Incidente di Dryden
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Incidente di Dryden
TRATTO DA AIRMANSHIPONLINE
Questo è un estratto dall'omonimo capitolo del libro "La strategia del margine" in cui riferiamo di un incidente aereo e della sua investigazione da parte di una commissione presieduta da un alto magistrato, il Giudice Moshansky.
Questa investigazione rappresentò per il Canada una svolta significativa per la successiva riorganizzazione dell'aviazione civile, peraltro in un paese già ad un livello avanzato rispetto alla stragrande maggioranza dei paesi industrializzati.
Inoltre il criterio investigativo applicato fu improntato allo stato delle conoscenze più avanzate in materia di human factor, di teorie di dinamica dell'errore e dell'influenza del tessuto organizzativo sui comportamenti umani.
Nessun incidente avvenuto in Italia è mai stato analizzato secondo questi criteri in un'investigazione ufficiale.
Nè ci sono segni evidenti che questo possa accadere in un immediato futuro.
Neve e ghiaccio a Dryden
"Bene, gente, questo non è proprio il nostro giorno"
(annuncio del comandante ai passeggeri)
Neve e ghiaccio sulle ali - la necessità che venga rimosso prima del decollo - è una difficoltà di routine per i piloti nel gran freddo dell'interno del Canada. E allora perché un equipaggio esperto ignorò questo pericolo quasi quotidiano?
La complessa risposta è un messaggio per tutti coloro che hanno un ruolo in aviazione - normativo, gestionale, organizzativo ed operativo.
Il comandante George Morwood e il primo ufficiale Keith Mills erano in turno per due voli andata e ritorno, con partenza da Winnipeg (Manitoba) per Thunder Bay (Ontario); nel primo volo era previsto una scalo intermedio nell'aeroporto provinciale di Dryden sia all'andata che al ritorno. Il secondo volo era diretto: Winnipeg, Thunder Bay e ritorno. Sei tratte in totale.
L'aereo era un Fokker 28, un bigetto da corto raggio.
L'Air Ontario, un'aerolinea regionale, aveva la sua sede in London, 170 km a sud di Toronto, ed effettuava collegamenti di «feederaggio» per l'Air Canada.
L'equipaggio si presentò a Winnipeg alle 6.40 (Central Standard Time-ora standard della zona centrale) per la partenza alle 7.25. Secondo l'orario avrebbero dovuto essere di ritorno a Winnipeg, per la seconda volta, alle 3.30 pomeridiane.
Le previsioni meteorologiche non erano incoraggianti. Le condizioni si stavano deteriorando, con abbassamento della copertura delle nubi e precipitazione di pioggia ghiacciante mista a neve.
Dato che era possibile una diversione, a causa dell'elevato carico di passeggeri, l'aereo avrebbe dovuto fare un rifornimento supplementare di carburante a Dryden in ognuna delle tratte di ritorno.
Era riportata inefficiente l'unità ausiliaria di potenza (APU), necessaria per alimentare elettricamente e condizionare l'aereo al suolo con i motori spenti. L'APU era necessaria anche per avviare i motori e a Dryden non era disponibile un generatore di terra per tale funzione.
Per questa ragione il Controllo Operativo della Compagnia aveva previsto che l'aereo tenesse un motore in moto a Dryden anche durante il rifornimento, una procedura detta «rifornimento caldo» (hot refueling).
Da Winnipeg a Thunder Bay, via Dryden
Alle 7.49 l'aereo decollò per la prima tratta con 11 passeggeri a bordo. Il tempo a Dryden era ancora accettabile mentre a Thunder Bay stava peggiorando. Mentre erano in volo, il Controllo Operativo, dalla sede della Compagnia a London, chiamò l'agente della Compagnia a Dryden chiedendo di contattare telefonicamente il comandante dopo l'atterraggio. Alle 8,19, con 13 minuti di ritardo, l'aereo si fermò in piazzola mantenedo il motore destro in moto. Mills rimase a bordo e Morwood scese a telefonare al Controllo Operativo.
Gli addetti comunicarono a Morwood che le condizioni a Thunder Bay erano al di sotto dei limiti operativi e che l'aereo doveva restare a Dryden in attesa di eventuale miglioramento ma quando Morwood rammentò loro che doveva tenere in moto un motore e che questo avrebbe consumato carburante, si accordarono per risentirsi e per decidere il da farsi entro 15 minuti.
Quando Morwood chiamò per la seconda volta, il tempo a Thunder Bay era ancora al di sotto dei limiti ma sembrava migliorare, così fu deciso di partire nella previsione di un miglioramento; se non fosse avvenuto, il volo avrebbe dirottato a Sault S.te Marie, come previsto dalla pianificazione.
Alle 8.50 con 30 passeggeri a bordo e 20 minuti di ritardo sull'orario il Fokker 28 decollò da Dryden. Durante i 40 minuti di volo le condizioni a Thunder Bay in effetti migliorarono e l'aereo atterrò regolarmente, arrivando in piazzola al terminal di Thunder Bay alle 9.30, con gli stessi 20 minuti di ritardo.
Per il volo di ritorno a Winnipeg, designato con il numero 1363, il Controllo Operativo aveva previsto 55 passeggeri da Thunder Bay a Dryden e 52 da Dryden a Winnipeg. Sault S.te Marie sarebbe stato ancora l'aeroporto alternato e l'aereo avrebbe dovuto avere a bordo 7170 kg di carburante. In tal modo avrebbe evitato il rifornimento a Dryden.
Ma dopo aver completato il rifornimento e con i passeggeri a bordo, l'equipaggio venne informato che a causa della cancellazione di un volo Air Canada, 10 passeggeri dovevano essere riprotetti sul volo 1363 per Dryden, portando il totale a 65, cioè aereo completo.
Questa circostanza comportava, però, un superamento del peso massimo consentito per il decollo e Morwood disse agli addetti dell'Air Canada di Thunder Bay che non poteva caricare altri passeggeri.
Allora l'Air Canada si rivolse al Controllo Operativo dell'Air Ontario che impose al comandante di ridurre il quantitativo di carburante per imbarcare i passeggeri.
Questa decisione fu frustrante per il comandante che dovette far aspirare dai serbatoi 1300 kg con un ulteriore ritardo di 35 minuti.
Alle 11.55, con un'ora di ritardo, il volo 1363 decollò per Dryden dove le condizioni meteorologiche stavano peggiorando e le ultime previsioni erano di pioggia ghiacciante mista a neve.
