ANCHE GLI AEREI USANO PNEUMATICI RICOSTRUITI

I passeggeri con le cinture allacciate che, con un po’ di trepidazione,attendono che l’aereo, su cui sono imbarcati per andare o tornare dallevacanze, atterri, generalmente non sanno che molto spesso i pneumatici con cui toccheranno il suolo sono ricostruiti. È infatti il trasporto aereo il settore che ricorre maggiormente alla ricostruzione delle gomme…
Negli atterraggi il consumo di battistrada è molto forte e un treno di gomme ha quindi una durata particolarmente limitata.
Poiché le tecniche di ricostruzione sono assolutamente affidabili e lastruttura del pneumatico è ancora perfettamente integra dopo moltiatterraggi, è però sufficiente sostituire il battistrada usurato perottenere un prodotto ancora in grado di garantire le originariecondizioni di sicurezza.
Il processo di ricostruzione, come d’altra parte per i pneumaticidestinati ad usi terrestri, avviene nel rispetto di rigorose normativetecniche in grado di consentire al nuovo battistrada di formare uncorpo unico con la struttura portante che lo riceve e di mantenere lamassima affidabilità di esercizio.
Mentre negli aerei, nel trasporto stradale pesante, nel movimento terrail ricorso al ricostruito è decisamente importante, negli ultimi annivi è stato invece un calo nell’adozione di pneumatici ricostruiti sulleautovetture.

Secondo l’Airp (Associazione Italiana Ricostruttori di Pneumatici)il motivo principale di questo andamento è da ricercarsi essenzialmentenella scelta da parte del pubblico di modelli di consumo volti aprivilegiare i prodotti più costosi.
È infatti soprattutto durante gli anni ’80 che si determina unadisaffezione nei confronti delle gomme ricostruite per autovettura.
In quel decennio di crescita economica, il ricostruito viene vistoessenzialmente come un prodotto povero, di conseguenza un consumatoresempre più orientato verso i beni di lusso tende a non prenderlo inconsiderazione al momento della sostituzione delle gomme della sua auto.
Questo atteggiamento è proseguito anche negli anni ’90 finché non ci siè resi conto che ricostruire pneumatici ha una grande valenzaecologica, oltre che economica.
Infatti la ricostruzione, che avviene con procedimenti assolutamenteaffidabili, consente quanto meno di raddoppiare la vita utile di unpneumatico e quindi di rallentarne lo smaltimento in discarica o conprocedimenti che danno comunque luogo a gravi fenomeni di inquinamento.

Il punto di svolta nel processo di presa di coscienza della valenzaecologica della ricostruzione è costituito dall’inserimento nella leggefinanziaria per il 2002 di un articolo che prevede l’obbligo per leflotte pubbliche di autoveicoli di riservare almeno il 20% airicostruiti negli acquisti di pneumatici di ricambio.
A questa norma molto importante ed emanata sulla base diregolamentazioni analoghe adottate in altri paesi economicamenteavanzati, ha fatto seguito, con il collegato alla stessa leggefinanziaria per il 2002, l’esenzione dei pneumatici usati da destinarealla ricostruzione dagli onerosi adempimenti previsti dal decreto Ronchisull’ambiente, proprio per la considerazione che un pneumatico con ilbattistrada usurato ma con la struttura portante ancora integra, noncostituisce certo un rifiuto da smaltire, ma è un prodotto che puòessere restituito in piena sicurezza alla sua originale destinazioneseguendo una procedura di lavorazione assolutamente affidabile.

Create le condizioni tecniche e un contesto giuridico favorevole perchél’attività di ricostruzione dei pneumatici possa nuovamente svilupparsianche nel settore delle autovetture – sostiene l’Airp – occorresuperare i pregiudizi dell’opinione pubblica legate alla culturadell’usa e getta.
Occorre cioè che la gente si renda conto che usare pneumaticiricostruiti, lungi dal conferire una immagine povera, accredital’automobilista come un cittadino responsabile e rispettosodell’ambiente.
(Fonte: asso-airp)

2006-03-14