ALITALIA: IL PIANO FENICE E I COMMENTI

AZSarà un’Alitalia molto “concentrata” sui voli nazionali anche se convinta dell’importanza di quelli internazionali. Sottoposta a una cura dimagrante – tagliati tra 80 e 100 aeromobili – la nuova compagnia nazionale sarà dedicata soprattutto al mercato del corto-medio raggio con 65 destinazioni, di cui circa sedici intercontinentali e le altre 49 sparse tra Italia e Europa. Addio agli hub di Milano e Roma e via libera a sei minihub, cioè sei aeroporti principali come Roma, Milano, Torino, Napoli, Venezia e Catania. Dal perimetro della nuova Alitalia resteranno fuori il settore cargo e la manutenzione pesante ma avranno un’ immediata ricollocazione anche perchè strategici al funzionamento. Così come i servizi amministrativi, i call center e il comparto dell’information technology: per questi servizi è prevista al momento “una zona grigia che però avrà presto la sua operatività”. Buone notizie, rispetto alle premesse, per il capitolo esuberi: il governo promette che saranno “solo” 3.250 i lavoratori e le lavoratrici da ricollocare su un totale Alitalia-AirOne di 17.500 al netto dei contratti a tempo che sono già già in scadenza e non saranno rinnovati.

Sono i punti principali del piano Fenice che l’ad di Cai Rocco Sabelli ha illustrato al tavolo in oltre quattro ore di confronto serrato ma, come sottolinea il ministro Sacconi in serata, “positivo perchè costruttivo”. Un tavolo affollato, caldissimo e con presenze di alto livello quello al secondo piano della sede del ministero del Lavoro in via Flavia. Oltre alle nove sigle sindacali – per Cisl e Uil sono presenti i segretari generali Bonanni e Angeletti – ci sono i quattro ministri – Sacconi (Welfare), Scajola (Sviluppo economico), Matteoli (Infrastrutture) e Ronchi – il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, il presidente della Cai Roberto Colaninno e l’ad Sabelli, gli acquirenti, e il commissario di Alitalia Augusto Fantozzi, il liquidatore.

Intorno alle venti, quando il tavolo del primo giorno si scioglie per darsi appuntamento a domani, c’è aria di missione compiuta negli uffici di via Flavia. “Il governo è impegnato – assicura Sacconi – a seguire passo passo il percorso di reinserimento di questi 3.250 lavoratori” per cui sarebbero già stanziati 180 milioni di euro in sei anni di cassa integrazione. Ma il fronte sindacale è diviso, per non dire spaccato: non tornano i conti degli esuberi. C’è una settimana di tempo. Una settimana definitiva e conclusiva per la tormentata storia di Alitalia. “La trattativa deve chiudersi il prossimo giovedì” ha messo in chiaro il commissario Fantozzi.

Prima di illustrare il piano che dovrà rilevare la parte buona di Alitalia e AirOne e fonderle nella neonata Compagnia aerea italiana, l’amministratore di Cai e di Banca Intesa ha voluto precisare: “Non siamo qui per fare una compagnia low cost”. Colaninno ha aggiunto: “Il trasporto aereo è un mercato in crescita. Questo piano non è un investimento a breve periodo e quindi non è una speculazione”. Un concetto che ha voluto ripetere anche Letta. Tutte risposte indirette a chi nel centro sinistra, come Bersani e D’Alema, intravede invece disegni speculativi. Anche il premier Berlusconi si preoccupa di smentire sul nascere queste voci: “Sono accuse senza fondamento”.

Il piano Fenice, un nuovo modello operativo. Sabelli parla per un’ora e mezzo, ha preparato una serie di cartelle lucide per spiegare il percorso di morte e rinascita di Alitalia. Che si regge sostanzialmente su un nuovo modello operativo. La nuova stagione prevede si basa sulla strategeia del point to point,in qualche modo al servizio del cliente. Da qui i sei minihub – Milano, Torino, Venezia, Roma, Napoli, Catania – che serviranno cioè le tratte più richieste dal mercato di Alitalia che già adesso, ha detto Sabelli, “è per l’87 per cento di breve-medio raggio”. Linate diventa diventa base della navetta Roma-Milano.
Alitalia, ecco il piano Fenice 65 rotte, 137 aerei, 3.250 esuberi

La nuova Alitalia nazionale. Le sei basi, le “24 destinazioni del mercato domestico” per un totale di 49 tra Italia e Europa, svelano in qualche modo quella che sembra la vera natura di Cai-Alitalia: una compagnia nazional-europea. Sabelli e Colaninno dicono l’opposto, che “il trasporto aereo è un mercato in crescita”, “l’intercontinentale è importante” e l’Italia sarà il porto verso “oriente e medioriente”. Ma la Compagnia aerea italiana sarà soprattutto quello che dice il nome: una compagnia nazionale.

Sedici destinazioni nel mondo. Le slides dicono che scompare ad esempio Los Angeles, mentre si aggiungerebbero mete come Shangai, Seul, Rio de Janeiro. I voli intercontinentali partono “14 da Milano e 4 da Roma”. A parte il declassamento di Fiumicino, la somma farebbe in questo caso 18 e non sedici.

La flotta. Passerebbe dagli attuali 220-239 di oggi – mettendo insieme gli aeromobili di Alitalia e AirOne – ai 137 della Cai. Questa la previsione almeno per il 2009. Nel 2013 gli aerei diventerebbero 158 di cui almeno 60 nuovi di officina. Restando all’oggi, la fusione e la rinascita di Az e AirOne comporta un taglio di circa 80-100 aerei per un quota di mercato domestico del 55 per cento, la somma dell’esistente.

