Volevo dedicare uno spazio a questi tre uomini, pionieri dell'aviazione italiana.
Enrico Forlanini:
Enrico Forlanini (Milano, 13 dicembre 1848 – Milano, 9 ottobre 1930) è stato un ingegnere, pioniere dell'aviazione e inventore italiano.
Ricordato in particolare come inventore dell'aliscafo, la sua attività pionieristica nel nascente settore aeronautico fu particolarmente significativa nell'ambito degli elicotteri e dei dirigibili. Oltre all'aliscafo, altre sue intuizioni si rivolsero ai dirigibili: la navicella di comando solidale con l'involucro per ridurre la resistenza aerodinamica e il primo utilizzo pratico di getti d'aria compressa per il controllo direzionale di un aeromobile, quest'ultimo applicato nel dirigibile Omnia Dir che volò postumo nel 1931.
Figlio di Federico Forlanini, medico milanese allora primario all'Ospedale Fatebenefratelli, era il fratello minore del famoso Carlo Forlanini, illustre medico pneumologo, due volte candidato al premio Nobel.
La sua istruzione si compì in ambiente militare, infatti dopo le elementari ed aver frequentato una delle Regie Scuole Tecniche milanesi, nel 1863 entrò al Collegio Militare di Torino, per passare nel 1866 all'Accademia Militare, sempre a Torino. Due anni dopo veniva ammesso alla Scuola di Applicazione Artiglieria e Genio, scuola dalla quale si diplomò nel 1870, grado: tenente del Genio.
L'ufficiale ventiduenne Enrico Forlanini venne assegnato ad una caserma di Casale Monferrato, qui, dopo aver ottenuto il permesso dei superiori, poté utilizzare la locale officina del genio per esperimenti sulle eliche e sulle loro capacità di trazione. In questo periodo giunse a far volare un modello di elicottero a rotori paralleli azionato da un elastico. Desideroso di approfondire le sue conoscenze, nel 1874 ottenne di potersi mettere in aspettativa dall'esercito, per potersi iscrivere alla Scuola di Applicazione del Regio Istituto Tecnico Superiore, antenato del Politecnico di Milano. Tra i suoi insegnanti Giuseppe Colombo, autore di importanti testi tecnici, deputato e ministro, anch'egli un interessato delle nascenti tematiche aeronautiche. Dopo la laurea di ingegnere industriale e ancora in aspettativa dal Regio Esercito, trovò lavoro presso l'ufficio tecnico del Comune di Gallarate, in provincia di Varese. Nel periodo 1875-1876 insegnò meccanica nella locale scuola professionale.
Schizzo dell'elicottero di ForlaniniAlla conclusione del periodo di aspettativa, venne trasferito ad Alessandria, dove poté riprendere gli esperimenti sugli elicotteri nella locale Officina del Genio. Successivamente venne trasferito a Catanzaro, ma il lavoro di sviluppo di un modello di elicottero a vapore poté continuare grazie al suo attendente, Pietro Torresini, rimasto ad Alessandria, che, attraverso una fitta corrispondenza, completò l'opera nel 1877. Con questo elicottero fu compiuta una dimostrazione pubblica a Milano tra il luglio e l'agosto dello stesso anno. La dimostrazione avvenne su una piattaforma montata all'interno del Salone dei Giardini Pubblici, talvolta come sede è riportato il Teatro alla Scala. L'elicottero si alzò fino ad una altezza di 13 metri, per un volo di una ventina di secondi che terminò con una lenta discesa. Non era il primo volo di un modello di elicottero, occorre comunque notare che era il primo esperimento di elicottero metallico con un vero e proprio motore.
Tra gli spettatori della dimostrazione vi era Giuseppe Colombo, che, con una relazione all'Istituto Lombardo, fece meritare al ventinovenne Forlanini la medaglia d'oro del Premio Cagnola.
Caratteristiche elicottero a vapore:
Rotori: 2 eliche coassiali controrotanti, diametro elica superiore 1,70 m, diametro elica inferiore 2,80 ;
Peso (privo di caldaia): 3,5 kg;
Motore: a vapore da 0,2 CV. Peso (privo di caldaia): 1.5 kg. Il motore disponeva di una piccola caldaia sferica, in cui veniva accumulato il vapore in pressione. Il riscaldamento era esterno alla caldaia, quindi una volta che questa si fosse riscaldata a sufficienza da far partire il motore, l'elicottero si innalzava portando con se la caldaia che abbandonava così la sua fonte di calore.
Sebbene questo sia stato l'esperimento più significativo, Forlanini realizzò altri modelli di elicottero, in particolare uno di essi adottava per la propulsione getti di vapore in pressione all'estremità delle pale, e si dedicò al perfezionamento di motori a vapore leggeri.
Date le dimissioni dall'esercito, Forlanini si trasferì a Forlì, avendo trovato impiego come direttore tecnico della ditta locale Stabilimento Gazogeno Fonderie Meccanica, fondato nel 1863. Nel 1878 sposò la maestra Angiolina Turchi.
L'interesse di Forlanini per il volo non era certo scemato, e nel suo periodo forlivese s'interessò al volo di modelli di aereo a cui forniva propulsione per mezzo di razzi. Nei primi del Novecento realizzò anche un aliante biplano, con cui effettuò alcuni lanci. Il biplano decollava per mezzo di una catapulta azionata da un contrappeso.
Nel 1895 divenne proprietario dello stabilimento, che ribattezzò Officine di Forlì e 2 anni dopo (1897), tornò a Milano, trasferendovi la direzione della ditta. Forlanini, che durante la sua carriera militare ed i suoi impegni lavorativi, aveva sempre potuto contare su officine meccaniche, arrivò a realizzare nella sede milanese della ditta:
Galleria del vento: diametro 1,10 m, velocità massima 70 km/h.
Vasca idrodinamica (Froude).
L'incontro a Roma con un suo vecchio commilitone, Cesare del Fabbro, tenente del Genio, che gli offrì la possibilità di un volo in pallone portò Forlanini ad interessarsi al dirigibile, che poteva rappresentare una risposta immediata al problema del volo.
Nel dar nome al suo primo dirigibile, Forlanini rese omaggio a Leonardo da Vinci ed ai suoi studi pionieristici sul volo umanoPotendo contare sulla consulenza di del Fabbro, autorizzato nel frattempo a trasferirsi a Milano dal Comando Brigata Specialisti del Genio, iniziò a lavorare sul F.1 Leonardo da Vinci. La costruzione iniziò nel 1901 e l'aeronave presentava due caratteristiche di progetto allora all'avanguardia:
Tipo semirigido (a trave reticolare rigida): se il primo semirigido italiano a volare fu l'N.1 di Gaetano Arturo Crocco nel 1908 e semirigidi a trave di chiglia (prima rigida e poi snodata) saranno i dirigibili militari italiani della prima guerra mondiale e le successive creazioni di Umberto Nobile, Forlanini anticipò Crocco nell'ideare la struttura, ma i due progettisti lavorano indipendentemente e fu Crocco a far volare per primo la sua creatura;
Gondola di comando solidale con l'involucro: questa innovazione che consente di ridurre la resistenza aerodinamica, si diffuse solo successivamente alla prima guerra mondiale, tanto che dei dirigibili impiegati nel conflitto solo i Forlanini e il tedesco Basenach M IV avevano una gondola siffatta.
Avendo sottostimato i mezzi e le difficoltà necessarie a completare una simile opera, in particolare la difficoltà di trovare motori adatti (difficoltà che incontrò anche un altro pioniere italiano, Almerico da Schio), il dirigibile riuscì a compiere il primo volo solo il 22 luglio 1909, con del Fabbro come pilota.
Visto il successo dell'aeronave, Forlanini intraprese la realizzazione del più ambizioso F.2 Città di Milano. I fondi furono reperiti attraverso una sottoscrizione nazionale, (strada percorsa già da un altro grande pioniere del settore Ferdinand von Zeppelin), e contributi da parte del comune di Milano, la Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde e l'esercito. L'aeronave volò per la prima volta il 17 agosto 1913. Dopo altre 42 ascensioni, il dirigibile incontrò il suo destino il 9 aprile 1914. Costretto ad un atterraggio di emergenza in seguito ad una lacerazione dell'involucro, dovuta alle forti raffiche di vento, venne strappato dagli ormeggi subendo gravi danni. Durante le operazioni di svuotamento del gas, forse per colpa di uno dei numerosi curiosi, l'idrogeno s'infiammò bruciando e distruggendo il dirigibile.
Il dirigibile F.6Poco dopo l'incidente, Forlanini otteneva comunque dal governo britannico un ordine per una nuova aeronave, la F.3. A causa della guerra non fu possibile consegnare il dirigibile. Dopo l'ordine britannico anche il governo italiano ordinò a Forlanini 3 dirigibili, F.4, F.5 e F.6, che vennero impiegati, assieme all'F.3, durante la prima guerra mondiale, sia dal Regio Esercito che dalla Regia Marina.
Terminato il conflitto, Forlanini, tentò la carta dell'impiego del dirigibile per il trasporto passeggeri, seguendo la strada lanciata con successo dal conte von Zeppelin nel 1909 col la DELAG. Nel giugno 1919 fu effettuato un volo dimostrativo sulla rotta Milano-Venezia, successivamente vennero studiate servizi sulla rotte Roma-Napoli e Roma-Pisa-Milano, ma queste iniziative non riscossero interesse, e le operazioni vennero concluse poco dopo. L'ultimo dirigibile di Forlanini fu l'Omnia Dir, che volò postumo nel 1931. Mezzo all'avanguardia, mirava a risolvere i problemi di manovrabilità a terra dei dirigibili, per mezzo getti d'aria compressa gestiti da valvole sui tre assi, poste a poppa e prua del dirigibile.
