ALITALIA: INDISCREZIONI SU PIANO INDUSTRIALE, TAGLI DI PERSONALE E RIDIMENSIONAMENTO A MALPENSA

Esuberi di personale per una cifra imprecisata e taglio di alcune rotte verso Cina e India, oltre che un ruolo minore per Malpensa, sono alcune misure del piano industriale che Alitalia discuterà dopodomani per risollevarsi e rendersi attraente per potenziali acquirenti.Una fonte sindacale racconta a Reuters le idee che il presidente Maurizio Prato ha detto di voler portare all’incontro del 30 agosto, senza però dare dettagli su quanti e quali dei 20.000 dipendenti della compagnia aerea saranno indicati come personale in eccesso. Idee che non hanno trovato un rifiuto preconcetto fra i maggiori sindacati di Alitalia. La fonte aggiunge che in base al piano Alitalia ridurrà alcune delle rotte a lungo raggio, in particolare quelle verso Cina e India, dando un peso minore a Malpensa e risolvendo l’annosa questione dell’hub concorrente di Fiumicino.

 

Secondo la fonte, Prato ha detto che con i 20 aerei che lavorano sulle rotte a lungo raggio “Alitalia non può supportare due hub, di qui la scelta di ridurre la presenza su Malpensa e l’intenzione di cancellare alcune rotte, in perdita, verso la Cina e l’India”. La compagnia, che perde oltre un milione di euro al giorno, ha un peso crescente sul traffico interno del paese ma ha perso quote sul lungo e medio raggio a giugno e luglio.
“Esuberi non potranno non esserci, ci ha detto Prato che però si è detto disponibile a utilizzare tutti gli strumenti possibili per la gestione delle eccedenze”, ha detto la fonte.
Claudio Genovesi, segretario della Fit-Cisl, non si sorprende per questa ipotesi “quando una società si ristruttura si deve pensare che ci possa essere personale temporaneamente in eccesso”. I sindacati maggiori sembrano intenzionati a supportare il nuovo piano di Prato “anche la Cgil la pensa come noi, la gestione Prato è l’ultima chanche”.
Anche la scelta di asciugare Malpensa non incontra un sindacto sulle barricate. Genovesi aggiunge: “Alitalia e Malpensa, ognuno deve scegliere il suo business e fare il suo piano industriale”.
Il presidente che studia come garantire la continuità aziendale e ben disporre i potenziali acquirenti della quota del 49,9% in mano allo stato, non ha fatto numeri lasciando i sindacati a chiedersi se intende “eliminare l’ultima sacca di colleghi anziani circa 500 persone che potrebbero andare in pensione se fosse loro offerto uno scivolo per sette anni. Oppure se i vertici di Alitalia vogliono andare anche più in là”.
Un altro passaggio del piano industriale riguarderà le esternalizzazioni, che coinvolgerebbero circa 1.200/1.500 persone, tema delicato che ha sempre contrapposto i sindacati all’azienda. Non a caso Prato ha chiesto alle organizzazioni dei lavoratori di incontrarsi subito dopo la conclusione della riunione del consiglio giovedì 30 agosto sia pur riconfermando anche un altro incontro per il 3 settembre.

CERTIFICATORI CHIEDONO ADVISOR, PIANO

Da quello che ci è stato detto, dice una seconda fonte sindacale, Prato “ha offerto di riprendere in carico da Alitalia service la manutenzione e l’handling e procedere alla vendita delle attività informatiche, di quelle amministrative e del call center”. Fra l’altro per queste ci sono delle opzioni di vendita che scadono proprio il 30 agosto. Il cda del 30 agosto, secondo quanto è stato riferito a Reuters da una fonte deciderà anche chi sarà l’advisor scelto dai vertici della compagnia per la vendita di Alitalia. Indiscrezioni stampa indicavano fra i candidati Citigroup, Deutsche bank, Banca Leonardo, e JP Morgan. La nomina servirà a convincere i certificatori della società che azionista pubblico e managment vogliono garantire la sopravvivenza e la cessione della società. La Deloitte & Touche con l’aggravarsi della crisi di Alitalia, che nel primo trimestre ha chiuso con una perdita ante imposte di 147 milioni, è ovviamente diventata sempre più attenta. Già nella semestrale 2006 aveva espresso numerosi dubbi sugli ambiziosi obiettivi del piano industriale. Obiettivi, scriveva, dipendenti da fattori non sotto il controllo dei vertici della società e osteggiati dai sindacati. Poi, al momento di firmare il bilancio 2006, nel giugno 2007, aveva preteso che il Tesoro facesse una dichiarazione esplicita di non voler mettere in liquidazione la società in caso di fallimento della gara per la cessione della quota pubblica. Ora Prato deve portare un piano dettagliato di rilancio e anche qualche atto concreto che dimostri la volontà dell’azionista di vendere la compagnia nonOstante il fallimento della gara.
Di qui la necessità di nominare consulenti per la cessione e mettere su carta un piano industriale.

 

(REUTERS)
 

2007-08-29