Il partner straniero – E’ il convitato di pietra della riunione. Chi sarà il socio straniero coinvolto in Cai? E in quale percentuale? “L’acquirente prosegue i contatti con tutti i soggetti interessati” spiega il ministro Sacconi. Che sono più d’uno, “Air France, British ma anche Lufthansa”. E’ un argomento delicato quello del partner straniero, un colosso internazionale – questo il timore – che poi si “mangia” la piccola ma redditizia Cai-Alitalia. Un rumor in qualche modo collegato alle voci di speculazione e ai sospetti di “interessi privati in atti di ufficio da parte del governo” (Solari, Cgil). Sacconi lo sa ed è molto preciso: “E’ chiaro che qualsiasi socio straniero avrà una quota di minoranza”.
Gli esuberi – E’ il capitolo più difficile perchè ci sono di mezzo migliaia di famiglie. E’ anche quello che sta più a cuore al ministro del Welfare che interrompe un paio di volte la riunione per scendere in sala stampa, informare e dare messaggi tranquillizzanti. “I dipendenti effettivi, strutturali, non a tempo, di Alitalia e AirOne sono 17.500. Nel nuovo sistema Alitalia – precisa Sacconi – saranno riassorbiti 14.250 lavoratori di cui 11.500 nella Cai”. Fin qui tutto chiaro, quasi. Poi arrivano un po’ di capriole. Sacconi parla di “700 lavoratori tra call center e information technology che al momento sono in una zona grigia ma essendo servizi essenziali per la compagnia si capisce che dovranno essere operativi fin dal primo giorno”. Lo stesso si può dire dei 1600 incaricati della manutenzione e dei 450 del settore cargo. Se l’auspicabile diventa realtà, è tutto perfetto. “E’ un piano robusto e credibile e ambizioso si sviluppo” dice il ministro. La faccia è tesa ma convinta.

A lato della riunione non sono mancate le polemiche. Quella tra il ministro Scajola e il presidente della regione Lazio Piero Marrazzo che vorrebbe entrare in Cai con dieci milioni di euro a garanzia e tutela del territorio. “A ognuno il suo mestiere” gli ha detto Scajola. “Appunto, sto difendendo i lavoratori del Lazio” ha replicato il governatore.

Il commissario europeo ai Trasporti Antonio Tajani (Pdl) fa sapere che la Ue “potrebbe aver bisogno di ulteriori chiarimenti”. Insomma, al di là delle dichiarazioni e delle slide, il destino di Alitalia non è ancora deciso.

(repubblica.it)

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I COMMENTI DEI SINDACATI

Signor ministro, gentile acquirente, “ci spiace ma i conti non tornano”. Sono fin troppo espliciti Paolo Maras e Andrea Cavola i rappresentanti di Sdl – oltre 1.700 iscritti che pesano in Alitalia, la terza sigla per importanza seduta al tavolo – quando prendono la parola dopo l’illustrazione dell’ad di Cai Rocco Sabelli. “Non tornano i conti dei dipendenti e degli esuberi – spiegano – perchè solo quattro mesi fa quando eravamo al tavolo di Air France, Alitalia da sola contava 18.350 dipendenti. Come fate oggi a dirci che Alitalia e AirOne insieme contano 17.500 dipendenti?”.
trattativaQuesta dei numeri che non tornano è solo delle ombre calate oggi sul tavolo della trattativa Alitalia. Un tavolo che sembra ancora lontano da soluzioni e dal successo. Schematizzando un po’, infatti, è possibile dire che il fronte sindacale resta diviso dopo l’illustrazione del piano. Da una parte gli scettici, quelli che vogliono vedere le carte e tenerle in mano come Sdl, Anpac, Anpav, Avia, Up e Cgil in testa. Dall’altra Angeletti e Bonanni, numeri uno di Uil e Cisl, oggi entrambi presenti al tavolo, per cui “il piano è buono e gli esuberi sono meno di quanti previsti da Air France”.

Il leader della Cgil Guglielmo Epifani è stato il grande assente oggi in via Flavia. Impegni precedenti, è stato spiegato. Ma è stato in contatto costante con Fabrizio Solari, il “suo” confederale. E ha rilevato una prima stranezza: “Ci dovevano consegnare il piano ma è stato solo illustrato e non consegnato. Siamo di fronte ad un piano enunciato e non definito e spero che questo possa significare che ci sono margini per cambiare in qualche aspetto il piano illustrato”.

I piloti dell’Anpac rilevano “forti criticità per l’arretramento sul lungo raggio e la perdita del cargo”. Giudizio sospeso tra i piloti dell’Up e gli assistenti di volo dell’Avia. I più drastici sono sicuramente gli iscritti di Sdl. Cavola si sofferma sui numeri. “A parte che non torna la cifra di partenza sui dipendenti, come si può dire che 700 saranno assorbiti da una parte, 450 da un’altra e 1600 in un altro modo ancora senza averne la certezza? Stiamo parlando di stipendi e di famiglie”. Non funziona neppure il piano industriale. “Eccessiva riduzione della flotta e preoccupante conseguente taglio del lungo raggio. Come può quella che ci è stata descritta oggi essere una compagnia competitiva nel mercato globale?”.

Sdl con gli altri sindacati ha chiesto ed ottenuto di procedere nei prossimi “giorni punto per punto”. Sacconi aveva chiesto di andare avanti con commissioni tematiche al lavoro in modo parallelo. “Ma noi preferiamo che prima si affronti il nodo del piano industriale, poi quello dei contratti e infine quello degli esuberi”. Una cosa alla volta. E i sette giorni di tempo contigentati da governo e commissario? “Vedremo, forse basteranno, chissà…” replica Cavola. Insomma, se qualcuno già stasera voleva passare da via Flavia per un brindisi, quel qualcuno può attendere. Almeno una settimana.

(repubblica.it)