Agli inizi del Novecento, mentre era impegnato nella costruzione del dirigibile F.1 Leonardo da Vinci, Forlanini continuava gli studi nella sua officina munita di una vasca idrodinamica, dove sperimentava il comportamento di ali e carene. Questi studi lo condussero a sviluppare quella che è oggi la sua realizzazione più famosa, ovvero l'idroplano, progenitore dei moderni aliscafi. Pur non essendo il primo ad utilizzare alette idroplane applicate allo scafo di un battello, fu il primo a realizzare un battello in cui lo scafo si sollevasse completamente dall'acqua, una volta raggiunta una certa velocità.
Sebbene i battelli di Forlanini siano in genere indicati come idroplani, idrotteri o talvolta anche come idrovolanti (utilizzando la parola idrovolante con un significato diverso da quello entrato poi in uso comune di aeroplano in grado di operar da superfici acquatiche), in realtà non vi erano molte differenze con gli aliscafi attuali, se non la struttura delle ali. Forlanini utilizzava un complesso di 4 gruppi di ali parallele (1 coppia a prua ed una coppia a poppa) di larghezza decrescente, a differenza delle ali singole in uso oggi. Una differenza che ricorda la storia degli aeroplani: i pionieri dell'aviazione volavano su biplani e triplani, configurazione che furono soppiantate dal monoplano.
Oltre come mezzo marittimo, Enrico Forlanini, pensava all'idroplano come utile addestramento per i piloti aeronautici, per consentire loro di guadagnare l'opportuna sensibilità e senso dell'equilibrio.
Uno degli idroplani di Forlanini sul Lago Maggiore, 1910 circaIl primo prototipo venne provato a partire dal 1905, con un motore a scoppio da 70 CV. Insoddisfatto dalle prestazioni del motore, Forlanini adottò sul successivo prototipo un motore a vapore da 25 CV, per arrivare nel 1910 ad un modello con motore da 100 CV ed in grado di trasportare 6 persone. I test vennero condotti sul Lago Maggiore, ma venne provato anche in mare, davanti a Fiumicino, quando il 29 aprile 1911 partecipò ad una gara libera per motoscafi. Forlanini ottenne diversi brevetti per il suo "idroplano" anche nel Regno Unito e negli Usa. Nel 1911 ebbe come passeggero l'inventore statunitense Alexander Graham Bell, che da un circa tre anni si stava interessando agli aliscafi.
Le caratteristiche di uno di questi battelli:
Idroplano N°3:
Lunghezza: 10 m;
Larghezza battello: 3,50 m (incluso il sistema di ali idroplane);
Altezza battello sull'acqua: 0.65 m;
Motore: Fiat da 100 CV;
Velocità massima: 75 km/h;
Se oggi Forlanini viene ricordato principalmente per gli studi come pioniere dell'aeronautica, egli si dedicò anche alla innovazione industriale, in particolare nel settore dei ventilatori industriali, dell'illuminazione cittadina a incandescenza e della costruzione di tubazioni in acciaio per condotte forzate.
Nella breve biografia di Igino Mencarelli, Enrico Forlanini, viene descritto come uomo attivo e grande sportivo. Dagli episodi che vengono citati lo si potrebbe descrivere come un appassionato di quelli che oggi vengono definiti sport estremi: pare che il giovane Forlanini si sia una volta sdraiato tra le rotaie di una ferrovia, per provare l'ebbrezza di vedersi transitare sopra un treno in corsa.
Enrico Forlanini, Almerico da Schio e Corradino D'Ascanio
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Enrico Forlanini, Almerico da Schio e Corradino D'Ascanio
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Re: Enrico Forlanini e Corradino D'Ascanio
F.1 Leonardo da Vinci:
F.1 Leonardo da Vinci
Descrizione
Data impostazione 1900
Data primo volo 2 luglio 1909
Voli 38, per un percorso complessivo di 850 km. Il volo più lungo ebbe durata di 90 muniti.
Dimensioni e pesi
Struttura Dirigibile semirigido
Lunghezza 40 m
Volume 3.265 m³
Propulsione
Motore 1 Antoinette
Potenza 40 CV
Prestazioni
Velocità max 52 km/h
fonti non citate
La costruzione del primo dirigibile di Forlanini iniziò nel 1900, con la collaborazione di Cesare del Fabbro. L’aeronave era di tipo semirigido, la struttura che caratterizzerà poi tutti i dirigibili di realizzazione italiana. Sebbene la costruzione del dirigibile iniziasse nel 1900, questo compirà il suo primo volo il 2 luglio del 1909, poco meno di un anno dopo il primo volo del dirigibile semirigido N.1 di Gaetano Arturo Crocco, a cui quindi andò il primato di primo semirigido italiano. Altra intuizione di Forlanini, che venne fin da subito applicata era l’adozione della gondola di comando solidale con l’involucro, in modo da ridurre la resistenza aerodinamica. In questo, l’ingegnere italiano, era nettamente anticipo sui tempi. In linea con l’epoca era invece il complesso sistema di impennaggi con un gruppo multiplano a poppa seguito da uno triplano in coda. I piani di coda multiplani caratterizzano tutti i dirigibili di Forlanini, con l’esclusione dell’Omnia Dir.
La costruzione dell’aeronave fu rallentata dalle necessità di dover effettuare studi preliminari, che dai costi crescenti (Forlanini era l’unico finanziatore) ed in particolare dalla difficoltà di trovare motori adatti, problema che afflisse Almerico da Schio, costruttore del primo dirigibile italiano. In una prima fase Forlanini studiò la possibilità di impiegare motori a vapore, tecnologia che aveva già impiegato con successo nei suoi primi modelli di elicottero. Nel 1907 optò per un motore a combustione interna Antoinette che modificò per meglio adattarlo alle esigenze del dirigibile. Nel 1908 il dirigibile era ormai pronto, ma dopo un primo gonfiaggio, emerse che l’allungarsi dei tempi di sviluppo aveva compromesso l’affidabilità del diaframma interno dell’involucro, che fu quindi necessario sostituire.
Il primo volo del 22 luglio 1909 fu assai breve, per colpa di una valvola malfunzionante, che costrinse ad un rapido atterraggio. Il breve volo consentì comunque di individuare alcuni difetti, che vennero risolti prima del successivo gonfiaggio e del suo secondo “primo volo”, il 27 novembre dello stesso anno. Pilota era Cesare del Fabbro, tenente del Genio e collaboratore di Forlanini nella realizzazione dell’aeronave.
F.2 Città di Milano:
Descrizione
Data primo volo 17 agosto 1913
Proprietario Regio Esercito
Destino finale Distrutto in un incendio durante le operazioni di sgonfiaggio per il recupero dopo un atterraggio d'emergenza in seguito a maltempo il 9 aprile 1914
Dimensioni e pesi
Struttura Dirigibile semirigido
Lunghezza 72 m
Volume 12.000 m³
Gas Idrogeno in 12 celle
Capacità Carico utile: 5 ton
Propulsione
Motore 2 Isotta Fraschini da
Potenza 85 CV ciascuno
Prestazioni
Velocità max 75 km/h
Tangenza 2.400 m
Confortato dal successo della sua prima aeronave, Forlanini si impegnò nella costruzione di un progetto più ambizioso: il nuovo dirigibile, bimotore, era quasi 4 volte più grande del suo predecessore. Questa volta l’inventore milanese poté contare su cospicui finanziamenti, che provenivano da una sottoscrizione popolare, dal Comune di Milano, dalla Casa di risparmio di Milano e dall’esercito. Complessivamente, l’ F.2 Città di Milano, manteneva la stessa configurazione del F.1. La gondola era divisa in tre scomparti: cabina di comando, cabina passeggeri, sala macchine. Per motivi di sicurezza (l’aeronave era gonfiata con Idrogeno) tutte le stoffe avevano ricevuto trattamento ignifugo, e l’aeronave presentava un doppio involucro. Quello interno era suddiviso in 12 sacche per il gas. Il primo volo ebbe luogo il 17 agosto 1913 nel cielo sopra Milano. Il 23 agosto venne ufficialmente consegnato al Regio Esercito. Il 21 dicembre ebbe luogo il volo forse più significativo. Destinazione era il campo di San Siro, dove il dirigibile fu benedetto dalle autorità ecclesiali e ricevette un gonfalone, dono delle signore della città, che riportava il motto di Gabriele d'Annunzio: Ut coelum muniat Italiae. In questa volo il dirigibile venne onorato da un scorta di 3 Aereo da caccia. Ai comandi di uno di essi vi era Francesco Baracca.
Il 9 aprile 1914 il dirigibile fu costretto ad un atterraggio di emergenza, dopo che forti raffiche di vento ne avevano lacerato l’involucro lacerando una delle celle di gas. Poiché il danno era avvenuto a bassa quota, non fu possibile effettuare lo scarico della zavorra. L’ F.2 venne ormeggiato agli alberi circostanti la zona dell’atterraggio di emergenza, ,a causa delle continue raffiche venne strappato via dopo poco e rimaneva danneggiato poco a causa degli urti con il terreno e la boscaglia. A questo punto per effettuare le operazioni di recupero fu necessario sgonfiare le celle del gas, ma forse per colpa di uno dei numerosi curiosi, l’idrogeno s’infiammò bruciando e distruggendo il dirigibile.