Mezz'ora più tardi, in avvicinamento a Dryden, i piloti furono informati che si stava avvicinando un fronte di precipitazione con nevischio, ma la pista era ancora asciutta e libera da qualsiasi deposito di neve. Alle 11.40 l'aereo atterrò mentre la neve si stava intensificando pur sciogliendosi al contatto con la pista.
Di nuovo a Dryden
L'aereo si fermò vicino all'aerostazione e fu spento, nuovamente, il motore di sinistra.
Otto passeggeri scesero dall'aereo mentre altri sette vennero imbarcati per Winnipeg.
Intanto la nevicata si stava intensificando con dei fiocchi sempre più grossi e fitti.
Alcuni minuti dopo aver parcheggiato l'aereo Morwood scese a telefonare al Controllo Operativo e ne seguì un'animata discussione che Morwood concluse sbattendo il telefono.
Intanto Mills, in cabina di pilotaggio, si stava tenendo aggiornato sull'evoluzione del tempo in contatto con la stazione di Kenora (che effettuava servizio informazioni di traffico e meteorologiche per l'aeroporto di Dryden) e comunicò che lì fuori stava per venire giù una grossa nevicata.
Nessuno dei due piloti uscì di nuovo per fare un giro d'ispezione intorno all'aereo.
Quando furono chiuse le porte e il motore sinistro fu riavviato, un sottile strato di ghiaccio e neve iniziava a ricoprire il suolo e sulle ali si stavano accumulando depositi di neve di circa 10 millimetri. Alle 12.03 il Fokker 28 iniziò il rullaggio mentre la nevicata aumentava di intensità; Mills chiamò di nuovo Kenora per il coordinamento del loro volo.
Proprio in quel momento Kenora riportò la presenza di un Cessna, 4 miglia a sud di Dryden che si dirigeva con urgenza all'atterraggio a causa dei problemi che stava incontrando per le condizioni meteorologiche. Perciò fu richiesto all'equipaggio del volo 1363 di attendere e Morwood, dopo aver avvisato lo scalo di Dryden, si rivolse per interfonico ai passeggeri per informarli di quest'altro ritardo, iniziando con un rassegnato:" Bene, gente, questo non è proprio il nostro giorno!"
Pochi minuti dopo il Cessna atterrava mentre la nevicata diveniva intensa. Morwood comunicò allo scalo che entravano in pista per il decollo e Mills ricevette da Kenora le istruzioni per la rotta strumentale da seguire per Winnipeg.
Posizionarono i flap a 18 gradi, la configurazione di decollo, e Morwood avanzò le manette dei motori per decollare dalla pista 29 di Dryden, con un'ora e dieci minuti di ritardo sul previsto orario.
La nevicata continuava ad intensificarsi mentre l'aereo accelerava più lentamente del solito. La pista era già sotto almeno mezzo pollice (12 mm) di poltiglia di neve e ghiaccio.
Dopo circa un chilometro di corsa l'aereo fu visto, da alcune persone dall'aerostazione, ruotare senza che si staccasse dal suolo, poi fu visto di nuovo il muso abbassarsi verso la pista mentre la corsa continuava.
Ormai prossimo alla fine della pista di 6000 piedi, l'aereo ruotò ancora il muso verso l'alto e stavolta sembrò staccarsi dal suolo con un assetto molto cabrato.
Il disastro
Poco dopo l'aereo, fino ad allora visibile con difficoltà attraverso l'intensa nevicata, scomparve del tutto alla vista in mezzo alla cima degli alberi oltre il confine aeroportuale. Si udirono ancora per un momento i motori a potenza elevata, poi un attimo di silenzio seguito da una vampata di fuoco e da una densa nube di fumo a forma di fungo, che s’innalzava dal punto in cui era scomparso l'aereo.
Il capo del servizio antincendio chiamò la stazione di Kenora per informare del disastro e chiedere l'intervento della polizia e delle ambulanze e l'attivazione del piano di emergenza municipale
Poco dopo, lungo la via provinciale, i mezzi di soccorso aeroportuale raggiunsero l'accesso alla strada che portava nel bosco verso la località dove doveva essere caduto l'aereo.
Riuscirono a localizzare la zona dove alcune parti del relitto stavano bruciando. Alcuni superstiti erano riusciti ad allontanarsi attraverso la neve alta e diversi avevano bruciature e ferite piuttosto gravi. Erano le 12.20.
La polizia, le ambulanze e il personale medico arrivarono all'imbocco della strada e, raggiunta la zona adiacente al relitto, intervennero rapidamente sui feriti più gravi mentre una ventina di superstiti, che potevano camminare nel sentiero aperto nella neve, furono indirizzati verso i mezzi fermi sulla via provinciale. La maggior parte di essi non erano equipaggiati per la critica condizione climatica esistente. Alcuni erano ragazzi. Più tardi furono recuperati ventidue corpi, tra i quali quelli dei piloti e d’un assistente di volo.
Prime rilevazioni
Un team di investigazione del Canadian Aviation Safety Board arrivò a Dryden la mattina dopo il disastro.
La dinamica divenne immediatamente evidente da quello che gli investigatori rilevarono sul terreno.
Il Fokker 28, non riuscendo a prendere quota dopo la rotazione per il decollo, era finito nella densa foresta di pini che copriva il pendio ad ovest della fine pista.
I resti del disastro giacevano a circa un chilometro di distanza dalla pista. La fusoliera era ridotta in tre tronconi.
Al momento dell'impatto il carrello era in transito verso la retrazione e i flap erano estesi intorno ai 26 gradi. Un evidente disperato tentativo fatto dai piloti per far restare l'aereo in aria.
L'esame dei motori e dei loro accessori rivelò che funzionavano normalmente ed erano in grado di fornire potenza a pieno regime fino all'impatto e che, probabilmente, erano passati dalla spinta di decollo alla massima spinta (manette a fondo corsa) dopo la rotazione.
Gli impianti antighiaccio dei motori erano inseriti.
Fu stabilito che il peso dell'aereo al decollo e la posizione del centro di gravità erano nei limiti.
La Commissione d'Inchiesta
Le evidenze testimoniali, le condizioni meteorologiche, il fatto che l'aereo non fosse stato sghiacciato prima della partenza, il ritardo al decollo mentre stava nevicando forte, l’avere accertato da dichiarazioni e documentazione che l'aereo fosse strutturalmente integro ed idoneo a volare, confermarono al Canadian Aviation Safety Board che il Fokker-28 non andò in volo dopo la rotazione a causa della neve e del ghiaccio accumulato sulle ali, una condizione in grado di far perdere fino al 50 % delle capacità di sostentamento dell'aereo.
