di Leonardo De Marchi
Gli esercizi di cui vi parleremo non sono nati specificamente per il volo, ma derivano da un’esperienza abbastanza prolungata da parte di chi scrive in un campo, quello della musica, dove il dominio della paura e delle proprie ansie è una componente fondamentale. Il palcoscenico richiede infatti costante presenza tecnica e musicale, fattori che possono mancare – o non essere presenti come si vorrebbe – quando entra in gioco l’adrenalina? Le dinamiche dell’ansia da palco sono del tutto simili a quelle della paura di volare e a volte possono sfociare in vere e proprie crisi di panico, aggravate dal fatto di essere da soli a fronteggiare decine (se non centinaia!) di persone che spesso non aspettano altro che un errore del musicista?
Il breve articolo che state per leggere vuole perciò essere un aiuto verso chi prova la paura di volare da parte di chi ha avuto a che fare per molto tempo con serie crisi di panico e, mettendo in pratica regolarmente questi piccoli suggerimenti, è riuscito a raggiungere risultati insperati nel dominio delle proprie ansie e paure.
Spesso per alcuni di noi l’idea di prendere un aereo comporta terrore, panico, paura. Il disagio si manifesta non solo a livello psicologico, ma anche a livello fisico: accelerazione del battito cardiaco, contrazione muscolare, crampi allo stomaco? Cercheremo perciò di vedere come calmare la paura di volare sfruttando alcuni piccoli esercizi che portano attenzione su alcuni dei principali aspetti fisici del panico.
Alzi la mano chi non abbia mai provato una sensazione di forte ansia almeno una volta. I fattori scatenanti possono essere molteplici: un’esibizione in pubblico, un test importante, un volo in aereo?
A prescindere dalla causa che è all’origine della paura, il comune denominatore è la classica sensazione di “buco allo stomaco-. Esso nasconde dietro di sé innumerevoli fattori fisici, nell’ordine:
respiro frammentato;
contrazione diaframmatica;
contrazione dei muscoli degli arti.
Non a caso abbiamo inserito il respiro in cima alla nostra lista. Per rendersi conto dell’importanza che tale fattore riveste nella paura, basta pensare per un secondo al buco allo stomaco? Ripercorrendo mentalmente lo stato d’animo della paura con occhi diversi, ci si rende conto di come si respiri a metà della propria capacità polmonare: in altre parole, il nostro respiro diventa molto corto e frequente e l’aria che inspiriamo sembra fermarsi alla gola, senza arrivare ai polmoni. Una volta che ci siamo resi conto che il respiro è il fulcro delle sensazioni fisiche connesse alla paura, abbiamo compiuto il primo grande passo.
Una respirazione ansiosa è quasi sempre correlata ad una grande tensione diaframmatica, localizzata cioè a livello del diaframma, il muscolo posto in piena cassa toracica al di sotto dei polmoni. Allentarla non è difficile; basta sedersi comodamente su una superficie piana (una sedia, una panchina?) ed effettuare respiri calmi e profondi. L’importante è che nell’espirazione tutte le parti del nostro corpo siano rilassate ed assumano una posizione che assicuri il maggior rilassamento muscolare: anche se tale posizione cambia da persona a persona, a molti basta stendere le braccia lungo i fianchi. Allo stesso tempo, aiuta molto chiudere gli occhi e pensare a qualcosa di gradito, come al proprio colore preferito, ad una scena o un’immagine rilassante, al fidanzato/a ϑ etc. etc. ? In volo, un grande aiuto è guardare giù dal finestrino e godersi il panorama sottostante.
Il finestrino costituisce un insormontabile blocco mentale per molte persone e spesso l’idea di guardare all’ingiù – o semplicemente fuori – fa crescere il senso di paura correlato al volo, anche ben prima di salire in aereo. Come si può agire in situazioni del genere?
La paura comporta una lunga serie di reazioni a livello psicologico e fisico. Una di queste è una contrazione muscolare involontaria: abbiamo avuto modo di parlare di questo nei paragrafi precedenti, riferendoci alla tensione diaframmatica. Essa è forse il fattore che maggiormente influisce sul respiro e sull’accelerazione del battito cardiaco, ma non è da sottovalutare il ruolo che gambe e braccia giocano in questa partita tra noi e la paura.
Tra le prime cose a sfuggire dal nostro controllo nei momenti di agitazione c’è il nostro senso di appoggio a terra. Il bacino è, in questo caso, la parte del corpo più interessata, perché si è portati a “fare leva- sul bacino e sulla zona muscolo-scheletrica immediatamente sottostante (anche, cosce), facendo così sollevare le gambe (il sollevamento, in molti casi, è impercettibile, ma altre volte può raggiungere i tre/quattro cm da terra). Oltre ad intervenire sul respiro e sulla tensione del diaframma – fattori in ogni caso correlati – si può portare gradualmente attenzione alla posizione dei piedi rispetto al nostro corpo. Pian piano, si comincia a sentire il peso dei propri piedi e li si lascia andare lentamente giù, sentendo come essi si appoggiano al terreno e per fare poi tutt’uno con esso: molti insegnanti di metodo Feldenkrais usano il termine “grounding-. Poi, si torna ancora a vedere com’è il proprio respiro prima e dopo l’esperienza del grounding; già dopo una/due volte che questo esercizio viene eseguito si possono avvertire miglioramenti (anche piccoli, ma sempre dei passi avanti!).
Un sintomo insospettabile – ma non per questo da sottovalutare – di paura latente sono gli sbadigli frequenti, accompagnati da un leggero senso di sonnolenza. Questo tipo di reazione del nostro corpo è più frequente in situazioni dove si può prevedere, con un certo margine di anticipo e di sicurezza, l’evento che crea paura e i problemi che esso causa. Una dinamica di questo tipo è diffusa tra i musicisti: una buona conoscenza del palcoscenico e dei problemi correlati abbassa sensibilmente la paura e la conseguente produzione di adrenalina, ma resta comunque un fondo di tensione – molto difficile, se non impossibile, da eliminare – che non sfocia in plateali crisi di panico, ma resta inizialmente silente per poi accentuarsi con l’avvicinarsi della situazione che genera paura. La paura non arriva ad essere così un fattore limitante (scusateci se abbiamo preso a prestito una voce dal linguaggio chimico?), ma l’adrenalina in circolo nel nostro corpo non crea comunque una sensazione piacevole.
Il segreto perché questi esercizi diano buoni frutti è non sforzarsi di ottenere risultati, in altre parole lasciare al proprio corpo e alla propria mente il tempo per adeguarsi e rilassarsi. La consapevolezza corporea, in quest’ottica, non è perciò l’unico mezzo per giungere alla tranquillità, ma costituisce “solo- un aiuto che non può e non deve essere disgiunto dalla voglia di farcela, il vero ingrediente di base per uscire con successo dalla paura di volare.