F.3, F.4, F.5 e F.6:
Tipo Dirigibile militare
Progettista Enrico Forlanini
Data primo volo 1915
Proprietario Britain's Committee of Imperial Defence[2] [3]
Regio Esercito
Dimensioni e pesi
Struttura Dirigibile semirigido
Lunghezza 90 m
Diametro 18 m
Volume 13.790 m³
Gas Idrogeno
Capacità Carico utile: 6 ton
Propulsione
Motore 4 Fiat S.54-A azionanti 2 eliche a passo variabile ciascuno
Potenza 80 CV ciascuno
Prestazioni
Velocità max 75 km/h
Autonomia 24 h
Sulle orme del governo britannico, anche il governo italiano, ordinò la costruzione di altri 3 dirigibili: l’ F.4, F.5 e F.6. Quest’ultimo venne completato troppo tardi per partecipare operativamente al conflitto e venne utilizzato nel 1919 dall’ingegner Forlanini, per cercare di dar vita ad un servizio di compagnia aerea con dirigibili, analogamente a quanto avviato 10 anni prima con la DELAG dal Conte Zeppelin. Nel giugnodi quell’anno fu effettuato un volo dimostrativo sulla rotta Milano-Venezia, successivamente vennero studiate servizi sulla rotte Roma-Napoli e Roma-Pisa-Milano, ma queste iniziative non riscossero interesse, e le operazioni vennero concluse poco dopo.
Omnia Dir:
Tipo Dirigibile sperimentale per studi sulla spinta direzionale in fase di manovra
Classe
Numero unità
Costruttore
Cantieri
Matricola
Ordinato
Impostazione
Varo
Completamento 1931
Commissionato
Primo volo
Entrata in servizio
Proprietario
Radiazione
Voli compiuti {{{voli}}}
Destino finale
Dati tecnici
Struttura Dirigbile semirigido
Lunghezza m
Lunghezza gondola di comando m
Larghezza m
Altezza m
Diametro m
Volume 4.000 m3
Gas impiegato
N° celle gas
Peso a vuoto t
Rivestimento involucro
Propulsione Un Isotta Fraschini da 150 CV
Nonostante l’assenza di interesse nel campo del più leggero dell’aria, Forlanini non aveva mai abbandonato del tutto il settore, e nel 1930, al momento della sua morte, era in corso di completamento un dirigibile destinato a sperimentare la sua ultima intuizione: getti d‘aria compressa per il controllo direzionale.
L’Omnia Dir era un piccolo dirigibile semirigido con impennaggi cruciformi, che presentava due gruppi di valvole, uno a poppa ed uno a prua. Infatti il principale svantaggio dei dirigibili dell’epoca era la necessità di un elevato numero di personale a terra per poter effettuare le operazioni di manovra relative all’atterraggio/decollo e al ricovero negli hangar.
Per poter manovrare autonomamente, il dirigibile disponeva di 2 gruppi di valvole indipendenti. Sia a poppa che a prua vi era quindi una struttura cruciforme con valvole orientate nelle possibili direzioni sui tre assi: alto e basso, destra e sinistra, ed una quinta valvola in direzione longitudinale. Ad ognuno dei due gruppi valvole era inviata aria compressa per mezzo di un ventilatore centrifugo, collegato tramite un tubo flessibile.
Sempre per semplificare le operazioni di manovra, il dirigibile disponeva di un “carrello d'atterraggio ” costituito da una ruota sterzante ammortizzata. La ruota era retrattile. Per l’ormeggio disponeva di un attacco montato al disotto della gondola di comando, in tal modo non occorreva un pilone d'ormeggio di grandi dimensioni a cui il dirigibile era agganciato a prua, ma era sufficiente una struttura più piccola. L’aeronave venne completata nel 1931.
F.1 Leonardo da Vinci
Descrizione
Data impostazione 1900
Data primo volo 2 luglio 1909
Voli 38, per un percorso complessivo di 850 km. Il volo più lungo ebbe durata di 90 muniti.
Dimensioni e pesi
Struttura Dirigibile semirigido
Lunghezza 40 m
Volume 3.265 m³
Propulsione
Motore 1 Antoinette
Potenza 40 CV
Prestazioni
Velocità max 52 km/h
fonti non citate
La costruzione del primo dirigibile di Forlanini iniziò nel 1900, con la collaborazione di Cesare del Fabbro. L’aeronave era di tipo semirigido, la struttura che caratterizzerà poi tutti i dirigibili di realizzazione italiana. Sebbene la costruzione del dirigibile iniziasse nel 1900, questo compirà il suo primo volo il 2 luglio del 1909, poco meno di un anno dopo il primo volo del dirigibile semirigido N.1 di Gaetano Arturo Crocco, a cui quindi andò il primato di primo semirigido italiano. Altra intuizione di Forlanini, che venne fin da subito applicata era l’adozione della gondola di comando solidale con l’involucro, in modo da ridurre la resistenza aerodinamica. In questo, l’ingegnere italiano, era nettamente anticipo sui tempi. In linea con l’epoca era invece il complesso sistema di impennaggi con un gruppo multiplano a poppa seguito da uno triplano in coda. I piani di coda multiplani caratterizzano tutti i dirigibili di Forlanini, con l’esclusione dell’Omnia Dir.
La costruzione dell’aeronave fu rallentata dalle necessità di dover effettuare studi preliminari, che dai costi crescenti (Forlanini era l’unico finanziatore) ed in particolare dalla difficoltà di trovare motori adatti, problema che afflisse Almerico da Schio, costruttore del primo dirigibile italiano. In una prima fase Forlanini studiò la possibilità di impiegare motori a vapore, tecnologia che aveva già impiegato con successo nei suoi primi modelli di elicottero. Nel 1907 optò per un motore a combustione interna Antoinette che modificò per meglio adattarlo alle esigenze del dirigibile. Nel 1908 il dirigibile era ormai pronto, ma dopo un primo gonfiaggio, emerse che l’allungarsi dei tempi di sviluppo aveva compromesso l’affidabilità del diaframma interno dell’involucro, che fu quindi necessario sostituire.
Il primo volo del 22 luglio 1909 fu assai breve, per colpa di una valvola malfunzionante, che costrinse ad un rapido atterraggio. Il breve volo consentì comunque di individuare alcuni difetti, che vennero risolti prima del successivo gonfiaggio e del suo secondo “primo volo”, il 27 novembre dello stesso anno. Pilota era Cesare del Fabbro, tenente del Genio e collaboratore di Forlanini nella realizzazione dell’aeronave.
F.2 Città di Milano:
Descrizione
Data primo volo 17 agosto 1913
Proprietario Regio Esercito
Destino finale Distrutto in un incendio durante le operazioni di sgonfiaggio per il recupero dopo un atterraggio d'emergenza in seguito a maltempo il 9 aprile 1914
Dimensioni e pesi
Struttura Dirigibile semirigido
Lunghezza 72 m
Volume 12.000 m³
Gas Idrogeno in 12 celle
Capacità Carico utile: 5 ton
Propulsione
Motore 2 Isotta Fraschini da
Potenza 85 CV ciascuno
Prestazioni
Velocità max 75 km/h
Tangenza 2.400 m
Confortato dal successo della sua prima aeronave, Forlanini si impegnò nella costruzione di un progetto più ambizioso: il nuovo dirigibile, bimotore, era quasi 4 volte più grande del suo predecessore. Questa volta l’inventore milanese poté contare su cospicui finanziamenti, che provenivano da una sottoscrizione popolare, dal Comune di Milano, dalla Casa di risparmio di Milano e dall’esercito. Complessivamente, l’ F.2 Città di Milano, manteneva la stessa configurazione del F.1. La gondola era divisa in tre scomparti: cabina di comando, cabina passeggeri, sala macchine. Per motivi di sicurezza (l’aeronave era gonfiata con Idrogeno) tutte le stoffe avevano ricevuto trattamento ignifugo, e l’aeronave presentava un doppio involucro. Quello interno era suddiviso in 12 sacche per il gas. Il primo volo ebbe luogo il 17 agosto 1913 nel cielo sopra Milano. Il 23 agosto venne ufficialmente consegnato al Regio Esercito. Il 21 dicembre ebbe luogo il volo forse più significativo. Destinazione era il campo di San Siro, dove il dirigibile fu benedetto dalle autorità ecclesiali e ricevette un gonfalone, dono delle signore della città, che riportava il motto di Gabriele d'Annunzio: Ut coelum muniat Italiae. In questa volo il dirigibile venne onorato da un scorta di 3 Aereo da caccia. Ai comandi di uno di essi vi era Francesco Baracca.
Il 9 aprile 1914 il dirigibile fu costretto ad un atterraggio di emergenza, dopo che forti raffiche di vento ne avevano lacerato l’involucro lacerando una delle celle di gas. Poiché il danno era avvenuto a bassa quota, non fu possibile effettuare lo scarico della zavorra. L’ F.2 venne ormeggiato agli alberi circostanti la zona dell’atterraggio di emergenza, ,a causa delle continue raffiche venne strappato via dopo poco e rimaneva danneggiato poco a causa degli urti con il terreno e la boscaglia. A questo punto per effettuare le operazioni di recupero fu necessario sgonfiare le celle del gas, ma forse per colpa di uno dei numerosi curiosi, l’idrogeno s’infiammò bruciando e distruggendo il dirigibile.