Ma perché un comandante d'aerolinea con l'esperienza di Morwood che aveva volato per tutta la vita in quel clima rigido, un individuo conosciuto per la precisione e per il rispetto delle norme, aveva commesso questo errore fondamentale?
Perché il copilota Mills, con esperienza di volo nell'Artico ed egli stesso con esperienza di comando, si lasciò trascinare dalla fretta di decollare di Morwood?
A bordo c'erano altri due comandanti tra i passeggeri, entrambi preoccupati per la condizione contaminata delle ali, che potevano osservare dai finestrini. Perché ritennero di non dover intervenire, nonostante la loro vita e quella delle loro famiglie fosse in pericolo? Anche le assistenti di volo ed altri passeggeri erano preoccupati per la neve che si accumulava sulle ali, un passeggero con esperienza d'aviazione fece perfino notare la cosa all'assistente di volo Katherine Say.
A questo punto dell'inchiesta, la responsabilità dell'investigazione fu tolta al Canadian Aviation Safety Board. Gli interrogativi che poneva il disastro del Fokker dell'Air Ontario, le perplessità sull'aerolinea e le anomalie riscontrate a diversi livelli del sistema aviatorio canadese (compreso il Dipartimento dei Trasporti), indusse il Privy Council (il Consiglio della Corona) del Canada a nominare un'apposita commissione con il compito di investigare tutte le possibili cause che potessero aver contribuito al disastro, riferendole al Consiglio stesso insieme alle raccomandazioni ritenute necessarie per la sicurezza del trasporto aereo canadese.
La Commissione avrebbe dovuto condurre non soltanto una investigazione completa sul disastro, ma anche sull'intero sistema aviazione.
A presiedere la Commissione fu chiamato il Giudice Virgil P. Moshansky, assistito da un gran numero di esperti legali e tecnici, al quale fu conferito il potere di indagare nel modo più ampio che avesse ritenuto necessario.
La Commissione ascoltò 166 testimoni ed esaminò 1343 prove, alcune costituite da documenti molto voluminosi. Le audizioni pubbliche, tenute a Dryden e a Toronto tra il giugno 1989 e il gennaio 1991, rivelarono numerose carenze della compagnia Air Ontario, dell'industria del trasporto aereo in generale e del Dipartimento dei Trasporti (Transport Canada).
Nella sua prefazione ai quattro volumi del rapporto finale, il Giudice Moshansky dichiarò:
«E' mia fondata speranza che il lavoro svolto da questa Commissione potrà servire da catalizzatore per un cambiamento… Sono convinto che se il rapporto sarà attentamente considerato e le raccomandazioni…accettate e realizzate in modo tempestivo, sarà dato un importante contributo alla sicurezza dell'aviazione canadese.»
Dalle falle attive alle falle latenti
Le risultanze tecniche dell'investigazione indicarono chiaramente che il Comandante Morwood aveva commesso un errore nel decollare con il ghiaccio e la neve depositata sulle ali. Ma quale era stato il motivo di questa decisione?
L'investigazione degli incidenti comporta un'analisi degli aspetti comportamentali dell'uomo in relazione all'evento, degli errori che sono la causa immediata del disastro, o delle omissioni che non hanno impedito il compiersi dell'evento.
In questo caso la Commissione andò ben oltre, scoprendo le carenze di carattere organizzativo e normativo che avevano consentito lo sviluppo del disastro di Dryden.
Carenze nella normativa governativa
La Commissione rilevò le seguenti carenze nel dipartimento dei trasporti canadese:
Non esistevano criteri validi per addestrare il personale alle ispezioni sulle aerolinee.
Frequenti avvicendamenti degli ispettori avevano portato ad impiegare personale con scarso addestramento.
Durante la fusione con Austin Airways e durante l'inizio delle operazioni con aerei a getto non erano state tenute sotto controllo le operazioni di Air Ontario, di conseguenza, la compagnia operò per alcuni mesi con il Fokker 28 senza una lista degli equipaggiamenti minimi (Minimum Equipment List) regolarmente approvata.
Non esistevano regole definite in merito agli elementi essenziali per l'aeronavigabilità dei velivoli.
Non erano stati definiti i criteri per le funzioni del direttore delle operazioni volo, dei capi-piloti e dei piloti di controllo.
Non esistevano linee di indirizzo riguardo alla necessità di effettuare le operazioni di sghiacciamento agli aeromobili prima della partenza.
Non era prevista una particolare licenza o specifico addestramento per i flight dispatchers, cioè gli addetti all'assistenza e al supporto dei voli.
Era stato previsto, a suo tempo, un audit sull'Air Ontario, ma fu ritardato in attesa dei cambiamenti che erano in attuazione. Quando finalmente fu eseguito, fu tralasciato l'aspetto più significativo, il delicato passaggio alle operazioni con il Fokker 28.
Carenze di gestione
La Compagnia Air Canada, nonostante avesse un interesse diretto nella attività di Air Ontario Inc, non pretese che questa operasse al suo stesso alto livello di standard. Molti problemi si sarebbero potuti evitare se Air Canada avesse svolto un ruolo più attivo nel controllo del franchising ceduto ad Air Ontario Inc.
Durante la fusione di Air Ontario ltd con Austin Airways e durante tutto il periodo di sciopero, era sorta molta animosità tra i piloti delle due compagnie.
Quelli di Air Ontario erano soliti appellare gli altri "piloti da cespuglio" mentre questi chiamavano i piloti di Air Ontario "i piloti della 401" facendo riferimento all’autostrada che collega Windsor a Montreal, via Toronto.
Mancanza di esperienza su aerei con motori a getto
All'Air Ontario non esisteva esperienza di aerei con motori a getto. Con l'acquisizione del Fokker 28 fu cercata all'esterno la competenza per gestire il nuovo settore. Un pilota con grande esperienza fu assunto per l'incarico ma si dimise un mese dopo. Costui dichiarò che aveva valutato di non poter lavorare senza il necessario supporto di risorse. L’Air Ontario ripiegò allora sulla gestione interna usando piloti con ridotta esperienza di Fokker 28 e nessuna esperienza precedente su grandi jet a medio-corto raggio.
