Perdeva carburante dai suoi sei serbatoi interni per via del fatto che essi diventavano completamente stagni solo quando tutto l'aereo si scaldava per via dell'attrito con l'aria, quindi decollava quasi a secco primo perchè era più leggero, secondo perchè più carburante ci mettevano e più ne avrebbe sprecato, sgocciolandolo sulla pista. Il carburante JP-7 del "Merlo" era un carburante speciale altamente raffinato e NON era a buon mercato.
Essendo "speciale", primo, non solo alimentava i motori, ma entrava anche a far parte del loro sistema idraulico; secondo, aveva la proprietà di assorbire calore quando l'aereo filava a Mach-3 e quindi di fatto era un liquido di raffreddamento e, terzo, la sua composizione molecolare faceva sì che quando si incendiava nei bruciatori il JP-7 avesse un basso potere di trasferimento del calore alle parti del motore, di conseguenza abbassava pure la segnatura infrarossa dell'aereo.
Inoltre credo che fosse anche corrosivo e richiedesse serbatoi speciali, sarà stato anche questo uno dei motivi per cui cui il 9° Strategic Recon. Wing aveva le sue aerocisterne KC-135Q “dedicate”, modificate apposta per trasportare il JP-7 e trasferirlo agli SR-71. Queste cisterne seguono tutti gli squadroni degli SR-71 nel mondo: a Beale, California, a Kadena, Okinawa (Giappone) e a Mildenhall (UK). A Kadena, avevano il celebre stemma del serpente locale: l’Habu. Le stesse aerocisterne sono il tallone d’Achille del Black Bird, infatti senza non va da nessuna parte.
Il carburante JP-7 era anche scarsamente “volatile” e si incendiava lentamente a basse quote. C’è chi diceva che ci si poteva gettare dentro una cicca accesa e non avrebbe preso fuoco. Io non lo so, forse bisogna prendere quel tizio, mettergli i piedi a bagno in una pozza di JP-7 e fargli fare la prova.
In ogni caso, il Merlo, anche a serbatoi vuoti, aveva bisogno di 1.200 metri di pista per alzarsi e quando accendeva i postbruciatori il JP-7 sgocciolato sulla pista prendeva fuoco (un po’ come fanno gli F-111 australiani), sicchè tutto l’aereo decollava inseguito da una scia di fiamme: un effetto unico, molto spettacolare, specie al tramonto, o di notte. In volo, bisognava cercare subito l’aerocisterna ed iniziare il rifornimento entro circa sette minuti, o bisognava lanciarsi, dopodiché il Black Bird era pronto per iniziare la missione: saliva a 25.000 metri, partiva a Mach 3 e si dirigeva sul bersaglio, scendendo a intervalli regolari verso le aerocisterne dislocate in basso lungo la sua rotta.
Alla sua quota di crociera, l’aereo era talmente in alto che la navigazione era affidata alle stelle, con un sistema astro-inerziale computerizzato.
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