F.3, F.4, F.5 e F.6:
Tipo Dirigibile militare
Progettista Enrico Forlanini
Data primo volo 1915
Proprietario Britain's Committee of Imperial Defence[2] [3]
Regio Esercito
Dimensioni e pesi
Struttura Dirigibile semirigido
Lunghezza 90 m
Diametro 18 m
Volume 13.790 m³
Gas Idrogeno
Capacità Carico utile: 6 ton
Propulsione
Motore 4 Fiat S.54-A azionanti 2 eliche a passo variabile ciascuno
Potenza 80 CV ciascuno
Prestazioni
Velocità max 75 km/h
Autonomia 24 h
Sulle orme del governo britannico, anche il governo italiano, ordinò la costruzione di altri 3 dirigibili: l’ F.4, F.5 e F.6. Quest’ultimo venne completato troppo tardi per partecipare operativamente al conflitto e venne utilizzato nel 1919 dall’ingegner Forlanini, per cercare di dar vita ad un servizio di compagnia aerea con dirigibili, analogamente a quanto avviato 10 anni prima con la DELAG dal Conte Zeppelin. Nel giugnodi quell’anno fu effettuato un volo dimostrativo sulla rotta Milano-Venezia, successivamente vennero studiate servizi sulla rotte Roma-Napoli e Roma-Pisa-Milano, ma queste iniziative non riscossero interesse, e le operazioni vennero concluse poco dopo.
Omnia Dir:
Tipo Dirigibile sperimentale per studi sulla spinta direzionale in fase di manovra
Classe
Numero unità
Costruttore
Cantieri
Matricola
Ordinato
Impostazione
Varo
Completamento 1931
Commissionato
Primo volo
Entrata in servizio
Proprietario
Radiazione
Voli compiuti {{{voli}}}
Destino finale
Dati tecnici
Struttura Dirigbile semirigido
Lunghezza m
Lunghezza gondola di comando m
Larghezza m
Altezza m
Diametro m
Volume 4.000 m3
Gas impiegato
N° celle gas
Peso a vuoto t
Rivestimento involucro
Propulsione Un Isotta Fraschini da 150 CV
Nonostante l’assenza di interesse nel campo del più leggero dell’aria, Forlanini non aveva mai abbandonato del tutto il settore, e nel 1930, al momento della sua morte, era in corso di completamento un dirigibile destinato a sperimentare la sua ultima intuizione: getti d‘aria compressa per il controllo direzionale.
L’Omnia Dir era un piccolo dirigibile semirigido con impennaggi cruciformi, che presentava due gruppi di valvole, uno a poppa ed uno a prua. Infatti il principale svantaggio dei dirigibili dell’epoca era la necessità di un elevato numero di personale a terra per poter effettuare le operazioni di manovra relative all’atterraggio/decollo e al ricovero negli hangar.
Per poter manovrare autonomamente, il dirigibile disponeva di 2 gruppi di valvole indipendenti. Sia a poppa che a prua vi era quindi una struttura cruciforme con valvole orientate nelle possibili direzioni sui tre assi: alto e basso, destra e sinistra, ed una quinta valvola in direzione longitudinale. Ad ognuno dei due gruppi valvole era inviata aria compressa per mezzo di un ventilatore centrifugo, collegato tramite un tubo flessibile.
Sempre per semplificare le operazioni di manovra, il dirigibile disponeva di un “carrello d'atterraggio ” costituito da una ruota sterzante ammortizzata. La ruota era retrattile. Per l’ormeggio disponeva di un attacco montato al disotto della gondola di comando, in tal modo non occorreva un pilone d'ormeggio di grandi dimensioni a cui il dirigibile era agganciato a prua, ma era sufficiente una struttura più piccola. L’aeronave venne completata nel 1931.
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Re: Enrico Forlanini e Corradino D'Ascanio
Aeronave F2 - Città di Milano di E. Forlanini
Dopo aver costruito la prima aeronave, ovvero il primo dirigibile, F1 - Leonardo da Vinci, Enrico Forlanini si cimentò nella costruzione del secondo modello l'F2 a cui diede il nome Città di Milano. L'F2 era un progetto ambizioso che necessitò di grandi contributi. L'F2 Città di Milano effettuò il suo primo volo il 17 agosto del 1913. Effettuò ben 42 viaggi, prima di incendiarsi il 9 aprile del 1914. Il rogo del dirigibile fu ripreso dai principali organi si stampa e fu ripreso anche dalla Domenica del Corriere come testimonia la copertina di Achille Beltrame (n. 16 del 19/26 aprile 1914).
L'aeronave fece, nei pressi di Cantù, un atterraggio d'emergenza per una lacerazione del pallone. Nelle operazioni di svuotamento, l'idrogeno s'infiammò e distrusse il dirigibile.
Dopo aver costruito la prima aeronave, ovvero il primo dirigibile, F1 - Leonardo da Vinci, Enrico Forlanini si cimentò nella costruzione del secondo modello l'F2 a cui diede il nome Città di Milano. L'F2 era un progetto ambizioso che necessitò di grandi contributi. L'F2 Città di Milano effettuò il suo primo volo il 17 agosto del 1913. Effettuò ben 42 viaggi, prima di incendiarsi il 9 aprile del 1914. Il rogo del dirigibile fu ripreso dai principali organi si stampa e fu ripreso anche dalla Domenica del Corriere come testimonia la copertina di Achille Beltrame (n. 16 del 19/26 aprile 1914).
L'aeronave fece, nei pressi di Cantù, un atterraggio d'emergenza per una lacerazione del pallone. Nelle operazioni di svuotamento, l'idrogeno s'infiammò e distrusse il dirigibile.
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Re: Enrico Forlanini, Almerico da Schio e Corradino D'Ascanio
Almerico da Schio:
Almerico da Schio (Costozza di Longare, 25 novembre 1836 – Vicenza, 28 novembre 1930) è stato un accademico, scienziato e pioniere dell'aviazione italiano.
Durante gli anni dell'università si dedicò allo studio della matematica, alle scienze chimiche e meccaniche. Laureato in giurisprudenza all'Università di Padova nel 1860, dopo essersi iscritto come praticante nei tribunali di Padova e Venezia si dedicò ai suoi studi preferiti: l'astronomia, la meteorologia e aeronautica. Tra il 1858 e il 1860 fu assistente del prof. Virgilio Trettenero nella Specola astronomica di Padova e, dopo il 1865, direttore dell'Osservatorio e dell'ufficio meteorologico dell'Accademia Olimpica di Vicenza, facendolo diventare il miglior centro di osservazione meteo di tutta la provincia, realizzando stazioni meteorologiche in tutto il Veneto, Trentino ed Emilia.
Fu presidente dell'Accademia Olimpica dal 1895 fino alla morte; membro effettivo del Regio Istituto Veneto di Scienze, lettere ed arti e dell'Ateneo di Venezia, fece parte della Società Veneto-Tridentina di Scienze Naturali, della Società Geografica Italiana e di accademie italiane, pontificie ed estere. Collaborò nel progetto e nell'esecuzione dell'acquedotto di Schio. Dopo il 1866 fece parte del consiglio comunale di Schio e in quello stesso anno fu inviato dal sindaco scledense dal re Vittorio Emanuele II. Fu cittadino onorario di Schio.
Il suo interesse principale fu comunque quello per il volo e divenne uno dei pionieri dei dirigibili in campo internazionale. Nel 1884 conobbe il professor Pasquale Cordenons con cui cominciò il progetto del primo dirigibile italiano. Alla morte di Cordenons il progetto continuò con il fratello di questi, Federico, che però a sua volta abbandonò l'impresa poco dopo. Nonostante alcuni insuccessi, Almerico nel 1902 realizzò un cantiere a Schio e costituì un'associazione - l'"Associazione in partecipazione per la costruzione e l'eventuale esercizio della prima aeronave" - con un capitale sociale di 100 mila lire. Nonostante lo scetticismo generale e tra enormi difficoltà, il progetto continuava.
Almerico riuscì a realizzare ogni singolo elemento del dirigibile, trovando e facendo costruire ogni elemento sia in Italia che all'estero. Realizzò quindi l'Aeronave Italia, il dirigibile più evoluto mai costruito fino a quel momento. L'aeronave si alzò in volo per la prima volta alle 5,40 del 17 giugno 1905 a Schio partendo dal prato della fattoria Caussa. Il 21, 27 e 28 giugno e il 1° luglio l'Italia volò ancora alla presenza della regina madre. Con alcune modifiche volò ancora, ma a causa della guerra e degli enormi costi del progetto, Almerico sciolse la società e, conclusa la guerra, dopo vari incidenti legati ai dirigibili avvenuti nel mondo, come molti altri si convinse definitivamente che il futuro del volo era dell'aeroplano. Tale convinzione era stata comunque da lui espressa già molto tempo prima, nel 1889 in un suo discorso all'Accademia Olimpica di Vicenza, intuendo che il dirigibile era solo il primo passo per il volo dell'uomo:
« Per ora dobbiamo accontentarci di voler dirigere i palloni che ci servono da dande come ai bambini ai primi passi. Di mano in mano che la meccanica progredirà, dandoci motori leggeri e forti, abbandoneremo mano mano il pallone, accostandoci al cosiddetto aeroplano che, procedendo rapido come fa il cervo volante o l'uccello ad ali tese, salirà, scenderà, si sosterrà in volo per l'impulso proprio e per reazione dell'aria sottostante. »
Alla sua morte, il ministro dell'aeronautica Italo Balbo inviò alla famiglia un telegramma ove scrisse:
« Gli aviatori d'Italia s'inchinano reverenti dinnanzi alla salma di Almerico da Schio, pioniere ed apostolo dell'arte del volo e inviano alla famiglia profonde espressioni di cordoglio. »
Nel 1925 e nel 2005 la città di Schio gli tributò onoranze e festeggiamenti rispettivamente nel 20° e 100° anniversario del volo.