Carenze operative interne
Le operazioni con il Fokker iniziarono senza un manuale operativo e senza un lista di equipaggiamenti minimi (fu approvata soltanto alcuni mesi dopo). Pertanto, al momento, gli equipaggi non avevano adeguate disposizioni operative.
Il centro di controllo delle operazioni e della movimentazione aeromobili di Air Ontario non forniva agli equipaggi un’assistenza analoga a ciò che veniva fatto in Air Canada. Questa dava ai propri addetti all’assistenza dei voli un addestramento specifico e agli equipaggi delle precise disposizioni tecnico-operative. Ad esempio, non avrebbero potuto mandare in volo un aeromobile con il generatore ausiliario di bordo non funzionante, ad operare su un aeroporto privo di generatore a terra.
Difficoltà addestrative
L'addestramento degli equipaggi sul Fokker 28 fu fatto negli Stati Uniti presso la Piedmont Airlines. Ma la stessa Piedmont era stata assorbita da poco dalla USAir che, per standardizzare le proprie operazioni, era costretta ad aggiornare i piloti ex-Piedmont alle proprie procedure.
Dal momento che Air Ontario non aveva ancora prodotto i propri manuali d’impiego dell’aeromobile, i piloti tornavano dall'addestramento con i manuali avuti dalla Piedmont o dall'USAir.
Un altro problema dovuto alla fusione USAir - Piedmont era stato quello che il simulatore del Fokker 28 era sovraccarico e non tutti i piloti Air Ontario poterono utilizzarlo. Quelli che poterono usufruirne, appena qualificati, addestrarono gli altri direttamente sull'aeromobile.
Il capo pilota dell'Air Ontario per il Convair 580, era anche project manager e capo pilota per il Fokker 28. Ricopriva contemporaneamente molti altri incarichi addestrativi e di gestione. Inoltre, durante lo sciopero, dovette volare molto, ed egli pure aveva poca esperienza su entrambi i tipi di aeromobili.
Sintesi dei risultati
La Commissione ritenne di stabilire che, da tutte le evidenze raccolte, erano emersi fattori che avevano progressivamente deteriorato l'efficienza dell'equipaggio del Fokker 28 e che ne avevano aumentato il livello di stress. Il solo cambiamento di in uno di questi fattori avrebbe potuto interrompere la catena degli eventi che avevano portato al disastro.
Ecco alcuni esempi.
Un miglior criterio di utilizzazione dell’aeromobile da parte del centro operativo avrebbe impedito quel giorno le operazioni su Dryden.
Delle norme più severe ed un addestramento appropriato sugli effetti della contaminazione delle superfici da neve e ghiaccio, comprese il fenomeno del "cold soaking", avrebbero ottenuto una maggior cognizione circa il degrado delle prestazioni aerodinamiche.
Un programma di addestramento sulla gestione delle risorse dell'equipaggio (CRM) avrebbe potuto contribuire ad una più efficace comunicazione tra i piloti e gli assistenti di volo.
Era evidente che Morwood, per l'accumularsi dei ritardi, della fatica e delle frustrazioni, aveva concluso che era meglio lasciare Dryden il più presto possibile, perché era pressato dall'esigenza dei passeggeri di non perdere le coincidenze a Winnipeg.
Inoltre Morwood e Mills avevano già dei programmi per il giorno seguente.
Se avessero spento entrambi i motori a Dryden, sarebbe stato necessario attendere l'invio, con un altro volo, di un compressore per l'avviamento dei motori. Con il risultato di un ritardo difficilmente valutabile e di un effetto deteriore sull'immagine della compagnia.
Vedendo la neve cadere e sciogliersi sul terreno dell'area di parcheggio, i piloti avevano sperato che accadesse lo stesso sulle ali. La superficie delle ali, più fredda a causa della precedente esposizione in volo a temperature molto basse, dal particolare tipo di neve che stava cadendo, provocava la formazione di ghiaccio granuloso, fenomeno che non era stato considerato, probabilmente perché non noto ai piloti.
Una ulteriore possibilità di ripensamento per non decollare, era stata propiziata dal ritardo per attendere l'atterraggio del Cessna. La visibilità era ulteriormente ridotta a causa dell'intensificarsi della nevicata ma, a questo punto, stress, contrarietà e frustrazione ebbero, fatalmente, il sopravvento sulla capacità di giudizio dell'equipaggio.
Le conclusioni della Commissione
La Commissione concluse che il comandante aveva deciso di decollare, nonostante la neve accumulata sulle ali, in quanto riteneva che essa non fosse aderente alla superficie e sarebbe stata soffiata via durante la corsa di decollo.
Il comandante Morwood era il responsabile di questa decisione ma fu altrettanto chiaro che l'intero sistema del trasporto aereo aveva approntato una situazione nella quale il comandante non aveva tutti gli elementi per prendere la decisione più corretta.
La sorveglianza da parte dell'autorità (Transport Canada - Aviation Regulation Directorate) era stata inadeguata. All'interno dell'ente (TC), la preoccupazione per gli impegni troppo gravosi da parte dei propri ispettori per le operazioni e la manutenzione dei vettori, risaliva al 1982. La carenza di personale adeguato in queste due aree di ispezione (manutenzione ed operazioni) era stata identificata da una Commissione di inchiesta sulla sicurezza dei voli, fin dal 1979.
Non c'erano risorse sufficienti per le ispezioni ai vettori regionali e per le ispezioni ai nuovi velivoli. Questi spesso volavano senza che fossero stati accertati i requisiti previsti dalle norme. Più volte i comitati di sorveglianza avevano riferito questo stato di cose e la conseguente tendenza ad assumere scorciatoie di gestione per far fronte ai numerosi impegni dell'ente. Questa situazione poteva essere descritta con le stesse parole anche al tempo del disastro di Dryden. Il problema non consisteva solamente nella mancanza di personale qualificato, ma nella completa disorganizzazione delle risorse disponibili, impegnate in compiti burocratici, preparazione di relazioni a giustificazione di azioni rimandate o non svolte, comunicazioni di ripresa di azioni, utilizzazione di personale non addestrato, impiego di dirigenti in attività operative per risolvere temporaneamente le crisi dovute a carenza di ispettori, e molti altri aspetti frequenti in ogni ente statale in cui la burocrazia prevale sull'efficienza.
