C'era una volta......

Area dedicata all'Aviazione Storica. Aerei vintage, vecchie Compagnie e imprese del passato

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i-daxi
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C'era una volta......

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La presenza del motorista di volo a bordo dei plurimotori dell'aviazione commerciale ha caratterizzato l'intera fase di sviluppo del trasporto aereo fino all'arrivo dei reattori, quando a quel terzo uomo in caina di pilotaggio é stato tolto il controllo dei motopropulsori e, ridefinendolo tecnico di volo, gli sono state affidate mansioni più generali di "gestore degli impianti" non più attinenti alla guida diretta degli aeromobili.
Prima di allora il motorista, dal suo sediolo sistemato in mezzo alle due poltrone dei piloti ai comandi, aveva avuto il dominio esclusivo delle manette dei motori e delle leve per regolare il passo delle eliche su cui impostava i valori di potenza o il numero di giri richiesti volta a volta dai piloti e, talvolta, anche se non richiesti, ma necessari per contrastare uno scadimento o un eccesso di velocità della macchina non ancora avvertito da chi stava alla guida.
Professionisti esperti che avevano stabilito con i vari comandanti sodalizi durevoli, spesso risalenti ai tempi della loro uguale giovinezza, cementati da esperienze comuni e complicità operative poi rafforzatisi nei mille episodi in cui avevano risciato assieme la pelle durante l'ultima guerra.
Quando passavamo dalla "stanza uno" per dare un'occhiata alla composizione dei turni di servizio nelle linee della settimana c'era infatti da star sicuri che al nome di un determinato capo equipaggio corrispondeva, quasi sempre invariabilmente, quello del motorista di fiducia.
Al quale, non di rado, lo stesso comandante si rivolgeva per avere informazioni sull'affidabbilità dei secondi piloti che, eventualmente, si ritrovava per la prima volta in equipaggio.
Personaggi di spessore, non vi é dubbio, che noi giovani tenevamo in gran conto e non soltanto quando, durante i voli di controllo sul campo, nel corso delle piantate di motore fatte per addestramento o degli impegnativi avvicinamenti strumentali "in tendina", si dimostravano disponibili a darci bonariamente una mano pareggiando al millimetro la potenza dei motori anticipando una "spuntatina" di gas al momento opportuno.

E che ci deliziavano con i loro ricordi alla "c'era una volta", e di quando durante il volo erano usciti sull'ala per rinforzare un tirante o rimuovere delle incrostazioni di ghiaccio dai bordi di attacco, o di quando avevano dovuto infilarsi dentro botole e pertugi di bordo, mentre, intendiamoci bene, l'aereo stava precipitando, per riportare impianti o disintasare filtri e serbatoi.
Uno di questi era Quinto Comisso.
Un friulano schietto ed arguto che era sempre un piacere trovarsi in equipaggio; sulla faccia che aveva larga spiccavano gli occhi di un trasparente celeste.
Aveva fatto la guerra a bordo degli aerosiluranti, "Qualche piccola ferita .... qualche medaglia .... ma niente a che vedere rispetto a quelle che si sono guadagnate Natali o Stagliano", ricordava con modestia, citando quei due suoi colleghi che, dopo il conflitto, erano venuti anch'essi a volare come motoristi all'Alitalia.
Lui, l'avventura più singolare l'aveva vissuta nella primavera del 1941 durante una delle prime azioni di aerosiluramento notturno contro una squadra di incrociatori inglesi che si trovavano alla fonda nel minutissimo porto di Bougie, sulla costa algerina, dove, qualche tempo dopo, sarà abattuto lo stesso comandante Buscaglia.
Si trovava come motorista a bordo di un SM-79 il "Gobbo Volante", facendo parte di una nutrita formazione di quei trimotori, piuttosto veloci, ma fatti di legno compensato e di tela, a cui, dati i tempi, erano state affidate le italiche sorti nei cieli.
Bisognava arrivare all'obiettivo, scaricare bombe e siluri in tutta fretta e poi rientrare alla base protetti dal buio notturno; ma grande fù la meraviglia, e la fifa, di tutto il suo equipaggio, quando quella notte, e prima ancoora di arrivare sul bersaglio, furono accolti da un infernale fuoco di sbarramento.
Un tiro incrociato di tutte le batterie contraeree delle navi alla fonda e delle difese portuali che sembrava diretto solo contro il loro aeroplano e che infiocchettava l'aria dintorno con le nuvolette maligne delle pallottole esplosive.