Almerico da Schio si distinse in molte occasioni nella lotta contro l'Austria che occupava il Veneto e gli altri territori della Repubblica di Venezia dal trattato di Campoformio della fine del Settecento e il cui dominio, a parte il breve periodo napoleonico, sarebbe durato fino alla seconda guerra di indipendenza del 1866.
Quando nel 1930 al Reale Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti venne commemorata la figura di Almerico da Schio, il relatore trattò anche della sua fervente passione patriottica, parlando delle sue imprese contro gli oppressori austriaci nel periodo in cui era studente a Padova. Tra queste, quella in cui sabotò le comunicazioni telegrafiche tra l'Austria e Venezia per due volte (la seconda perché non era certo di aver conseguito lo scopo al primo tentativo):
« ...Non avendo avuto sentore degli effetti del proprio atto di sabotaggio telegrafico, decise di ripetere il tentativo, ma procedendo con un metodo più sicuro e sbrigativo. Uscito da Porta Codalunga insieme al collega d'ufficio, certo Baseggio, che doveva fare da palo durante la temeraria impresa, si diresse verso la ferrovia ed arrampicatosi su di un alto palo telegrafico ne tagliò di netto tutti i fili e poi scese a precipizio e non avendo più trovato il Baseggio, si diede ad una fuga pazza verso la città smarrendo nella corsa il cappello, che per poco non fu la causa del suo arresto.
Lo sdegno tra le autorità militari e politiche fu immenso per questo secondo attentato; si ordinarono ricerche scrupolose, si diramarono ordini severissimi per cogliere i furfanti che erano "exemplarich zu bestrafen", da punire in maniera esemplare. Ma la polizia non venne a capo di nulla e mai più essa avrebbe potuto immaginare che proprio un magistrato di quel tribunale, che doveva giudicare i rei di tanto misfatto, era l'autore di quel crimine esecrando!
Questo suo alto spirito patriottico Egli conservò gagliardo per tutta la vita... »
Almerico da Schio (Costozza di Longare, 25 novembre 1836 – Vicenza, 28 novembre 1930) è stato un accademico, scienziato e pioniere dell'aviazione italiano.
Durante gli anni dell'università si dedicò allo studio della matematica, alle scienze chimiche e meccaniche. Laureato in giurisprudenza all'Università di Padova nel 1860, dopo essersi iscritto come praticante nei tribunali di Padova e Venezia si dedicò ai suoi studi preferiti: l'astronomia, la meteorologia e aeronautica. Tra il 1858 e il 1860 fu assistente del prof. Virgilio Trettenero nella Specola astronomica di Padova e, dopo il 1865, direttore dell'Osservatorio e dell'ufficio meteorologico dell'Accademia Olimpica di Vicenza, facendolo diventare il miglior centro di osservazione meteo di tutta la provincia, realizzando stazioni meteorologiche in tutto il Veneto, Trentino ed Emilia.
Fu presidente dell'Accademia Olimpica dal 1895 fino alla morte; membro effettivo del Regio Istituto Veneto di Scienze, lettere ed arti e dell'Ateneo di Venezia, fece parte della Società Veneto-Tridentina di Scienze Naturali, della Società Geografica Italiana e di accademie italiane, pontificie ed estere. Collaborò nel progetto e nell'esecuzione dell'acquedotto di Schio. Dopo il 1866 fece parte del consiglio comunale di Schio e in quello stesso anno fu inviato dal sindaco scledense dal re Vittorio Emanuele II. Fu cittadino onorario di Schio.
Il suo interesse principale fu comunque quello per il volo e divenne uno dei pionieri dei dirigibili in campo internazionale. Nel 1884 conobbe il professor Pasquale Cordenons con cui cominciò il progetto del primo dirigibile italiano. Alla morte di Cordenons il progetto continuò con il fratello di questi, Federico, che però a sua volta abbandonò l'impresa poco dopo. Nonostante alcuni insuccessi, Almerico nel 1902 realizzò un cantiere a Schio e costituì un'associazione - l'"Associazione in partecipazione per la costruzione e l'eventuale esercizio della prima aeronave" - con un capitale sociale di 100 mila lire. Nonostante lo scetticismo generale e tra enormi difficoltà, il progetto continuava.
Almerico riuscì a realizzare ogni singolo elemento del dirigibile, trovando e facendo costruire ogni elemento sia in Italia che all'estero. Realizzò quindi l'Aeronave Italia, il dirigibile più evoluto mai costruito fino a quel momento. L'aeronave si alzò in volo per la prima volta alle 5,40 del 17 giugno 1905 a Schio partendo dal prato della fattoria Caussa. Il 21, 27 e 28 giugno e il 1° luglio l'Italia volò ancora alla presenza della regina madre. Con alcune modifiche volò ancora, ma a causa della guerra e degli enormi costi del progetto, Almerico sciolse la società e, conclusa la guerra, dopo vari incidenti legati ai dirigibili avvenuti nel mondo, come molti altri si convinse definitivamente che il futuro del volo era dell'aeroplano. Tale convinzione era stata comunque da lui espressa già molto tempo prima, nel 1889 in un suo discorso all'Accademia Olimpica di Vicenza, intuendo che il dirigibile era solo il primo passo per il volo dell'uomo:
« Per ora dobbiamo accontentarci di voler dirigere i palloni che ci servono da dande come ai bambini ai primi passi. Di mano in mano che la meccanica progredirà, dandoci motori leggeri e forti, abbandoneremo mano mano il pallone, accostandoci al cosiddetto aeroplano che, procedendo rapido come fa il cervo volante o l'uccello ad ali tese, salirà, scenderà, si sosterrà in volo per l'impulso proprio e per reazione dell'aria sottostante. »
Alla sua morte, il ministro dell'aeronautica Italo Balbo inviò alla famiglia un telegramma ove scrisse:
« Gli aviatori d'Italia s'inchinano reverenti dinnanzi alla salma di Almerico da Schio, pioniere ed apostolo dell'arte del volo e inviano alla famiglia profonde espressioni di cordoglio. »
Nel 1925 e nel 2005 la città di Schio gli tributò onoranze e festeggiamenti rispettivamente nel 20° e 100° anniversario del volo.
Almerico da Schio si distinse in molte occasioni nella lotta contro l'Austria che occupava il Veneto e gli altri territori della Repubblica di Venezia dal trattato di Campoformio della fine del Settecento e il cui dominio, a parte il breve periodo napoleonico, sarebbe durato fino alla seconda guerra di indipendenza del 1866.
Quando nel 1930 al Reale Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti venne commemorata la figura di Almerico da Schio, il relatore trattò anche della sua fervente passione patriottica, parlando delle sue imprese contro gli oppressori austriaci nel periodo in cui era studente a Padova. Tra queste, quella in cui sabotò le comunicazioni telegrafiche tra l'Austria e Venezia per due volte (la seconda perché non era certo di aver conseguito lo scopo al primo tentativo):
« ...Non avendo avuto sentore degli effetti del proprio atto di sabotaggio telegrafico, decise di ripetere il tentativo, ma procedendo con un metodo più sicuro e sbrigativo. Uscito da Porta Codalunga insieme al collega d'ufficio, certo Baseggio, che doveva fare da palo durante la temeraria impresa, si diresse verso la ferrovia ed arrampicatosi su di un alto palo telegrafico ne tagliò di netto tutti i fili e poi scese a precipizio e non avendo più trovato il Baseggio, si diede ad una fuga pazza verso la città smarrendo nella corsa il cappello, che per poco non fu la causa del suo arresto.
Lo sdegno tra le autorità militari e politiche fu immenso per questo secondo attentato; si ordinarono ricerche scrupolose, si diramarono ordini severissimi per cogliere i furfanti che erano "exemplarich zu bestrafen", da punire in maniera esemplare. Ma la polizia non venne a capo di nulla e mai più essa avrebbe potuto immaginare che proprio un magistrato di quel tribunale, che doveva giudicare i rei di tanto misfatto, era l'autore di quel crimine esecrando!
Questo suo alto spirito patriottico Egli conservò gagliardo per tutta la vita... »
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Re: Enrico Forlanini, Almerico da Schio e Corradino D'Ascanio
L'Aeronave Italia o Dirigibile Italia è stato il primo dirigibile italiano. Progettato e costruito dal conte Almerico da Schio, si alzò in volo il 17 giugno 1905 dalla città di Schio (Vicenza).