Pertanto l'ente normativo per l'aviazione canadese (Aviation Regulation Directorate) non era adeguatamente equipaggiato per svolgere le funzioni previste. I segnali di allarme comparsi sin dall'inizio degli anni ottanta e ripetutisi negli anni successivi, non avevano avuto alcun effetto. Ormai era ben nota la necessità di immediata assunzione e preparazione di personale idoneo, ma non c’erano state richieste né autorizzazioni al riguardo.
La mancanza di pianificazione e di capacità gestionali aveva messo tutto il personale in condizione di non poter assolvere i compiti assegnati.
Se l'ente fosse stato messo in condizione di adempiere ai propri doveri in modo efficace, molti dei fattori che avevano causato il disastro di Dryden sarebbero stati evitati.
Il commento del Giudice Virgil P. Moshansky
Il significato dell’investigazione condotta dalla Commissione di inchiesta che ebbi il privilegio di presiedere, relativa all’incidente del F-28 di Air Ontario avvenuto il 10 marzo 1989 a Dryden, Ontario, emerge da alcuni aspetti e da alcuni elementi di riflessione su ciò che è avvenuto dietro le quinte nei tre anni di vita della Commissione.
Ad un'analisi retrospettiva due furono le decisioni fortuite che contribuirono, in modo significativo, ai risultati della Commissione.
La prima fu la mia insistenza nel trasferire la Commissione dall’Ufficio del Ministero dei Trasporti, a cui competeva inizialmente, al Consiglio della Corona. Era semplicemente inaccettabile che la Commissione riferisse ad un Ministro il cui Dipartimento aveva, nell’incidente, un ruolo che ritenevo dovesse essere investigato.
L’altra fu la richiesta affinché il Governo desse un ampio mandato alla Commissione per svolgere una inchiesta asettica e libera nei riguardi dell’intero sistema aviatorio, in una ricerca delle carenze che contribuirono all’incidente di Dryden.
Il Governo acconsentì ad ambedue le richieste.
Questo fatto assicurò il massimo supporto finanziario e morale all’inchiesta da parte dei più alti livelli governativi e, soprattutto, garantì una completa indipendenza dal Ministero dei Trasporti, l'area governativa che andava investigata in ordine a possibili inosservanze relative alle proprie responsabilità sulla sicurezza del volo.
Dopo la mia nomina si manifestarono immediatamente delle reazioni energiche a questa nuova impostazione.
Le prime richieste di documenti e di registrazioni da parte del mio gruppo investigativo furono contrastate dai maggiori dirigenti del Ministero dei Trasporti Canadese.
I documenti relativi e le registrazioni in questione furono resi disponibili soltanto dopo aver minacciato i responsabili di denuncia per reticenza nel fornire testimonianza di fronte alla Commissione.
C’è da dire che l’incidente di Dryden avvenne in concomitanza con la pubblicazione di un rapporto molto controverso da parte del CASB (Canadian Aviation Safety Board), su un incidente ad un DC-8 Arrow Air, avvenuto a Gander il 15 dicembre 1985.
Il 29 marzo 1989 il Governo Canadese, sull’onda della reazione negativa della pubblica opinione e a causa di una diffusa preoccupazione per il modo in cui il CASB aveva condotto l’indagine sull’incidente di Gander, sancì la fine dell’ente. Nello stesso periodo venne formalizzata la mia Commissione d’Inchiesta, tramite il decreto Inquiries Act, con il compito di investigare l’incidente di Dryden al posto dell’ormai soppresso CASB.
Ero cosciente di aver ricevuto la nomina in un momento critico di contestazione nei confronti dell’inchiesta sull’incidente di Gander e, quindi, mi feci promotore della totale indipendenza della Commissione. Volli anche che questo fosse ben divulgato all’opinione pubblica.
Era in gioco la credibilità del processo di investigazione degli incidenti aerei in Canada.
La causa fisica dell’incidente di Dryden, cioè la contaminazione delle superfici dell’aeromobile con neve e ghiaccio prima del decollo, era stata evidente sin dai primissimi giorni dall’inizio dell’inchiesta. Perciò sarebbe stato molto semplice addossare al pilota la responsabilità dell’errore e lasciare che le cose andassero in questo verso, come d’altronde era già avvenuto nella maggior parte delle investigazioni degli incidenti aerei del passato.
In questo caso la Commissione vide l’opportunità, piuttosto rara, di poter esaminare l’intero sistema del trasporto aereo per ricercare difetti, latenti ed immediati, che potevano aver contribuito alla decisione errata del comandante.
Pertanto si decise di svolgere una ricerca approfondita di tali difetti e di investigare a fondo sull’impatto che il fattore umano, culminato con l’evento di Dryden, aveva avuto sull’intero sistema.
Durante le prime fasi dell’inchiesta ci furono tentativi da parte dei responsabili dell’ente dell’aviazione civile nei confronti della Corte Federale, aventi lo scopo di limitare il mandato e gli obiettivi dell’indagine della Commissione
Quando divenne chiaro che le intimidazioni non avrebbero avuto alcun esito, questi tentativi furono abbandonati, anche perché ci fu qualche avvicendamento tra i responsabili del Ministero dei Trasporti che produsse il risultato di instaurare un genuino spirito di collaborazione verso l’inchiesta.
Va comunque riconosciuto che il Ministero dei Trasporti, successivamente, accolse il prodotto della Commissione come uno strumento per intraprendere un’opera di risanamento e di ristrutturazione dell’intero sistema dell’Aviazione Civile Canadese.
Non c’é dubbio che, senza il potere derivante dal Decreto per la Commissione, che prevedeva la possibilità di perseguire penalmente qualsiasi reticenza a fornire la necessaria documentazione o a testimoniare per l’inchiesta, la vasta ed approfondita indagine sull’incidente di Dryden non avrebbe potuto aver luogo.
Una Commissione d’Inchiesta istituita per Decreto non è certo il mezzo più pratico per condurre tutte le investigazioni sugli incidenti aerei, ma quando viene costituita per investigare un incidente aereo di grosse proporzioni, diventa uno strumento potente per esaminare in profondità i criteri della sicurezza del volo esistenti in un paese.
Riguardo le definizione delle norme, il lavoro della mia Commissione poté rilevare, ad ogni livello di competenza degli enti governativi, una serie di carenze gestionali, di politiche inconsistenti, di nodi burocratici e di inefficienze del personale, che avevano contribuito agli eventi che condussero all’incidente.
L’aspetto positivo è stato quello che il lavoro della Commissione ha prodotto grandi cambiamenti delle strutture e delle politiche nell’ambito del Ministero dei Trasporti.
