LA COSPIRAZIONE DELLE SCIE CHIMICHE – MOTORISTICA
Sommario
- Prefazione
- Meteo
- Motoristica
- Le scie di condensazione
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- Conclusioni
Descriviamo ora il funzionamento dei motori a reazione che equipaggiano gran parte degli aeromobili nel mondo.
Per prima cosa esaminiamo le parti che compongono il motore, da un punto di vista schematico (per ora parliamo di reattori a flusso semplice, di quelli a doppio flusso parleremo in seguito). Nella figura sottostante:il primo elemento che incontriamo è la PRESA D’ARIA, che, come dice il nome, ha il compito di captare l’aria esterna e convogliarla verso le altre parti del motore; al suo interno avviene già una prima piccola compressione per effetto dinamico. L’aria così aspirata viene inviata al COMPRESSORE (che può essere o centrifugo o assiale: il primo in uso nei piccoli motori e nelle turboeliche, il secondo è generalizzato su tutti i grossi motori), dove l’aria viene compressa fino a raggiungere rapporti di compressione molto elevati. In seguito l’aria viene inviata alle CAMERE DI COMBUSTIONE, dove viene iniettato il combustibile (kerosene) e si ha quindi la combustione. Non tutta l’aria uscente dal compressore viene bruciata nelle camere, la maggior parte di quest’aria non partecipa alla combustione: ad esempio, se la quantità di aria compressa è, in peso, 60 volte maggiore della quantità di combustibile, di queste 60 parti, 15 vengono utilizzate per la combustione (aria primaria e secondaria), le altre 45 parti in peso lambiscono esternamente la camera, raffreddandola, e si uniscono ai prodotti della combustione successivamente prima dell’entrata in turbina, diminuendo la temperatura del flusso. La turbina sfrutta l’energia dei gas (pressione e temperatura) per produrre il lavoro necessario all’azionamento del compressore, alla quale è collegata mediante un albero. I gas uscenti dalla turbina vengono poi avviati all’ugello di scarico, nel quale subiscono una ulteriore espansione, uscendone ad elevata velocità andando a costituire il getto.
Questo getto in uscita dal motore provoca, per reazione, una spinta in avanti, che è poi la spinta che provoca il movimento dell’aereo. Tale forza è data dalla relazione:
F=m(U-V)
dove m è il flusso massico in uscita, U è la velocità di uscita del getto e V è la velocità di volo dell’aeromobile.
Da un punto di vista termodinamico, queste macchine, come tutte le turbine a gas, utilizzano il ciclo Brayton.
Contrariamente al ciclo del motore alternativo (ad esempio quello che equipaggia le normali automobili, che si basa sul ciclo Otto oppure Diesel), che si svolge in un unico contenitore (il cilindro), il ciclo delle turbine a gas, di cui il motore a reazione fa parte, si svolge in quattro elementi: compressore, camera di combustione, turbina, ugello terminale con lo scarico in aria libera.
Riportando il ciclo su un diagramma p-v (pressione-volume) avremo (riferendoci al ciclo teorico):
-Una compressione adiabatica, 1-2, durante la quale l’aria, ricevendo il lavoro W12 dal compressore, passa dalla temperatura T1 e dalla pressione p1 alla temperatura T2 e alla pressione p2.
-Una trasformazione (combustione) a pressione costante 2-3, durante la quale viene ceduta al fluido la quantità di calore Q23, nelle camere di combustione: alla fine (punto 3), il fluido avrà una temperatura T3 (maggiore naturalmente di T2, ma minore della temperatura di combustione, perché comprende anche l’aria del raffreddamento che non ha partecipato alla combustione) e la pressione p2.
-Una espansione 3-4 che si divide in due tratti: il primo (3-3’) avviene nella turbina (al termine il fluido avrà temperatura T3’ e pressione p3’), e il lavoro prodotto dal fluido durante questa prima espansione serve ad azionare il compressore ed è uguale al lavoro W12 assorbito dal compressore nella trasformazione 1-2.
Il secondo tratto (3’-4), avviene nell’ugello ed in questa seconda espansione il fluido subisce una forte accelerazione che lo porta alla velocità di uscita U.
Da ultimo avviene lo scarico 4-1 che avviene all’aria aperta, a pressione costante.