A quel tempo l'interesse per la tecnica aeronautica in Italia era scarso, quindi Almerico seguiva da vicino tutto ciò che avveniva all'estero nel campo dell'aerodinamica e la costruzione di aeromobili che si basava quasi completamente sulla realizzazione di palloni aerostatici. Poiché quindi non era possibile ottenere officine meccaniche adeguate ai suoi scopi, dovette ottenere la quasi totalità degli elementi necessari all'estero. Acquistò in Francia il gruppo motopropulsore, mentre fece arrivare dalla Germania il motore, che doveva essere leggero e potente. All'officina militare della Brigata specialisti del Genio affidò la costruzione dell'involucro del pallone mentre ricorse ad un meccanico di Schio per la costruzione delle parti meccaniche.
L'impresa richiedeva però lauti investimenti e molti fondi. Questo problema fu risolto da Almerico da Schio con la creazione di una società privata nel 1892, la Società per la costruzione e l'esercizio della prima aeronave finanziata da fondi propri e da oltre 300 soci partecipanti all'impresa. Vi parteciparono inoltre i Ministeri del commercio, dell'industria e della guerra, finanziando 1.600 lire, concorsero alla realizzazione delle apparecchiature necessaria per la produzione di idrogeno in loco e contribuirono alla costruzione dell'involucro. In totale l'impresa costò 150.000 lire.
Nonostante innumerevoli fallimenti, Almerico da Schio continuò nell'impresa modificandone i progetti finché, dopo aver risolto molti problemi, nel 1905 riuscì ad effettuare il primo volo. Dopo aver effettuato il primo volo assicurato ad una fune il 17 giugno 1905, il 21 dello stesso mese venne eseguito il primo volo libero sul quale A. da Schio scrisse: "...l'aeronave partiva libera in direzione sud sud-ovest. Salita di circa 400 metri si dimostrava ubbidiente alla mano del pilota e descrisse sui tetti di Schio numerose volute in tutti i sensi...". Il pilota di questi primi voli fu Ettore Cianetti, della Brigata Specialisti del Genio di Roma. Il primo luglio 1905 la Regina Margherita si recò in visita a Schio per assistere ai voli del dirigibile. Anch'essa partecipò alle spese di realizzazione con un finanziamento di 3.000 lire.
L'"Italia" presentava un involucro senza struttura interna di irrigidimento, lungo poco meno di 38 metri, e conteneva 1208 metri cubi di idrogeno. Presentava innumerevoli innovazioni tecnologiche poi brevettate da A. da Schio, come ad esempio una fascia elastica di gomma per permettere di aumentare il volume dell'involucro e di renderlo indeformabile al variare della quota di volo e della temperatura. Oppure gli aeropiani (chiamati anche timoni di profondità), siti in prua e in poppa della navicella, costituiti da superfici dal profilo arcuato ad inclinazione variabile rispetto alla linea di volo, che permettevano di dare maggiore stabilità e governabilità al dirigibile.
Successivamente ai primi voli, l' "Italia" venne equipaggiata con un nuovo motore italiano di maggior potenza, vennero realizzate alcune modifiche progettuali e continuò a volare fino al 1909.
Caratteristiche tecniche:
Aerostato
Lunghezza prua: 11,032 m
cilindro: 10,203 m
poppa: 16,408 m
totale: 37,78 m
Raggio: 3,792 m
Diametro: 7,944 m
Circonferenza : 24,955 m
Superfìcie di prua: 189,2 m2
cilindro: 256,9 m
poppa: 270,1 m
totale: 710,2 m
Sezione maestra: 49,56 m
Volume prua: 284,3 m3
cilindro :510,2 m3
poppa :413,9 m3
totale: 1208,4 m3
Raggio della sfera madre: 7,754 m
di poppa: 10,820 m
Meridiano di prua: 11,897 m
cilindro: 10,293 m
poppa: 16,995 m
totale: 39,185 m
Allungamento diametri: 4,75 m
Larghezza carena elastica: 1,40 m
Numero dei fuso: 31 m
Larghezza di un fuso: 0,805 m
Cono di prua massimo: 31°37'
minimo: 26° 54'
poppa massimo: 21°32'
minimo: 18°28'
Volume aerostato minimo: 902,9 m3
Allungamento diametri : 5,56
Gualdrappa [modifica]
Asse superiore: 27,492 m
Semiorlo anteriore: 4,698 m
posteriore: 0,596 m
inferiore: 20,05 m
Superfìcie: 356,61 m2
Stecca di legno: 52,40 m
Sospensioni [modifica]
Numero : 22
Lunghezza media: 5,75 m
Diametro: 2,7 mm
Mantigli [modifica]
Numero : 12
Lunghezza media: 6,69 m
Diametro: 1,2 mm
Pesi [modifica]
Involucro: 203 kg
Gualdrappa :55 kg
Valvole e funi: 15 kg
Carena: 30 kg
Sospensioni: 10 kg
Navicella completa: 450 kg
Cavo moderatore: 22 kg
Motore: 110 kg
Alberi: 13 kg
Ingranaggi: 18 kg
Radiatore: 20 kg
Benzina: 30 kg
Acqua: 20 kg
Elice: 32 kg
Timone: 4,5 kg
Aeropiani: 16 kg
Rivestimento: 10 kg
Totale: 785 kg
A quel tempo l'interesse per la tecnica aeronautica in Italia era scarso, quindi Almerico seguiva da vicino tutto ciò che avveniva all'estero nel campo dell'aerodinamica e la costruzione di aeromobili che si basava quasi completamente sulla realizzazione di palloni aerostatici. Poiché quindi non era possibile ottenere officine meccaniche adeguate ai suoi scopi, dovette ottenere la quasi totalità degli elementi necessari all'estero. Acquistò in Francia il gruppo motopropulsore, mentre fece arrivare dalla Germania il motore, che doveva essere leggero e potente. All'officina militare della Brigata specialisti del Genio affidò la costruzione dell'involucro del pallone mentre ricorse ad un meccanico di Schio per la costruzione delle parti meccaniche.
L'impresa richiedeva però lauti investimenti e molti fondi. Questo problema fu risolto da Almerico da Schio con la creazione di una società privata nel 1892, la Società per la costruzione e l'esercizio della prima aeronave finanziata da fondi propri e da oltre 300 soci partecipanti all'impresa. Vi parteciparono inoltre i Ministeri del commercio, dell'industria e della guerra, finanziando 1.600 lire, concorsero alla realizzazione delle apparecchiature necessaria per la produzione di idrogeno in loco e contribuirono alla costruzione dell'involucro. In totale l'impresa costò 150.000 lire.
Nonostante innumerevoli fallimenti, Almerico da Schio continuò nell'impresa modificandone i progetti finché, dopo aver risolto molti problemi, nel 1905 riuscì ad effettuare il primo volo. Dopo aver effettuato il primo volo assicurato ad una fune il 17 giugno 1905, il 21 dello stesso mese venne eseguito il primo volo libero sul quale A. da Schio scrisse: "...l'aeronave partiva libera in direzione sud sud-ovest. Salita di circa 400 metri si dimostrava ubbidiente alla mano del pilota e descrisse sui tetti di Schio numerose volute in tutti i sensi...". Il pilota di questi primi voli fu Ettore Cianetti, della Brigata Specialisti del Genio di Roma. Il primo luglio 1905 la Regina Margherita si recò in visita a Schio per assistere ai voli del dirigibile. Anch'essa partecipò alle spese di realizzazione con un finanziamento di 3.000 lire.
L'"Italia" presentava un involucro senza struttura interna di irrigidimento, lungo poco meno di 38 metri, e conteneva 1208 metri cubi di idrogeno. Presentava innumerevoli innovazioni tecnologiche poi brevettate da A. da Schio, come ad esempio una fascia elastica di gomma per permettere di aumentare il volume dell'involucro e di renderlo indeformabile al variare della quota di volo e della temperatura. Oppure gli aeropiani (chiamati anche timoni di profondità), siti in prua e in poppa della navicella, costituiti da superfici dal profilo arcuato ad inclinazione variabile rispetto alla linea di volo, che permettevano di dare maggiore stabilità e governabilità al dirigibile.
Successivamente ai primi voli, l' "Italia" venne equipaggiata con un nuovo motore italiano di maggior potenza, vennero realizzate alcune modifiche progettuali e continuò a volare fino al 1909.
