Che bel periodo, quando volare diventa pressoché impossibile a causa delsommarsi di tanti contrattempi. Un volo in ritardo, alla partenza eall’arrivo: normale. Un volo cancellato: facile che accada d’inverno,da mettere in conto d’estate. Voli fantasma, spariti, dissolti: eventopiù raro, ma è successo a Linate pochi giorni fa. Ressa al check-in,fila interminabile, fatica e rabbia: datelo per sicuro. Ma, da un po’di tempo, è il comparto bagagli a spremere la pazienza del viaggiatore.Un dramma quotidiano. Un disastro. Così a Linate, a Fiumicino, aPalermo, o dove vi pare.
La linea del bagaglio che ritarda,della valigia che si perde, del collo che sparisce attraversa lasituazione portuale italiana in tutte le direzioni. E, d’estate, conl’aumento del traffico, esplode. Anzi, implode. Il sistema si schiantasu se stesso e il viaggio, anche il tragitto che su un jet si dovrebbeaprire e chiudere in un paio d’ore, diviene qualcosa di nonraccontabile. Si entra, fatevelo dire da chi l’ha vissuto ma èprobabile che possiate offrire fresche testimonianze anche voi, in unadimensione paradossale nella quale la ricerca del bagaglio perdutoattraversa territori improbabili, evanescenti, incerti.
Seperdere un bagaglio spedito, mettiamo, da Olbia a Roma mentre voieravate diretti a Milano (il fatto è di ieri) è uno smacco alla finedella vostra vacanza, cercare di riaverlo, di rientrarne in possesso ècome attraversare un deserto. Alle semplici, supplichevoli domande:dove è fìnito? Dove posso ritrovarlo? Ne rientrerò mai in possesso?Ecco a questi angosciati interrogativi la risposta è: stiamo facendo ilpossibile i disguidi sono sempre possibili, le possibilità diritrovarlo sono buone, è possibile che lei sia contattato nei prossimigiorni. Capite? Proprio testuale: nei prossimi giorni. Rimettere lemani su quella scatola di plastica, una volta scoperto che essa haripreso la via del ritorno da Roma a Milano, significa scandagliaretutti i tapis roulant, tutti i nastri mobili che portano bagagli da unoscalo all’altro, fino al momento, un momento di giubilo, di intensaliberazione da un incubo, in cui quel fagotto riappare ed è possibileriportarlo a casa.
II bagaglio che sparisce resta, comunque,un caso isolato: ottocento valigie al giorno “sbagliano” destinazione enon sono poche. Ottocento piccoli e intensi drammi capaci di rovinareuna intera estate e rendere il rapporto uomo-volo assai precario eindigesto. Ma sono i ritardi nella consegna a mettere davvero allaprova ì nervi del viaggiatore. Il quale si è stancato. L’altro ieri aLinate, “causa organici insufficienti “, i passeggeri sono scesi inpista – letteralmente – e hanno preteso di riprendersi senz’altremediazioni i loro bagagli. Intervenuta la polizia. Lo stesso al”Falcone e Borsellino” di Palermo, quasi lo stesso a Fiumicino. Laconsegna delle valigie, che dovrebbe avvenire nei successivi 15-25minuti dall’atterraggio, di fatto è più lunga della stessa durata delvolo. Mezz’ora, tre quarti d’ora, anche un’ora davanti a quel nastrofermo, in attesa che si accenda la lampadina.
L’Enac, l’entedell’aviazione civile, dopo le multe a una compagnia assediata daviaggiatori inferociti per la cancellazione inspiegata dei loro voli,ora ha deciso di guardare da vicino anche al settore dei bagagli.Insomma ha ordinato un’inchiesta, almeno per dare un segnale che negliaeroporti italiani noti proprio tutto e il contrario di tutto passanocome fenomeni trascurabili, peggio, fisiologici. E’ un gesto tantolodevole quanto doveroso ancorché, forse, tardivo. I controllori,insomma, arrivano sempre “dopo”, a cose fatte, a disservizi patiti, aarrabbiature subite. E’ paradossale sentirsi dire che il personale hadiritto alle ferie, anche se ciò coincide con un formidabile aumentostagionale del traffico. Sarebbe come se i bagnini di Riminiprendessero le vacanze in luglio e in agosto promuovendo l’affitto deipattini per novembre e dicembre.
Questa catena di insulti,ripetuti e ingiustificabili, insulti all’efficienza dovuta a chi paga iservizi di cui ha diritto, è forse il segno di un abbassa mentogenerale della sensibilità e dell’attenzione verso la qualità deiservizi stessi. S’arriva, nei casi più gravi, quasi al maltrattamentofisico e psicologico del viaggiatore, quasi che il messaggio fosse: mastattene a casa, che ci fai in giro per il mondo di questi tempi?
Inun certo senso la mancanza di riferimenti certi e rapidi, di rispostecoordinate e se è il caso anche severe, si mostrano come aria metaforadel nostro traballante momento. Da una parte la prevenzione verso ilrischio di subire atti terrori stici consiglia di’ mettere tutto invaligia, dall’altra il rischio di perdere la valigia si fa,statisticamente, elevatissimo rispetto a quello dell’attentato. Inmezzo, schiacciato dai due rischi, stiamo noi. Noi e la nostra valigiasenza pace e senza meta. Rassicuriamoci, però. Adesso possiamoavvolgerla nella plastica, sigillarla, renderla inapribile,inviolabile, a tenuta stagna. Un business dal grande futuro, larisposta pronta al bisogno di sicurezza. Da adesso la nostra valigiasmarrita è a prova di ladro.
di Paolo Grandi per il messsaggero (estratto)