Si poté intervenire a correggere la normativa vigente fin dai primi esiti dei lavori della Commissione e per tutti i tre anni che seguirono, fino alla pubblicazione del rapporto finale contenente 191 raccomandazioni.
Persone di scarsa competenza furono, così, sostituite da individui qualificati e scelti adeguatamente rispetto al loro livello di responsabilità.
Quando la Commissione ebbe terminato i suoi lavori, si attivò una collaborazione, mai verificata in precedenza, tra i rappresentanti dell’industria del trasporto aereo, dei piloti di linea e degli enti normatori per mettere in atto le raccomandazioni emesse.
Infine dal momento che era coinvolta una compagnia, vi furono numerosi tentativi di boicottare l’inchiesta da parte del suo Consiglio d’amministrazione per mezzo di un ricorso alla Corte Federale. Durante la stesura del rapporto finale ci fu chi ricorse alla Corte federale per impedire che venissero resi pubblici i nomi di coloro le cui azioni od omissioni avevano fornito un evidente contributo all’incidente.
Tali ricorsi furono rigettati, e grazie ad un lavoro supplementare durato alcuni mesi, con un notevole impegno da parte dei miei collaboratori e con l’impiego di altre risorse economiche, alla fine fu possibile pubblicare i nomi dei responsabili.
La resistenza a qualsiasi cambiamento è comune a molti aspetti della vita e ciò si è puntualmente verificato anche durante l’inchiesta di Dryden.
Ci sono state resistenze da parte dell’ente normativo e della compagnia fin dall’inizio dell’inchiesta e durante tutto il suo svolgimento: il Presidente e l’Amministratore Delegato della compagnia rifiutarono, fino alla fine, di ammettere che l’incidente di Dryden era evitabile.
Uno dei punti di partenza era stato quello che tutti gli esperti internazionali che vennero a testimoniare durante l’inchiesta, erano stati unanimi nell’affermare che la totalità degli incidenti dovuti a contaminazione delle superfici di un aereo da parte del ghiaccio formatosi al suolo sono evitabili.
Anche all’interno della mia Commissione vi fu una resistenza iniziale ad investigare su uno degli aspetti che ritenevo fondamentali ai fini della sicurezza dell’aviazione; cioè una completa analisi dell’aspetto relativo al ground-deicing e anti-icing, come pure delle procedure associate e dei fluidi da usare.
Inizialmente qualcuno si oppose esprimendo il parere che non fosse un argomento di competenza della Commissione.
Qualcuno, ancora, asseriva che era oltre lo scopo della Commissione, altri espressero la non opportunità di entrare nel merito delle differenze tecniche tra le opinioni degli enti normativi e degli operatori nordamericani ed europei riguardo allo sghiacciamento degli aeromobili al suolo ed ai tipi di fluido da usare.
Comunque, una volta assunta una decisione, tutti i partecipanti si prodigarono con determinazione per analizzare l’argomento ed è gratificante notare i profondi cambiamenti adottati nei criteri e nelle procedure di sghiacciamento, man mano che emergevano le particolari raccomandazioni da parte della Commissione.
La individuazione dei molteplici fattori umani esistenti nel sistema aviazione che hanno avuto influenza sull’evento di Dryden, rappresentano, infine, un altro esito fondamentale dell’inchiesta.
Ultima modifica di g740 il 2 gennaio 2007, 23:30, modificato 1 volta in totale.
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Articolo interessante!
In verità, è una traduzione presa pari pari da "Air Disaster - Vol. 3" di Macarthur Job. E' un peccato che gli autori de "La Strategia del Margine" non abbiano citato la fonte (nemmeno nella bibliografia), anche perchè tutta la serie degli "Air Disaster" merita di essere letta (ci sono anche delle ottime illustrazioni).
http://www.amazon.com/s/002-1207852-832 ... thur%20Job
In verità, è una traduzione presa pari pari da "Air Disaster - Vol. 3" di Macarthur Job. E' un peccato che gli autori de "La Strategia del Margine" non abbiano citato la fonte (nemmeno nella bibliografia), anche perchè tutta la serie degli "Air Disaster" merita di essere letta (ci sono anche delle ottime illustrazioni).
http://www.amazon.com/s/002-1207852-832 ... thur%20Job
Saluti,
Leonardo
"If you think prevention is expensive, you should try having an accident"
Leonardo
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L'articolo di Airmanshiponline, credo per questioni di spazio e non solo, non riporta alcune realtà o/e domande che gli investigatori si sono posti, Visto la delicatezza dell'argomento, mi prendo la briga di riscrivere un passaggio dell'articolo che si trova su "LA STRATEGIA DEL MARGINE". Credo che quanto leggerete sarà interessante e, la domanda che già inoltro a chi vola in linea è la seguente:
Durante i corsi HF o durante i corsi di CRM vengono spiegati e chiariti i concetti espressi nell'articolo? Inoltre. Qualcuno di Voi si è mai preso il permesso - o la briga - di richiamare un collega in servizio mentre eravate a bordo da passaggeri? E se non è mai successo lo fareste? Grazie e buona lettura.
PROBLEMI DI COMUNICAZIONE
Un'altra domanda esigeva una risposta secondo la Commissione Moshansky.
Perchè nessuno richiamò l'attenzione del C.te Morwood sull'accumulo di neve sulle ali?
Ad eccezione di un passeggero che segnalò la propria preoccupazione all'assistente di volo K. Say, altre furono solo timide constatazioni.
Sonia Hartwick ( l'altra assistente di volo) provò un certo disagio appena chiusa la porta. Aveva visto la neve che si accumulava sulle ali e pensava che avrebbero sghiacciato l'aereo. camminando lungo il corridoio senti dei passeggeri dire che speravano che la neve venisse spazzata via in decollo.
Dopo aver controllato la cabina passeggeri per il decollo, le due assistenti di volo sostarono in piedi in fondo al corridoio e la Hartwick divenne più preoccupata, nell'attesa dell'atterraggio del Cessna, vedendo che la neve continuava ad accumularsi sulle ali.
Due agenti di scorta ad un detenuto , seduti nell'ultima fila diedero voce ai loro pensieri, chiedendo che cosa avessero intenzione di fare i piloti con quella neve che continuava a cadere.
Ma diversi fattori impedirono alle Assitenti di volo di riferire tali rilievi ai piloti.