Caratteristiche tecniche:
Aerostato
Lunghezza prua: 11,032 m
cilindro: 10,203 m
poppa: 16,408 m
totale: 37,78 m
Raggio: 3,792 m
Diametro: 7,944 m
Circonferenza : 24,955 m
Superfìcie di prua: 189,2 m2
cilindro: 256,9 m
poppa: 270,1 m
totale: 710,2 m
Sezione maestra: 49,56 m
Volume prua: 284,3 m3
cilindro :510,2 m3
poppa :413,9 m3
totale: 1208,4 m3
Raggio della sfera madre: 7,754 m
di poppa: 10,820 m
Meridiano di prua: 11,897 m
cilindro: 10,293 m
poppa: 16,995 m
totale: 39,185 m
Allungamento diametri: 4,75 m
Larghezza carena elastica: 1,40 m
Numero dei fuso: 31 m
Larghezza di un fuso: 0,805 m
Cono di prua massimo: 31°37'
minimo: 26° 54'
poppa massimo: 21°32'
minimo: 18°28'
Volume aerostato minimo: 902,9 m3
Allungamento diametri : 5,56
Gualdrappa [modifica]
Asse superiore: 27,492 m
Semiorlo anteriore: 4,698 m
posteriore: 0,596 m
inferiore: 20,05 m
Superfìcie: 356,61 m2
Stecca di legno: 52,40 m
Sospensioni [modifica]
Numero : 22
Lunghezza media: 5,75 m
Diametro: 2,7 mm
Mantigli [modifica]
Numero : 12
Lunghezza media: 6,69 m
Diametro: 1,2 mm
Pesi [modifica]
Involucro: 203 kg
Gualdrappa :55 kg
Valvole e funi: 15 kg
Carena: 30 kg
Sospensioni: 10 kg
Navicella completa: 450 kg
Cavo moderatore: 22 kg
Motore: 110 kg
Alberi: 13 kg
Ingranaggi: 18 kg
Radiatore: 20 kg
Benzina: 30 kg
Acqua: 20 kg
Elice: 32 kg
Timone: 4,5 kg
Aeropiani: 16 kg
Rivestimento: 10 kg
Totale: 785 kg
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Re: Enrico Forlanini, Almerico da Schio e Corradino D'Ascanio
Corradino D'Ascanio:
Corradino D'Ascanio (Popoli (Italia), 1º febbraio 1891 – Pisa, 6 agosto 1981) è stato un ingegnere italiano.
La sua passione per l'allora primordiale scienza aeronautica fu precoce. All'età di 15 anni progettò (dopo aver studiato le tecniche di volo e le proporzioni tra peso e apertura alare di alcuni volatili) e costruì una sorta di deltaplano, che usò per lanci sperimentali effettuati da colline nei pressi della sua città natale.
Laureatosi nel 1914 in ingegneria industriale meccanica al Politecnico di Torino, si arruolò volontario nell'Arma del Genio, nella divisione "Battaglione Aviatori" della città piemontese, dove viene assegnato al collaudo dei motori. Venne poi nominato sottotenente il 21 marzo 1915, e inviato in Francia per scegliere un motore rotativo da produrre in Italia; così inizia la produzione dei motori "La Rhone". Scoppia la Prima guerra mondiale e D'Ascanio segue un breve corso di pilotaggio per Maurice Farman MF 1914, concluso senza aver conseguito il brevetto a causa dei molteplici impegni che lo assorbivano in quel periodo. Venne destinato al fronte per occuparsi di manutenzione e sorveglianza del materiale assegnato alle squadriglie di volo, riparando circa 50 velivoli bloccati a terra dal congelamento dell'olio. Nel 1916 entrò nell'Ufficio Tecnico della Società per costruzioni aeronautiche Pomilio (in quegli anni impegnata nella fabbricazione degli apparecchi S.P.2, Tipo C, Tipo D e altri), con la quale poi si trasferì, al servizio della neonata "Pomilio Brothers Corporation", a Indianapolis, negli Stati Uniti, per un anno (dal 1918 al 1919).
Successivamente insediò uno studio tecnico a Popoli (PE), realizzando brevetti di vario genere. Nel 1925 fondò una Società con il barone Pietro Trojani, con la quale realizzò il suo elicottero. Il terzo prototipo, il D'AT3, commissionato dal Ministero dell'Aeronautica, pilotato dal maggiore pilota collaudatore Marinello Nelli, conquistò nell'ottobre del 1930 tre primati di altezza, distanza e durata in volo che rimarranno imbattuti per alcuni anni, ma non ebbe commesse di produzione.
Sciolta la società, nel 1932 D'Ascanio entrò nella Piaggio-aeronautica. Dall'ante-guerra fino al periodo post-bellico contribuì in maniera determinante nei progetti aeronautici. Alla fine della grande guerra Enrico Piaggio ebbe la geniale intuizione: costruire un motociclo, a basso costo, in pratica accessibile a tutti. Affidò il compito della progettazione a D'Ascanio che ideò così la Vespa. Il primo modello del leggendario motociclo, la 98, fa la sua comparsa ufficiale nel 1946 quando viene esposto al salone del ciclo e motociclo di Milano. Nei 50 anni della sua storia la Vespa diverrà lo scooter più famoso al mondo con 16 milioni di esemplari prodotti in 130 modelli diversi al 2005.
In occasione dei 25 anni dalla sua scomparsa, il giornalista abruzzese Sandro Marinacci ha realizzato il libro "Il volo della Vespa". Nel testo viene tracciato l'aspetto umano di "un genio italiano incompreso". È un ampio studio frutto di una meticolosa ricerca condotta sia presso gli archivi sia presso coloro che hanno conosciuto Corradino D'Ascanio. Marinacci nella stesura del suo libro ha utilizzato uno stile semplice ed immediato. Il profilo biografico tracciato è avvicente come un romanzo e consegna agli appassionati aeronautici e scooteristi una figura affascinante di uomo semplice e schivo.
D'Ascanio ebbe un grande rammarico: è passato alla storia come l'ideatore della Vespa, ma pochi ricordano che è stato anche l'inventore dell'elicottero.
Corradino D'Ascanio (Popoli (Italia), 1º febbraio 1891 – Pisa, 6 agosto 1981) è stato un ingegnere italiano.
La sua passione per l'allora primordiale scienza aeronautica fu precoce. All'età di 15 anni progettò (dopo aver studiato le tecniche di volo e le proporzioni tra peso e apertura alare di alcuni volatili) e costruì una sorta di deltaplano, che usò per lanci sperimentali effettuati da colline nei pressi della sua città natale.
Laureatosi nel 1914 in ingegneria industriale meccanica al Politecnico di Torino, si arruolò volontario nell'Arma del Genio, nella divisione "Battaglione Aviatori" della città piemontese, dove viene assegnato al collaudo dei motori. Venne poi nominato sottotenente il 21 marzo 1915, e inviato in Francia per scegliere un motore rotativo da produrre in Italia; così inizia la produzione dei motori "La Rhone". Scoppia la Prima guerra mondiale e D'Ascanio segue un breve corso di pilotaggio per Maurice Farman MF 1914, concluso senza aver conseguito il brevetto a causa dei molteplici impegni che lo assorbivano in quel periodo. Venne destinato al fronte per occuparsi di manutenzione e sorveglianza del materiale assegnato alle squadriglie di volo, riparando circa 50 velivoli bloccati a terra dal congelamento dell'olio. Nel 1916 entrò nell'Ufficio Tecnico della Società per costruzioni aeronautiche Pomilio (in quegli anni impegnata nella fabbricazione degli apparecchi S.P.2, Tipo C, Tipo D e altri), con la quale poi si trasferì, al servizio della neonata "Pomilio Brothers Corporation", a Indianapolis, negli Stati Uniti, per un anno (dal 1918 al 1919).
Successivamente insediò uno studio tecnico a Popoli (PE), realizzando brevetti di vario genere. Nel 1925 fondò una Società con il barone Pietro Trojani, con la quale realizzò il suo elicottero. Il terzo prototipo, il D'AT3, commissionato dal Ministero dell'Aeronautica, pilotato dal maggiore pilota collaudatore Marinello Nelli, conquistò nell'ottobre del 1930 tre primati di altezza, distanza e durata in volo che rimarranno imbattuti per alcuni anni, ma non ebbe commesse di produzione.
Sciolta la società, nel 1932 D'Ascanio entrò nella Piaggio-aeronautica. Dall'ante-guerra fino al periodo post-bellico contribuì in maniera determinante nei progetti aeronautici. Alla fine della grande guerra Enrico Piaggio ebbe la geniale intuizione: costruire un motociclo, a basso costo, in pratica accessibile a tutti. Affidò il compito della progettazione a D'Ascanio che ideò così la Vespa. Il primo modello del leggendario motociclo, la 98, fa la sua comparsa ufficiale nel 1946 quando viene esposto al salone del ciclo e motociclo di Milano. Nei 50 anni della sua storia la Vespa diverrà lo scooter più famoso al mondo con 16 milioni di esemplari prodotti in 130 modelli diversi al 2005.
In occasione dei 25 anni dalla sua scomparsa, il giornalista abruzzese Sandro Marinacci ha realizzato il libro "Il volo della Vespa". Nel testo viene tracciato l'aspetto umano di "un genio italiano incompreso". È un ampio studio frutto di una meticolosa ricerca condotta sia presso gli archivi sia presso coloro che hanno conosciuto Corradino D'Ascanio. Marinacci nella stesura del suo libro ha utilizzato uno stile semplice ed immediato. Il profilo biografico tracciato è avvicente come un romanzo e consegna agli appassionati aeronautici e scooteristi una figura affascinante di uomo semplice e schivo.
D'Ascanio ebbe un grande rammarico: è passato alla storia come l'ideatore della Vespa, ma pochi ricordano che è stato anche l'inventore dell'elicottero.
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Re: Enrico Forlanini, Almerico da Schio e Corradino D'Ascanio
13 ottobre 1930: un elicottero italiano da record:
Sulla pista dell'aeroporto di Ciampino si alza in volo il primo elicottero italiano perfettamente funzionante: è il D'AT3, progettato e costruito dall'ingegner Corradino D'Ascanio e guidato dal maggiore Marinello Nelli. La macchina conquista l'8 ottobre 1930 il primato di durata in volo (8' 45"), il 10 il record di distanza (1.079 metri in linea retta) e il 13, con il massimo risalto dato dalla stampa, quello di altezza (18 metri), primati che rimarranno imbattuti per alcuni anni.