Presi di mira da quella sparatoria terrificante, riuscirono a cavarsela a stento, seminando i loro siluri un po' a caso e rientrando con l'aereo foracchiato in più punti sul campo di Castelvetrano, in Sicilia, da cui erano partiti.so.
L'SM-79, per comandare l'accensione del faro di atterraggio posto sul ventre dell'aereo, disponeva di un interruttore piuttosto lungo sporgente dalla plancia della cabina di pilotaggio; e Comisso, dopo il decollo, protendendosi in avanti per regolare i giri dei motori lo aveva inavvertitamente spostato da "spento" ad acceso", dove era rimasto per tutto il volo, facendo diventare quell'aeroplano il bersaglio più evidente e invitante che mai fosse apparso sulla testa della flotta inglese.
Dove si resero conto di cosa era successo.
L'SM-79, per comandare l'accensione del faro di atterraggio posto sul ventre dell'aereo, disponeva di un interruttore piuttosto lungo sporgente dalla plancia della cabina di pilotaggio; e Comisso, dopo il decollo, protendendosi in avanti per regolare i giri dei motori lo aveva inavvertitamente spostato da "spento" ad "acceso", dove era rimasto durante tutto il volo, facendo diventare quell'aeroplano il bersaglio più evidente e invitante che mai fosse apparso sulla testa della flotta inglese.

http://www.cmpr.it/memorie/dal%20diario ... nnuoli.htm
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Re: C'era una volta......

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Un'altro bel tipo, e professionista eccellente, era Danilo Sabatini fra i primi motoristi assunti dalle Aerolinee Italiane Internazionali, come si chiamava allora l'Alitalia.
Di vicessitudini ne aveva passate parecchie sia da militare che dopo; ma quella del "volo speciale in Rhodesia" é decisamente fuori dal comune.
Sentite come ce la racconta:

"Quel volo era stato richiesto per trasportare una comitiva di trenta emigranti, forse in vista dell'imminente cambiamento politico in Egitto, dal Cairo fino in Rhodesia.
Con il comandante Alfredo Savelli c'era il primo ufficiale Francesco Betteloni, il marconista Giovanni Angioletti, il motorista Vittorio Volpi ed io come motorista aggiunto; avevamo in equipaggio anche uno steward di cui ora non ricordo il nome.
L'aereo era l'SM-95 I-DALO nuovo di zecca, arrivato dalla fabbrica appena due o tre giorni prima di quell'8 novembre 1947.
Le tratte previste erano: Cairo - Khartoum, Khartoum - Nairobi, Nairobi - Salisbury, e ritorno con tappe sugli stessi scali per il rientro definitivo a Roma.
Ma non andò così.
Partiamo dal Cairo per Khartoum, ma giunti da quelle parti non ci fù dato il permesso di atterrare perché in quel periodo, al Cairo, c'era un epidemia di colera; riuscimmo ad strappare il permesso di scendere sul campo di Uadi Alfa dove, appena sbarcati dall'aereo, venimmo tutti immediatamente isolati in quarantena.
Poiché nell'ultima parte del volo si era manifestata un'avaria all'apparato radio, durante la notte io e il marconista saltammo da una finestra e, senza farci vedere, raggiungemmo il nostro aereo dove con l'aiuto di un tecnico inglese riparammo il guasto: tengo a precisare che l'unico dell'equipaggio che capiva e parlava l'inglese era il radiotelegrafista.

L'indomani, dopo che le autorità locali si convinsero che nessuno di noi aveva il colera, ripartimmo per Khartoum e quindi per Nairobi; ma anche in questo trasferimento successe qualcosa che ci costrinse a uno scalo intermedio a Juba.
Finalmente arrivammo a Nairobi e, dopo il transito, nuovo decollo alla volta di Salisbury; quando però arrivammo nei pressi di questa città finimmo dentro uno spaventoso temporale tropicale con turbolenza e scossoni talmente forti che tutti i passeggeri si sentirono male.
Il tempo non accennava a migliorare e non sapevamo di preciso neanche qual'era la nostra posizione; appena il Comandante riuscì a intravedere sotto di noi uno spiazzo adatto per un atterraggio precauzionale vi atterrò, fortunatamente bene, senza sbattere contro nessun termitaio.
Quando, come Dio volle riuscimmo a fermarci, spegnemmo i motori, ma prima di scendere dall'aereo aspettammo che si facesse vedere qualcuno; continuava a piovere a dirotto, ma dopo alcuni minuti arrivarono cinque o sei indigeni che cominciarono a girarci attorno incuriositi, com se non avessero mai visto un aeroplano così da vicino.
Dopo un po' se ne andarono, per rifarsi vivi però subito dopo con un gruppo delle loro donne che si misero anch'esse a guardarci come se fossimo animali strani e bizzarri; poi andarono tutti via definitivamente.
Passarono altri dieci minuti prima che arrivasse un'automobile guidata da un giovane bianco; a questo punto scendemmo dall'aereo.
Il ragazzo si presentò come il figlio del proprietario del terreno su cui eravamo atterrati e si interessò di avvisare le autorità locali di un piccolo aeroporto commerciale denominato "Belvedere" distante una ventina di chilometri.
Ben presto giunsero degli automezzi che trasferirono i passeggeri in albergo; noi dell'equipaggio preferimmo invece restare sul velivolo finché non arrivarono dei poliziotti che si assunsero il compito di sorvegliarlo.
Oramai si era fatto buio e andammo anche noi in albergo.