Nel caso di un motore turboelica, l’espansione 3’-4 avviene sulla turbina che darà il moto all’elica.
Il rendimento teorico di questo ciclo dipende principalmente dal rapporto di compressione, ed aumenta all’aumentare di esso. Chiaramente il ciclo teorico non è realizzabile nella realtà; ad esempio nel ciclo reale le compressioni non sono adiabatiche e inoltre bisogna tenere conto delle varie perdite all’interno del motore. Il rendimento termico del ciclo reale cresce quanto maggiore è la temperatura a cui vengono portati i gas durante la combustione, prima dell’espansione. Questo valore naturalmente non può aumentare all’infinito, dato che la temperatura deve stare entro i limiti imposti dai materiali con cui sono costruite le turbine (i materiali moderni, i miglioramenti delle tecniche metallurgiche e i sistemi di raffreddamento in uso oggi hanno comunque permesso di innalzare molto le temperature a cui le turbine possono resistere).
Abbiamo fin qui considerato un motore a getto in cui tutta l’aria aspirata passa nel compressore per poi proseguire il ciclo. Un tale motore viene detto a flusso singolo, è cioè un turboreattore puro. Ci si è accorti però che questo tipo di motore offre rendimenti molto buoni solo a velocità e quote elevate: le sue prestazioni a bassa velocità sono scarse. In particolare il rendimento propulsivo, che dipende dal rapporto U\V, alle velocità di volo normali dei jet civili rimane basso. Per aumentarlo è necessario diminuire U, ma per far ciò senza che avvenga una diminuzione della spinta ( che ricordiamo essere data da F=m(U-V) ), occorre aumentare la massa dei gas espulsi.
Si sono quindi realizzati i turboreattori a doppio flusso: presentano una ventola in ingresso (fan) che accelera una gran quantità d’aria, ma solo una parte è avviata nel compressore, la restante viene inviata direttamente allo scarico, dove si può unire al flusso dei gas combusti, oppure essere espulsa da un ugello separato.
L’aumento della massa totale espulsa mantiene alto il prodotto m(U-V), anche al diminuire di U, la spinta rimane alta e il rendimento propulsivo aumenta. Si hanno rendimenti maggiori nelle condizioni di utilizzo tipiche dei jet civili rispetto al turboreattore puro, diminuisce molto la rumorosità a causa della minore velocità del getto (e la rumorosità dipende in gran parte dal getto), cala l’inquinamento prodotto e diminuisce il consumo specifico.
Schematizzando si può dire che per funzionare con alti rendimenti propulsivi e quindi bassi consumi specifici, i motori devono produrre la spinta imprimendo piccole accelerazioni a grandi masse d’aria (il che si ottiene con propulsori a grande rapporto di by-pass). I turboreattori puri o a basso rapporto di diluizione rimangono adatti ad esempio per applicazioni militari, dove le alte velocità permettono comunque rendimenti propulsivi soddisfacenti.
Al giorno d’oggi la stragrande maggioranza dei motori in uso nell’aviazione civile è rappresentata da motori a doppio flusso, detti anche turbofan.
I compressori assiali dei grossi motori hanno molti stadi di compressione, ognuno formato da una parte fissa (statore) e una rotante (rotore). Anche le turbine possono essere a più stadi. Nei motori moderni il compressore è stato sdoppiato, in modo da formare un compressore di bassa pressione e uno di alta pressione, ognuno azionato dalla rispettiva turbina tramite alberi coassiali. Questa soluzione permette un miglior rendimento e una maggior flessibilità del compressore in tutti i regimi di funzionamento a cui è chiamato, tenendosi più agevolmente lontano dalle condizioni di instabilità, potendo operare ognuno alla velocità più consona a realizzare le migliori efficienze.
Come abbiamo già accennato, nei turbofan i primi stadi del compressore di bassa pressione hanno diametro molto elevato, costituendo la ventola che accelera il flusso.
Nel disegno sottoriportato, che si riferisce ad un motore Pratt&Whitney JT8D, si vedono bene il compressore di bassa pressione, di cui i primi due stadi fungono da fan, seguono gli altri quattro stadi del compressore BP, il compressore AP a sette stadi, le camere di combustione, la turbina ad alta pressione monostadio e la turbina di bassa pressione a tre stadi. Intorno al cuore del motore si nota chiaramente il condotto di By-pass del flusso freddo, che si ricongiunge al flusso caldo proveniente dalle turbine nell’ugello di scarico.