Chi è Corradino D'Ascanio:
Corradino D'Ascanio, ingegnere quarantenne, nato a Popoli, in provincia di Pescara, nel 1891, è approdato a questi traguardi dopo anni di esperimenti e di studi. Quel velivolo all'apparenza semplice ha avuto una gestazione molto più lunga di quella dell'aeroplano, per gli innumerevoli problemi statici e aerodinamici creati dal particolare tipo di movimento. Nel 1925 D'Ascanio ha fondato una società con il barone Pietro Trojani, che ha messo a disposizione le sue sostanze. I primi prototipi D'AT1 e D'AT2 riescono a sollevarsi solo di pochi centimetri e poi ricadono al suolo. Il terzo, costruito a Ciampino, è invece vincente, ma il D'AT3 resterà solo un prototipo perché il Governo italiano si dimostra ottusamente poco interessato agli sviluppi dell'elicottero. Nel '32 la Società D'Ascanio-Trojani, avendo esaurito le disponibilità finanziarie, si scioglie e l'ingegnere abruzzese progetta un'elica a passo variabile. La Piaggio, che cerca un esperto di eliche, lo assume e gli consente, nel '39, di costruire due elicotteri, il PD1 e il PD2, che saranno però distrutti nel '43 in un bombardamento.
L'ingegnere inventa la Vespa
D'Ascanio è un eclettico. Nella primavera del '46, anno di rinascita e di rinnovamento, viene presentato nelle grandi città un veicolo a due ruote, inedito e stravagante. Pesa 60 chili, va a miscela al 5% e dentro ha un motore da 98 cc che presto diventeranno 125: è la Vespa, progettata da D'Ascanio e prodotta dalla Piaggio, 80mila lire per un sogno di libertà a 60 chilometri all'ora. La Vespa, e la rivale Lambretta, della Innocenti, si dividono i favori degli scooteristi italiani. Si formano i vespisti e i lambrettisti, due clan agguerriti e pronti a profondersi in argomentazioni serrate per difendere il proprio gioiello. Nel '49 gli scooter sono già 100mila, nel '54 saranno 800mila, sinonimo di freschezza, libertà, sorriso, simbolo di piccolo benessere, discreti e scattanti, utili e rassicuranti, economici e maneggevoli, interclassisti e spartani, spola ideale per tessere la rete elementare delle comunicazioni italiane.
L'ultimo progetto
Nel '64 D'Ascanio, ormai anziano, lascia la Piaggio e collabora come consulente al gruppo Agusta di Cascina Costa, che aveva avviato nel '53 l'industrializzazione degli elicotteri in Italia con la produzione su licenza Bell dell'Ab47. L'ultimo "parto" dell'ingegnere è un piccolo elicottero da addestramento, l'Ada, che, opportunamente modificato, potrebbe essere destinato all'agricoltura. Il vertice Agusta ci riflette, poi lascia cadere il progetto
Due altre immagini del D'AT3.
Sulla pista dell'aeroporto di Ciampino si alza in volo il primo elicottero italiano perfettamente funzionante: è il D'AT3, progettato e costruito dall'ingegner Corradino D'Ascanio e guidato dal maggiore Marinello Nelli. La macchina conquista l'8 ottobre 1930 il primato di durata in volo (8' 45"), il 10 il record di distanza (1.079 metri in linea retta) e il 13, con il massimo risalto dato dalla stampa, quello di altezza (18 metri), primati che rimarranno imbattuti per alcuni anni.
Chi è Corradino D'Ascanio:
Corradino D'Ascanio, ingegnere quarantenne, nato a Popoli, in provincia di Pescara, nel 1891, è approdato a questi traguardi dopo anni di esperimenti e di studi. Quel velivolo all'apparenza semplice ha avuto una gestazione molto più lunga di quella dell'aeroplano, per gli innumerevoli problemi statici e aerodinamici creati dal particolare tipo di movimento. Nel 1925 D'Ascanio ha fondato una società con il barone Pietro Trojani, che ha messo a disposizione le sue sostanze. I primi prototipi D'AT1 e D'AT2 riescono a sollevarsi solo di pochi centimetri e poi ricadono al suolo. Il terzo, costruito a Ciampino, è invece vincente, ma il D'AT3 resterà solo un prototipo perché il Governo italiano si dimostra ottusamente poco interessato agli sviluppi dell'elicottero. Nel '32 la Società D'Ascanio-Trojani, avendo esaurito le disponibilità finanziarie, si scioglie e l'ingegnere abruzzese progetta un'elica a passo variabile. La Piaggio, che cerca un esperto di eliche, lo assume e gli consente, nel '39, di costruire due elicotteri, il PD1 e il PD2, che saranno però distrutti nel '43 in un bombardamento.
L'ingegnere inventa la Vespa
D'Ascanio è un eclettico. Nella primavera del '46, anno di rinascita e di rinnovamento, viene presentato nelle grandi città un veicolo a due ruote, inedito e stravagante. Pesa 60 chili, va a miscela al 5% e dentro ha un motore da 98 cc che presto diventeranno 125: è la Vespa, progettata da D'Ascanio e prodotta dalla Piaggio, 80mila lire per un sogno di libertà a 60 chilometri all'ora. La Vespa, e la rivale Lambretta, della Innocenti, si dividono i favori degli scooteristi italiani. Si formano i vespisti e i lambrettisti, due clan agguerriti e pronti a profondersi in argomentazioni serrate per difendere il proprio gioiello. Nel '49 gli scooter sono già 100mila, nel '54 saranno 800mila, sinonimo di freschezza, libertà, sorriso, simbolo di piccolo benessere, discreti e scattanti, utili e rassicuranti, economici e maneggevoli, interclassisti e spartani, spola ideale per tessere la rete elementare delle comunicazioni italiane.
L'ultimo progetto
Nel '64 D'Ascanio, ormai anziano, lascia la Piaggio e collabora come consulente al gruppo Agusta di Cascina Costa, che aveva avviato nel '53 l'industrializzazione degli elicotteri in Italia con la produzione su licenza Bell dell'Ab47. L'ultimo "parto" dell'ingegnere è un piccolo elicottero da addestramento, l'Ada, che, opportunamente modificato, potrebbe essere destinato all'agricoltura. Il vertice Agusta ci riflette, poi lascia cadere il progetto
Due altre immagini del D'AT3.
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Re: Enrico Forlanini, Almerico da Schio e Corradino D'Ascanio
Pietro Troiani
Il barone Pietro Troiani è nato a Pescosansonesco il 19 maggio 1885 da Giovanni Troiani e Mucci Maria. Sui registri comunali risulta essere di professione "proprietario", così erano definiti all'epoca i latifondisti. Uomo estremamente aperto alla modernità ed alle innovazioni tecnologiche e quando conobbe l'Ing. Corradino D'Ascanio, della vicina Popoli, rimase favorevolmente colpito dalla preparazione e dalla genialità di quel tecnico. Capì che l'idea del D'Ascanio di realizzare l'elicottero avrebbe segnato una tappa importante per lo sviluppo dell'intero pianeta e finanziò l'ambizioso progetto. La partecipazione del Barone Troiani alla realizzazione di quella grande idea fu totale ed appassionata. Nel maggio del 1926 il primo elicottero D'AT1 tenta di volare nel cortile dello stabilimento delle Fonderie Camplone di Pescara, ma il velivolo dopo essersi sollevato di circa trenta centimetri si abbatte al suolo per la rottura delle pale dell'elica inferiore. Viene ricostruito ed è denominato D'AT2, ma ugualmente la macchina non riuscì a sollevarsi adeguatamente e nel ricadere a terra ferì in modo non grave il barone Troiani. Purtroppo per lui, dopo aver dato fondo a tutti i suoi averi, non riesce a sostenere ulteriori spese ed è costretto a ritirarsi dal progetto, che comunque alla fine sarà realizzato anche grazie all'impegno determinante di questo lungimirante uomo.
Il barone Pietro Troiani è nato a Pescosansonesco il 19 maggio 1885 da Giovanni Troiani e Mucci Maria. Sui registri comunali risulta essere di professione "proprietario", così erano definiti all'epoca i latifondisti. Uomo estremamente aperto alla modernità ed alle innovazioni tecnologiche e quando conobbe l'Ing. Corradino D'Ascanio, della vicina Popoli, rimase favorevolmente colpito dalla preparazione e dalla genialità di quel tecnico. Capì che l'idea del D'Ascanio di realizzare l'elicottero avrebbe segnato una tappa importante per lo sviluppo dell'intero pianeta e finanziò l'ambizioso progetto. La partecipazione del Barone Troiani alla realizzazione di quella grande idea fu totale ed appassionata. Nel maggio del 1926 il primo elicottero D'AT1 tenta di volare nel cortile dello stabilimento delle Fonderie Camplone di Pescara, ma il velivolo dopo essersi sollevato di circa trenta centimetri si abbatte al suolo per la rottura delle pale dell'elica inferiore. Viene ricostruito ed è denominato D'AT2, ma ugualmente la macchina non riuscì a sollevarsi adeguatamente e nel ricadere a terra ferì in modo non grave il barone Troiani. Purtroppo per lui, dopo aver dato fondo a tutti i suoi averi, non riesce a sostenere ulteriori spese ed è costretto a ritirarsi dal progetto, che comunque alla fine sarà realizzato anche grazie all'impegno determinante di questo lungimirante uomo.
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