Per Alitalia arriva un ‘super-decreto’. Non un nuovo provvedimento, ma l’accorpamento in un unico decreto di tutte le norme emanate in questi ultimi giorni dal governo sulla compagnia di bandiera. Ma l’opposizione e in particolare il Pd oppone un “altolà”, con la richiesta che il decreto così configurato ricominci il suo iter parlamentare dalla commissione.
Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Elio Vito ha annunciato che oggi al comitato dei nove – cioé il gruppo ristretto di componenti della commissione Trasporti della Camera che istruisce i lavori d’aula – presenterà un maxi-emendamento al decreto sul prestito ponte da 300 milioni di euro ad Alitalia, emanato il 23 aprile scorso dal governo Prodi.
Nel testo, ha spiegato Vito, ci saranno le norme contenute nel decreto fiscale, con cui si trasforma il prestito ponte in patrimonio netto, e quelle riguardanti la deroga alla disciplina sulle privatizzazioni, che consentono anche l’indicazione dell’advisor, incarico che il Cda della compagnia ha affidato oggi a Intesa Sanpaolo.
L’unificazione delle norme in un unico provvedimento, ha affermato Vito, permetterà “una discussione più agevole in Parlamento così come richiesto dalle opposizioni. Speriamo che questo gesto venga accolto favorevolmente dall’opposizione – ha auspicato il ministro – e permetta il dibattito alla Camera e al Senato”, dove il provvedimento dovrà a questo punto tornare. In realtà, dall’opposizione è già arrivato un altolà da Pier Paolo Baretta, capogruppo del Pd in commissione Bilancio. “Se le cose stanno così – ha detto – il decreto deve rifare tutto il suo iter parlamentare in commissione, che deve poter svolgere i suoi controlli”. Il Pd non ci sta che la tecnica del maxi-emendamento da presentare direttamente in aula, bypassando la commissione, divenga prassi parlamentare, dopo che Berlusconi ne ha fatto largo uso con la Finanziaria nella legislatura 2001-2006. Ma soprattutto il Pd, se condivide l’idea del prestito ponte, non accetta la sua trasformazione in patrimonio della compagnia di via della Magliana, cosa che lo trasforma in aiuto di Stato, come sottolinea il ministro ombra dei trasporti Andrea Martella. Inoltre, viene visto con sospetto le modalità scelte per favorire la privatizzazione, che derogano completamente le attuali leggi in materia. “E’ un atto di arroganza fortissimo – ha detto Martella – perché il governo fa delle norme ad hoc per fare quello che vuole”.
E anche qui la deroga alla legge Draghi sulle privatizzazioni potrebbe far storcere il naso a Bruxelles. Inoltre “ancora non si capisce quale sia la cordata, quale il progetto e quale il piano industriale”. E una dura critica arriva anche da Italia dei Valori, con il capogruppo in Senato Felice Belisario: la trasformazione del prestito ponte in patrimonio è una “statalizzazione” bella e buona di Alitalia.
BERLUSCONI, CON AF POSSIBILI SOLO ALLEANZE – Non poteva che finire al centro del colloquio bilaterale a Palazzo Chigi tra Silvio Berlusconi e Nicolas Sarkozy il ‘fallimento’ della trattativa tra Air France ed Alitalia, per mesi al centro delle cronache, con una riapertura a sorpresa di una possibile collaborazione da parte del premier italiano. Proprio nelle ore in cui il Cda della compagnia tricolore si appresta a conferire ad Intesa Sanpaolo il ruolo di advisor ed il numero uno di AirFrance-Klm sostiene, citando Maurizio Prato, che “per Alitalia ci vuole l’esorcista”. “Per il futuro – apre Berlusconi – Alitalia avrà convenienza a trovare accordi con compagnie internazionali e Air France potrebbe essere un’ottima soluzione”. Il presidente francese Nicolas Sarkozy non chiude la porta. “E’ il management di Air France che deve prendere la sua decisione”, afferma in conferenza stampa congiunta con Berlusconi a Palazzo Chigi, aggiungendo che la posizione del premier italiano rappresenta “la volontà di non chiudersi nessuna porta alle spalle”. “Ci potrebbe essere sempre un’altra opportunità di collaborare”, aggiunge Sarkò. Al premier però preme sottolineare le cause “chiare a tutti”, del fallimento della trattativa nei mesi scorsi. “Sono chiare a tutti le motivazioni per le quali si sono dovuti interrompere i rapporti con Air France – sottolinea Berlusconi -: come condizione necessaria AF poneva la riduzione dei lavoratori e su questo i sindacati hanno preso posizione. Inoltre, le condizioni poste da AF non corrispondevano all’interesse italiano di non privarsi di una compagnia di bandiera”.(Ansa)