Nella figura seguente invece possiamo vedere lo spaccato di un Turbofan ad alto rapporto di by-pass PW4000: ha un fan di ben 2,84 metri di diametro, un compressore BP a sei stadi e uno AP a undici. Le turbine sono rispettivamente a due stadi quella di alta e a sette quella di bassa. E’ interessante notare le camere di combustione di tipo anulare: questo tipo di camera, in cui si ha un unico tubo di fiamma, permette un ottima combustione. Insieme all’evoluzione degli ugelli del combustibile e ai sistemi di controllo elettronico, oggi si possono ottenere combustioni sempre più efficienti, quindi più pulite e con minori emissioni di agenti inquinanti.
Per completezza di informazione, è doveroso riportare che esistono anche Turbofan a tre alberi, come i Trent della Rolls Royce, in cui è presente anche un gruppo a pressione intermedia, oltre ai classici gruppi ad alta e bassa pressione.
Le camere di combustione possono essere di tre tipi: Multiple, Tubo-Anulari o Anulari. Le camere Tubolari (o multiple), presentano più elementi tubolari singoli, di cui ognuno è una camera di combustione completa. Oggi è quasi totalmente caduta in disuso, e si adattava bene ai compressori centrifughi.
Le camere Tubo-Anulari hanno diversi tubi di fiamma racchiusi in un unico carter esterno:l’aria di raffreddamento fluisce tra i tubi di fiamma e il carter esterno.
Le camere anulari invece sono costituite da un unico tubo di fiamma disposto ad anello intorno al carter di passaggio dell’albero turbina compressore. Sono quelle più moderne e che permettono la migliore combustione.
Come abbiamo accennato all’inizio il rendimento dipende anche dalla temperatura T3 che hanno i gas prima di investire le turbine, temperatura che non si può aumentare all’infinito, perché bisogna tenere conto della resistenza dei materiali. I materiali con cui sono costruite le turbine sono frutto delle più moderne tecniche metallurgiche: pensate che, per ottenere rendimenti elevati, le estremità delle palette della turbina di alta pressione devono sopportare velocità periferiche dell’ordine dei 450 m/s, mentre vengono investite da un flusso di gas a temperature prossime ai 1000 gradi centigradi e dotati di velocità di deflusso dell’ordine dei 750 m/sec: enormi sollecitazioni sia termiche che meccaniche! La possibilità di ottenere turbine capaci di rendimento e durata adeguati a soddisfare le esigenze dei moderni motori, è perciò subordinata all’impiego di speciali procedimenti costruttivi (come la tecnica monocristallo) e di materiali dotati di particolari caratteristiche di resistenza al calore e alle sollecitazioni meccaniche (come le leghe Nimonic, usate anche per le camere di combustione). Importante è poi il sistema di raffreddamento, che utilizza aria spillata dal compressore del motore: indirizzata opportunamente, essa raffredda i dischi e inoltre provvede anche al raffreddamento interno delle palette, da cui esce tramite sottilissimi fori, creando uno strato isolante che tiene separato il flusso caldo dei gas dal metallo.
Un problema che si pone è il controllo del franco esistente tra carter e turbina: esso deve essere il più piccolo possibile, ma non deve azzerarsi se non si vuole che le palette “grippino” contro il carter. I motori moderni utilizzano un sistema di controllo attivo del franco sia sui compressori che sulle turbine: esso mantiene sempre il gioco tra paletta e carter al valore ottimale, modulando il raffreddamento esterno del carter a seconda delle condizioni.
I propulsori aeronautici a turbina, utilizzano come combustibile il Cherosene. In particolare il combustibile usato da tutta l’aviazione civile nel mondo, e quindi reperibile in tutti gli aeroporti, prende il nome di JET A-1. Esso è rigorosamente standardizzato nelle sue caratteristiche, uguale in tutto il mondo. Oltre alla base di Cherosene, contiene alcuni additivi, come un anticongelante, per evitare che l’acqua in sospensione congeli e un elemento che impedisce la formazione di microrganismi e muffe (comunque il combustibile viene di solito riscaldato prima di essere inviato al motore, ad esempio tramite scambiatori olio-combustibile).