Il mattino seguente fummo convocati dai funzionari dell'aviazione locale per avere informazioni sul nostro volo, poi raggiungemmo l'aereo che, miracolosamente, non aveva riportato alcun danno.
Aiutati dalle splendide condizioni atmosferiche e da un terreno che si prestava alla perfezione, dopo aver sbarcato tutto il materiale non indispensabile, il comandante Savelli e Volpi, uniche due persone a bordo, riuscirono a far decollare I-DALO; il distacco fu facilitato anche dal poco peso del carburante rimasto nei serbatoi, appena data tutta potenza ai motori, dopo pochi metri l'aereo alzò la coda e dopo qualche altro centinaio si trovava stabilmente per aria
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Re: C'era una volta......

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(continua)

Il gruppetto di inglesi che ci avevano accompagnato fin lì guardavano increduli ciò che stava succedendo: per loro, infatti, l'unico modo per andarsene da quel posto sarebbe stato di smontare la macchina pezzo per pezzo.
Ci rincontrammo tutti di nuovo all'aeroporto "Belvedere" e, risistemati gli arredi e le scorte di bordo, rientrammo in albergo.
Nella sala da pranzo trovammo un bel gruppo di connazionali ad attenderci; avevano letto sul giornale del mattino ("The Rhodesia Herald" di sabato 22 novembre 1947) la notizia della nostra avventura ed erano accorsi per festeggiarci e per avere notizie dall'Italia di cui non sapevano niente dall'inizio della guerra.
Tutti ci volevano con loro; alla sera fummo ospiti nella villa di un ricco genovese, proprietario di due miniere d'oro.
Quando ci salutammo regalò a ciascuno di noi un pezzo di quarzo aurifero che io conservo ancora come ricordo.
L'indomani, naturalmente senza carico, ripartimmo dapprima per Salisbury e, successivamente, per Nairobi dove pernottammo e cambiammo le candele di tutti e quattro i motori come di norma allora dopo un certo numero di ore di volo.
Nella tratta successiva, da Nairobi a Khartoum, incontrammo la sorpresa, pervenutaci via radio, di dover scendere sullo scalo di El Fasher dove un altro SM-95 della compagnia era stato costretto a un atterraggio di emergenza per l'avaria di un gruppo motopropulsore; prendemmo a bordo i passeggeri di quel volo e proseguimmo per Khartoum e il Cairo dove ci fermammo a riposare.

Il 25 novembre, di buonora, decollavamo alla volta di Roma.
Ma gli accidenti non erano ancora finiti; non era infatti passata neanche un'ora che un penetrante odore di benzina riempì l'intera cabina passeggeri.
Nell'ispezione che seguì scoprimmo che il tappeto del pavimento, all'altezza della semiala sinistra, era impregnato di carburante; in quella zona esiste un pannello di accesso, ma per toglierlo bisognava prima smontare due poltrone; lavoro non agevole durante il volo e anche pericoloso per il fascio dei cavi elettrici che passano lì sotto.
Comunque io e Volpi riuscimmo a levare i sedili e a rimuovere senza danni il pannello.
Scoprimmo così che si era completamente allentata la ghiera del bocchettone dove passa il cavo per misurare il livello di benzina nei serbatoi, il telelevel; la riavvitammo fino in fondo e la perdita fu eliminata.
Atterrammo a Ciampino alle 14 e 30.
A tutti coloro che ci attorniarono per domandarci come era andata rispondemmo, "Benissimo!".
Non era vero, forse?".
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