25 ANNI DI AEREI & FEDELTA’

– Le tessere frequent flyer hanno rivoluzionato i voli con un sistema che vale miliardi. Ora le offerte dei low cost lo mettono a rischio –
ROMA – Ci sono quelli che partono non per fare un viaggio, ma per guadagnare miglia. Quelli che le pretendono nei contratti prematrimoniali perché l’amore finisce ma i punti mai e quelli che sanno bene quanto valgono e allora perché non trattarle come denaro, via con una bella tassa.
Compiono 25 anni questo mese le Miglia, i “bollini” che le compagnie aeree accreditano ai passeggeri più fedeli e che consentono, arrivati a un tot di percorsi, di ricevere un viaggio in regalo.
Quando l’American Airlines nel 1981 applicò la formula del “ti premio se compri da me” col suo programma AAdvantage, fu una rivoluzione.

Economica e di costume. Il pubblico americano era già avvezzo ai coupon delle sigarette (Raleigh) e ai francobolli ricevuti con la spesa (gli S&H Green Stamps, Andy Warhol li ha serializzati, il che misura il loro potere pop), ma a una cosa così no, nessuno ci aveva pensato.
Funzionò come le cose semplici. Tutti a imitare: la United Airlines col suo Mileage Plus dove il plus erano 5mila miglia subito e senza scadenza. Poi la Delta e la Twa, l’Alitalia a ruota col suo Millemiglia.

Il meccanismo è stato adottato da altri settori, alberghi, autonoleggi, società di carte di credito, che con le compagnie aeree hanno stretto accordi.
Dai supermercati ovviamente, ma anche da imprese, istituzioni private e pubbliche, dal parrucchiere sotto casa, un taglio lo paghi la manicure è gratis, alle compagnie telefoniche, più chiami e più parli.
Negli Usa molte assicurazioni sanitarie hanno applicato la fidelizzazione al proprio business: biglietti omaggio per spettacoli, iscrizioni a palestre e centri estetici gratuiti se i clienti dimostrano controlli e cure periodiche.
Meglio una pizza che un ricovero visti i costi della salute. Nel contratto dei pazienti sovrappeso si scrive digiuno, i chili di troppo equivalgono a spese con molti zeri.

Le Miglia hanno insomma introdotto nel mercato una filosofia e una politica, gli esperti lo chiamano micromarketing la tecnica di affezionare i consumatori al proprio brand ma di micro c’è nei numeri ben poco.
Per i frequent flyer, quelli da un minimo di 25mila miglia o più all’anno, ci sono un centinaio di programmi a disposizione, i viaggiatori abituali sono circa 180 milioni al mondo (120 americani), il viaggiatore davvero molto abituale ha tra le 4 e le 6 tessere fedeltà.
Le miglia in genere non scadono mai, per alcuni “durano” 3 anni. Il giro produce 14mila miliardi di miglia per un valore stimato fino a 1000 miliardi di dollari. Più dei verdoni veri in circolazione, tanto per chiarire. Una valuta, la prima al mondo. Certo che fa gola agli uffici tributi.

I frequent flyer Alitalia sono 2milioni, 600mila però abitano all’estero. Maschi, tra i 31 e i 45 anni, lavoratori dipendenti. Nel 2003, ultimo aggiornamento disponibile, la compagnia di bandiera ha contato 6,2 miliardi di miglia, il totale in serbatoio è di 30 miliardi.
Nel mondo più della metà dei punti si guadagna ormai dai partner delle compagnie, sia aeree (Alitalia con SkyTeam) che, e soprattutto, da noleggi, hotel, istituti che rilasciano carte di credito.

Frequent buyer, compratori abituali, ecco il nuovo titolo. Il volo premio, un tempo una garanzia, oggi lo è molto meno.
I vettori sono rimasti vittime del proprio successo, le low cost e le prenotazioni fai da te su internet hanno fatto il resto: le linee hanno dovuto abbassare i prezzi dei voli vista la concorrenza, le poltrone vanno via come noccioline.
Se riempiono aeroplani che prima partivano mezzi vuoti, dall’altra parte hanno esaurito le riserve del gratis.
Ai ripari: alcuni saldano i conti coi passeggeri leali con videocamere, mountain bike, frullatori e abbonamenti allo stadio.
Il mito scricchiola, diciamolo. La fedeltà viaggia proprio come un aereo. Solo con molta manutenzione.
(La Repubblica.it)

2006-05-09