Con queste brevi note si è voluta dare una piccola introduzione sul funzionamento dei motori a reazione e dei fenomeni fisici e termodinamici che ne permettono il funzionamento. Lo scopo è principalmente quello di far capire quanta tecnologia e quanta ricerca stanno dietro a questi propulsori.
Essi oggi rappresentano delle macchine perfette, capaci di assicurare in totale sicurezza migliaia e migliaia di ore di funzionamento; l’accuratezza progettuale e le prove a cui sono sottoposti garantiscono totale affidabilità in ogni condizione di utilizzo.
Rispetto agli anni passati, si sono avute notevolissime riduzioni delle emissioni rumorose e delle emissioni inquinanti. In particolare queste ultimo obiettivo si è potuto raggiungere grazie al passaggio ai motori ad alto by-pass (che come sappiamo sono anche molto silenziosi), grazie all’evoluzione delle camere di combustione e degli ugelli del combustibile, ai controlli elettronici del motore e a una progettazione accurata per ottimizzare i flussi interni al propulsore. Grazie a tutti questi accorgimenti un moderno turbofan inquina pochissimo e mantiene alti rendimenti in tutte le condizioni, arrivando a produrre, per i motori più grossi, spinte superiori ai 25.000 kg.
EMISSIONI DA TURBINE A GAS
1. Generalità
I problemi di inquinamento da turbine a gas aeronautiche si risentono specificamente in zone aeroportuali e nella stratosfera. I principali agenti inquinanti sono:
– Fumo e particolato
– Monossido di Carbonio (CO)
– Idrocarburi incombusti (HC)
– Ossidi di Azoto (NOx= NO, NO2)
– Biossido di Zolfo (SO2)
Vi sono inoltre prodotti della combustione non inquinanti in senso stretto come CO2 ed H2Oche possono contribuire al cosiddetto “effetto serra” (riscaldamento terrestre).
Esistono in campo aeronautico regolamenti che impongono le massime emissioni ammesse in relazione ai tipi di motore ed ai cicli di funzionamento.
Premessa: come funziona una camera di combustione
Approfondiamo brevemente il funzionamento di una camera di combustione, già accennato nella parte precedente (le percentuali d’aria riportate sono puramente teoriche, a scopo didattico: chiaramente poi ogni motore potrà avere caratteristiche diverse). L’aria proveniente dal compressore, nonostante il rallentamento subito nel diffusore, si presenta comunque con una velocità troppo elevata per una combustione corretta. Per prima cosa quindi, la camera provoca, attraverso il passaggio dell’aria nella sezione iniziale divergente, un ulteriore diminuzione della velocità, e naturalmente il conseguente aumento di pressione.
Il Cherosene brucia in maniera ottimale quando il rapporto aria-combustibile (titolo della miscela) è vicino al valore stechiometrico di 15:1. Nel tubo di fiamma vero e proprio entra solo il 20% circa della massa d’aria totale, mentre il restane 80 % è convogliato nell’intercapedine tra tubo di fiamma e carter esterno della camera. All’imbocco del tubo di fiamma si trova un vorticatore e uno schermo di lamiera perforata, attraverso il quale l’aria entra nella zona di combustione primaria: quest’aria viene detta aria primaria. Poco più della metà dell’aria primaria passa attraverso il vorticatore, la restante attraverso lo schermo perforato. Nelle pareti adiacenti la zona primaria si trovano ulteriori fori, attraverso il quale entra un ulteriore 20% d’aria (proveniente da quell’80% che non è entrato subito nel tubo), chiamata aria secondaria. Questa, interagendo con la primaria dotata di moto vorticoso, crea una zona di circolazione a basa velocità, un vortice toroidale che ha la funzione di stabilizzare la fiamma. L’ugello spruzza il combustibile proprio nel centro di questo vortice. Le goccioline di combustibile possono così miscelarsi intimamente con l’aria, favorendo una corretta combustione. La temperatura rilasciata dalla combustione è eccessiva per l’entrata in turbina, quindi si provvede a far entrare un’altra parte di aria, aria terziaria, che entrando progressivamente nel tubo di fiamma diminuisce la temperatura. La combustione però deve essere completata prima dell’ingresso dell’aria di raffreddamento, altrimenti l’ingresso dell’aria terziaria “bloccherebbe” la combustione, favorendo l’uscita di gas ricchi di depositi carboniosi e facendo calare il rendimento del motore. Circa un 20% dell’aria terziaria viene fatto entrare nel tubo (nella zona di diluizione), il resto provvede a raffreddare le pareti del tubo di fiamma stesso. Alla fine anche quest’aria si unirà al flusso, abbassando ulteriormente la temperatura fino a valori accettabili dalla turbina.