In altre occasioni la Hartwick era andata in cabina piloti a manifestare una sua preoccupazione e le avevano ingiunto di lasciar perdere , sebbene non avessero eseguito controlli in merito a quanto elle aveva riferito.
Inoltre all' AIR ONTARIO quasi tutti erano a conoscenza di un fatto accaduto a bordo di un HS748, di cui era C.te proprio il pilota divenuto project manager e capo-pilota del Fokker 28.
In quell'occasione l'aereo era decollato con neve sulle ali e aveva subito delle violente vibrazioni
una volto in volo, tanto da richiedere un immediato atterraggio d'emergenza.
Prima del decollo una assistente di volo era andata a riferire al C.te di aver visto della neve sulle ali e di aver sentito dei commenti preoccupati da parte dei passeggeri.
Le era stato imposto bruscamente di " ANDARE A METTERSI SEDUTA" .
Successivamente il C.te e il F.o. interessati affermarono di non ricordare l'episodio.
Sonia Hartwick era molto condizionata da quest’episodio mentre l’ F'28 si avvicinava all'inizio pista per il decollo. La sua fiducia nei piloti e nella collega più anziana furono ulteriori fattori che la trattennero dall'agire.
Per quanto riguardava i due comandanti seduti tra i passeggeri, la loro mancata azione positiva fu considerata dalla Commissione come una condizione "SFORTUNATA", a dir poco, in quanto , come professionisti dovevano avere una chiara cognizione del pericolo ed erano i più idonei a far riflettere un personaggio meticoloso con Morwood.
Le ragioni per le quali non si erano fatti avanti erano in parte diverse, ma concordavano su un punto: entrambi credevano che l’aereo stesse andando a fare un trattamento sghiacciante prima del decollo.
Il C.te di un DC9 dell’Air Canada credette che l’aereo avrebbe rullato sulla pista per portarsi in una posizione il più vicino possibile all’inizio della corsa di decollo, ove i mezzi aeroportuali avrebbero effettuato lo schiacciamento, e così poter decollare con il minimo ritardo di tempo.
All’Air Canada era una pratica frequente quella di sghiacciare l’aeromobile lontano dall’area di parcheggio e la supposizione del C.te AIR CANADA era ragionevole.
Il C.te dell’Air Ontario( fuori servizio) ricordava che a Dryden i dispositivi di schiacciamento erano adiacenti all’aerostazione e si aspettava che Morwood ritornasse al parcheggio.
Comunque riteneva che il decollo sarebbe stato interrotto se la neve non fosse venuta via durante l’accelerazione in pista. Una pratica comunque pericolosa e non prevista per alcun aeromobile.
Infine riteneva che una sorta di riguardo professionale impedisse ad un pilota fuori servizio di indicare all’attenzione dei piloti ai comandi un timore in tema di sicurezza.
In sostanza alla Commissione apparve evidente che un malinteso galateo professionale fosse prevalente e praticato in modo prioritario sulle ragioni della sicurezza. Come se ci fosse stato una sorta di codice non scritto derivava da timore di offendere, di far la figura di chi non si fida , da riluttanza ad interferire con il lavoro degli altri. Per una ragione o per l’altra, questo era stato l’atteggiamento dominante negli assistenti di volo e nei piloti non in servizio su quel volo secondo quanto risultò alla Commissione Moshansky.
La Commissione formulò la raccomandazione alle aerolinee di contrastare questo atteggiamento e che si dovesse favorire qualsiasi comunicazione ai piloti ai comandi, da parte di piloti fuori servizio e di altri membri d’equipaggio, in merito ad ogni preoccupazione o sospetto che avesse a che fare con la sicurezza. La complessità dei moderni aerei e, in particolare, di quelli di grandi dimensioni è tale che occhi ed orecchie di tutti coloro che sono a bordo,soprattutto di quelli che posseggono specifiche competenze, possono a volte fare la differenza tra un semplice ritardo ed una catastrofe.
Ancora venne raccomandata un’attiva cooperazione tra piloti ed assistenti di volo mirata alla sicurezza.
Tale cooperazione avrebbe dovuto essere sviluppata attraverso uno specifico addestramento avente lo scopo di far comprendere la necessità di informare tempestivamente gli equipaggi di condotta e il rischio rappresentato da intromissioni intempestive in cabina di pilotaggio da parte degli assistenti di volo.
Un addestramento mirato in tal senso avrebbe dovuto favorire una scambio di comunicazioni in grado di arrestare il decollo del Fokker 28 di Dryden.
Per tutti questi motivi la commissione raccomandò:
• Che gli assistenti di volo, dopo adeguato addestramento, venissero resi consapevoli dei problemi della contaminazione delle ali, durante le precipitazioni nevose , e che venissero stabilite delle regole di comunicazione con i piloti al riguardo.
• Che i piloti dovessero essere consci del valore per la sicurezza che potevano rappresentare segnalazioni degli assistenti di volo e di prenderle in considerazione di conseguenza.
• Che i piloti, quando fossero in viaggio fuori servizio, non dessero per scontato che qualsiasi cosa essi percepissero come un problema, dovesse esse a conoscenza dei piloti in cabina di pilotaggio. Pertanto avrebbero dovuto far presente le loro osservazioni agli assistenti di volo e fare in modo che tali informazioni potessero giungere al comandante. SEGUE
Durante i corsi HF o durante i corsi di CRM vengono spiegati e chiariti i concetti espressi nell'articolo? Inoltre. Qualcuno di Voi si è mai preso il permesso - o la briga - di richiamare un collega in servizio mentre eravate a bordo da passaggeri? E se non è mai successo lo fareste? Grazie e buona lettura.
PROBLEMI DI COMUNICAZIONE
Un'altra domanda esigeva una risposta secondo la Commissione Moshansky.
Perchè nessuno richiamò l'attenzione del C.te Morwood sull'accumulo di neve sulle ali?
Ad eccezione di un passeggero che segnalò la propria preoccupazione all'assistente di volo K. Say, altre furono solo timide constatazioni.
Sonia Hartwick ( l'altra assistente di volo) provò un certo disagio appena chiusa la porta. Aveva visto la neve che si accumulava sulle ali e pensava che avrebbero sghiacciato l'aereo. camminando lungo il corridoio senti dei passeggeri dire che speravano che la neve venisse spazzata via in decollo.
Dopo aver controllato la cabina passeggeri per il decollo, le due assistenti di volo sostarono in piedi in fondo al corridoio e la Hartwick divenne più preoccupata, nell'attesa dell'atterraggio del Cessna, vedendo che la neve continuava ad accumularsi sulle ali.
