fondo il discorso.
Ed ho fatto bene. In realtà quello che per altri poteva essere un problema per me era un disagio: Brindisi non autorizzava l’atterraggio a causa della fitta nebbia e quindi scarsa visibilità. Più passava il tempo e invece che diminuire questa aumentava.
Da questa situazione ne ho tratto un rinforzo positivo: nessuno decolla se non si ha la piena sicurezza per poterlo fare.
Nel frattempo gran parte dei passeggeri (che arrivavano da Verona) hanno preferito scendere per proseguire il loro viaggio con mezzi alternativi.
Non vi nascondo che in quel momento ho pensato: “ecco, questi saranno i passeggeri che si salveranno. Questo volo non sa da fa e se si farà sarà funesto”. Ma come l’avrei potuto scoprire se non restando seduta?
In altre occasioni me la sarei data a gambe. Ma mi è stato sufficiente cercare lo sguardo degli altri passeggeri per ritornare alla tranquillità. Quello dietro di me dormiva, per cui tutto nella routine.
Intanto il tempo passava ma del decollo nemmeno l’ombra.
L’attesa ha iniziato a prendere una piega piuttosto snervante per tutti. Il comandante a quel punto ha annunciato che avrebbero provveduto al nostro trasferimento con un autobus. Mi son cadute le braccia. Chissà perché quando sono gli altri a decidere per noi… ci girano un po’. Probabilmente lì è scattata la mia molla definitiva. Non mi sarei mossa da quel sedile per nessuna ragione.
Poi finalmente il risvolto definitivo. La hostess chiude il portellone, l’aereo si porta verso la pista per il decollo. Si ferma…un piccolo movimento e poi via! WUAU!!!
FASE POSITIVA. sono su un aereo! Non sapevo se ridere o piangere (a dire il vero devo ancora metabolizzare questa esperienza). Non riuscivo a stare ferma un attimo, guardavo da tutte le parti. Ero preoccupata per Pierluigi e mi auguravo che stesse provando esattamente le mie stesse sensazioni. Era tranquillo anche lui. Sorrideva soddisfatto: due vittorie al prezzo di una!
Beh seppure si sente dire che sia una fase delicata, il decollo lascia un’emozione inenarrabile. La più bella. Quella indimenticabile. Lo avevo immaginato elettrizzante ma è stato molto di più. E’ incredibile come si riesca a percepire lo stacco: fiuuuuuuuuu…….tan… e sei nel cielo! Ed io mi sentivo sicura e felice.
Dopo il decollo ho iniziato a scattare qualche foto. Avrei voluto farne migliaia ma ero disorientata. Non capivo se eravamo fermi o se stavamo viaggiando. Forse credevo di vedere scorrere le immagini del paesaggio nello stesso modo in cui scorrono a bordo di un’auto o di un treno e quindi non riuscivo ad agganciare gli occhi al cervello. Più volte ho chiesto se fosse proprio certo che stavamo volando. Sì, stavamo volando.
Ho provato a sbirciare l’ala che riuscivo a vedere in tutta la sua ampiezza, per vederla muovere. Boh? Pure questa ferma. Si era mica fermato anche il tempo?
Ecco, la sensazione che ho provato stando lassù potrei paragonarla a quella di un aquilone quando tira vento e la forza di quest’ultimo lo sostiene in aria. Né pericolo, né aereo che precipita quindi, anzi tutt’altro.
Durante le virate un po’ di timore ma ho ricordato immediatamente che a scuola guida temevo le svolte a destra e quelle a sinistra. Quindi credo sia una questione di abitudine.
Il timore si è un po’ accentuato dopo l’ultima virata. L’aereo ha puntato verso il mare. In un primo momento mi sono rifiutata di guardare giù. Ma che sarebbe cambiato? Il panorama era diverso. Non per questo meno bello. L’aereo stava per atterrare e quindi era sceso di quota. Ma è durato pochissimo, quindi molto meno peggio di come mi aspettavo e di come mi avevano raccontato. Con la coda dell’occhio ho visto la costa. Quello sul mare è stato il momento in cui è calato il mio entusiasmo, però vi garantisco che non si è fermato e ancora non si è spento. Infine l’atterraggio. Tonfo finale dei pneumatici che toccano la pista. L’aereo si ferma e Pierluigi ed io che ce l’abbiamo fatta. Doppia vittoria!
FASE NEGATIVA MA SOPPORTABILISSIMA.
Mi è doveroso premettere che ho affrontato questo brevissimo viaggio nella più totale stanchezza fisica. Non di poco conto il fatto che il giorno prima avevo lavorato per 12 ore di seguito. Sono partita già stremata da Lecce e sono arrivata a Bari alle 23 e 30. Una lunga passeggiata fino al B&B, lasciati i bagagli siamo usciti alla ricerca di un locale per poter cenare. Poi altra passeggiatina giusto per digerire. Siamo rientrati alle 2 e mezza e siam rimasti a chiacchierare sino alle 4. Alle 6 ha suonato la sveglia. Avevo due “borse” sotto gli occhi da far invidia alle vetrine di Trussardi. Vi consiglio di partire riposati. Non strapazzatevi, datevi all’ozio. Credetemi, devo ancora riprendermi dalla stanchezza.
La fase negativa, comunque, non ha niente a che vedere né con la voglia di scappare né con altri tipi di presunte catastrofi né ritengo sia legata a qualsiasi forma di panico (o sì?).
In alcuni momenti ho provato un senso di vuoto seguito da… non so come spiegarlo, spero di riuscirci… ecco, come se una grande mano m’avesse preso il viso e avesse iniziato a comprimere le tempie e la zona tra gli occhi e il setto nasale. Questo mi è successo quando guardavo verso l’interno dell’aereo e non quando sgranavo gli occhi fuori per lo spettacolo. Non ho idea di come intepretare questa specie di… malessere? Non so neanche come chiamarlo. Spero solo che non sia nella mia natura fisica perché se è di origine psicologica posso correggerlo. Diversamente dovrò abituarmi a mettere pure sta cosa nel bagaglio a mano.
CONCLUSIONI
L’esperienza è da ripetere quanto prima. Non mi è ancora passata e di sicuro mi capiterà di fare qualche piccolo passo indietro. Certo è che sono passati davvero tutti i timori nei confronti del mezzo. E non esagero se dico che mi sono sentita avvolta da un senso di protezione.
L’equipaggio è preparato professionalmente e pronto a rispondere a qualsiasi domanda (anche la più assurda) con pazienza e cortesia, un’altra cosa che mi ha colpita molto è stato l’altissimo senso di responsabilità nei confronti dei passeggeri. Sono contenta che abbia fatto quasi 2 ore di ritardo perché così ho avuto modo di apprendere molto di quello che l’aeronautica civile fa per noi.
Bocciato invece il personale dei controlli. Capisco che devono stare con gli occhi aperti ma se gli scappa un sorriso mica gli scende l’ernia eh!
Spero di essere stata utile e prometto che al momento non farò un volo troppo lungo, altrimenti a ferrgosto sono ancora qui che scrivo.