Due agenti di scorta ad un detenuto , seduti nell'ultima fila diedero voce ai loro pensieri, chiedendo che cosa avessero intenzione di fare i piloti con quella neve che continuava a cadere.
Ma diversi fattori impedirono alle Assitenti di volo di riferire tali rilievi ai piloti.
In altre occasioni la Hartwick era andata in cabina piloti a manifestare una sua preoccupazione e le avevano ingiunto di lasciar perdere , sebbene non avessero eseguito controlli in merito a quanto elle aveva riferito.
Inoltre all' AIR ONTARIO quasi tutti erano a conoscenza di un fatto accaduto a bordo di un HS748, di cui era C.te proprio il pilota divenuto project manager e capo-pilota del Fokker 28.
In quell'occasione l'aereo era decollato con neve sulle ali e aveva subito delle violente vibrazioni
una volto in volo, tanto da richiedere un immediato atterraggio d'emergenza.
Prima del decollo una assistente di volo era andata a riferire al C.te di aver visto della neve sulle ali e di aver sentito dei commenti preoccupati da parte dei passeggeri.
Le era stato imposto bruscamente di " ANDARE A METTERSI SEDUTA" .
Successivamente il C.te e il F.o. interessati affermarono di non ricordare l'episodio.
Sonia Hartwick era molto condizionata da quest’episodio mentre l’ F'28 si avvicinava all'inizio pista per il decollo. La sua fiducia nei piloti e nella collega più anziana furono ulteriori fattori che la trattennero dall'agire.
Per quanto riguardava i due comandanti seduti tra i passeggeri, la loro mancata azione positiva fu considerata dalla Commissione come una condizione "SFORTUNATA", a dir poco, in quanto , come professionisti dovevano avere una chiara cognizione del pericolo ed erano i più idonei a far riflettere un personaggio meticoloso con Morwood.
Le ragioni per le quali non si erano fatti avanti erano in parte diverse, ma concordavano su un punto: entrambi credevano che l’aereo stesse andando a fare un trattamento sghiacciante prima del decollo.
Il C.te di un DC9 dell’Air Canada credette che l’aereo avrebbe rullato sulla pista per portarsi in una posizione il più vicino possibile all’inizio della corsa di decollo, ove i mezzi aeroportuali avrebbero effettuato lo schiacciamento, e così poter decollare con il minimo ritardo di tempo.
All’Air Canada era una pratica frequente quella di sghiacciare l’aeromobile lontano dall’area di parcheggio e la supposizione del C.te AIR CANADA era ragionevole.
Il C.te dell’Air Ontario( fuori servizio) ricordava che a Dryden i dispositivi di schiacciamento erano adiacenti all’aerostazione e si aspettava che Morwood ritornasse al parcheggio.
Comunque riteneva che il decollo sarebbe stato interrotto se la neve non fosse venuta via durante l’accelerazione in pista. Una pratica comunque pericolosa e non prevista per alcun aeromobile.
Infine riteneva che una sorta di riguardo professionale impedisse ad un pilota fuori servizio di indicare all’attenzione dei piloti ai comandi un timore in tema di sicurezza.
In sostanza alla Commissione apparve evidente che un malinteso galateo professionale fosse prevalente e praticato in modo prioritario sulle ragioni della sicurezza. Come se ci fosse stato una sorta di codice non scritto derivava da timore di offendere, di far la figura di chi non si fida , da riluttanza ad interferire con il lavoro degli altri. Per una ragione o per l’altra, questo era stato l’atteggiamento dominante negli assistenti di volo e nei piloti non in servizio su quel volo secondo quanto risultò alla Commissione Moshansky.
La Commissione formulò la raccomandazione alle aerolinee di contrastare questo atteggiamento e che si dovesse favorire qualsiasi comunicazione ai piloti ai comandi, da parte di piloti fuori servizio e di altri membri d’equipaggio, in merito ad ogni preoccupazione o sospetto che avesse a che fare con la sicurezza. La complessità dei moderni aerei e, in particolare, di quelli di grandi dimensioni è tale che occhi ed orecchie di tutti coloro che sono a bordo,soprattutto di quelli che posseggono specifiche competenze, possono a volte fare la differenza tra un semplice ritardo ed una catastrofe.
Ancora venne raccomandata un’attiva cooperazione tra piloti ed assistenti di volo mirata alla sicurezza.
Tale cooperazione avrebbe dovuto essere sviluppata attraverso uno specifico addestramento avente lo scopo di far comprendere la necessità di informare tempestivamente gli equipaggi di condotta e il rischio rappresentato da intromissioni intempestive in cabina di pilotaggio da parte degli assistenti di volo.
Un addestramento mirato in tal senso avrebbe dovuto favorire una scambio di comunicazioni in grado di arrestare il decollo del Fokker 28 di Dryden.
Per tutti questi motivi la commissione raccomandò:
• Che gli assistenti di volo, dopo adeguato addestramento, venissero resi consapevoli dei problemi della contaminazione delle ali, durante le precipitazioni nevose , e che venissero stabilite delle regole di comunicazione con i piloti al riguardo.
• Che i piloti dovessero essere consci del valore per la sicurezza che potevano rappresentare segnalazioni degli assistenti di volo e di prenderle in considerazione di conseguenza.
• Che i piloti, quando fossero in viaggio fuori servizio, non dessero per scontato che qualsiasi cosa essi percepissero come un problema, dovesse esse a conoscenza dei piloti in cabina di pilotaggio. Pertanto avrebbero dovuto far presente le loro osservazioni agli assistenti di volo e fare in modo che tali informazioni potessero giungere al comandante. SEGUE
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Mi permetto di segnalare ancora un'ottima analisi dello stesso incidente. E' il capitolo 3 di "Beyond Aviation Human Factors", intitolato "Pathogens in the snow: the crash of Flight 1363".
Questo libro presenta essenzialmente il metodo di analisi degli incidenti sviluppato dal prof. Reason ed è stato ampiamente ripreso ne "La Strategia del Margine" (vedi Cap.
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Questo libro presenta essenzialmente il metodo di analisi degli incidenti sviluppato dal prof. Reason ed è stato ampiamente ripreso ne "La Strategia del Margine" (vedi Cap.

Saluti,
Leonardo
"If you think prevention is expensive, you should try having an accident"
Leonardo
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