2. Meccanismi di formazione degli inquinanti
Analizziamo ora brevemente i meccanismi di formazione dei principali inquinanti.
Monossido di Carbonio
In genere si forma dove manca O2 (miscela ricca) o dove c’è scarso mescolamento. Si forma anche per dissociazione di CO2 ad alta temperatura.
Idrocarburi incombusti
Sono costituiti da combustibile che non reagisce o da prodotti di rottura delle molecole più grandi. La loro formazione dipende da inadeguato mescolamento o cattiva atomizzazione del combustibile. In genere diminuiscono all’aumentare della pressione e della temperatura (aumenta la velocità di reazione).
Ossidi di Azoto (NOx)
Gli ossidi di Azoto si formano in zone ad alta temperatura (>1500 °C) con disponibilità di O2. Il processo di formazione è endotermico ed il composto predominante è NO che si può ossidare a NO2 ( NO + NO2 = NOx).
Fumo
E’ costituito da particolato in genere molto fine. Si origina in zone di fiamma ricca o dove non c’è buon mescolamento (zone fredde, mancanza di O2). Nei combustori in genere si forma al centro, in corrispondenza della zona più densa dello spray di combustibile (scarso O2). Parte del fumo (soot) formatosi qui viene poi bruciato nella zona a valle intermedia e/o di diluizione. Quello che non viene bruciato è scaricato.
Nel caso di combustori per turbogetti i parametri che maggiormente influenzano la produzione di fumo sono:
– Proprietà del combustibile.
– Pressione e temperatura di combustione.
– Rapporto aria-combustibile .
– Polverizzazione del combustibile (gli air-blast sono preferibili agli atomizzatori a pressione)
– Tipo di iniezione
Biossido di Zolfo (SO2) ed SO3
Praticamente quasi tutto lo Zolfo contenuto nel combustibile viene ossidato ad SOx ( SO2 + SO3, SO2>> SO3 ) per cui anche le tecniche di controllo si riconducono ad eliminare per quanto possibile lo Zolfo dal combustibile.
Emissioni di NO2
NO si ossida ad NO2 a bassa temperatura. In genere questa ossidazione avviene quando i gas di scarico lasciano il motore ma NO2 può anche parzialmente formarsi nel motore in zone a bassa temperatura con eccesso d’aria.
4. Metodi per la riduzione degli inquinanti
Monossido di Carbonio (CO)
Le tecniche per ridurre CO sono le seguenti:
– Migliorare l’atomizzazione per ottenere maggiore omogeneità (ad esempio: airblast atomizer)
– Riduzione dell’aria di raffreddamento specie in zona primaria
– Distribuzione opportuna del combustibile tra i vari iniettori, bloccandone alcuni in modo da incrementare le prestazioni degli altri in condizioni di carico parziale
In generale tutte queste tecniche hanno lo scopo di migliorare l’efficienza di combustione (particolarmente critica al minimo).
Idrocarburi incombusti (HC)
Seguono un comportamento analogo a CO.
Ossidi di Azoto (NOx)
Il fattore di maggiore importanza per la formazione degli NOx è la temperatura (oltre ai tempi di reazione ed alla disponibilità di O2).
Temperatura e tempo di residenza nella zona primaria si possono ridurre aumentando il flusso di aria, ma questo incrementa CO ed HC.
Le tecniche che vengono in genere usate per la riduzione di NOx sono le seguenti:
– Zona primaria magra in modo da ridurre la temperatura Questo fa aumentare HC e CO per cui non si può smagrire oltre un certo limite (anche problemi di accendibilità)
– Zona primaria ricca in modo da diminuire temperatura e disponibilità di O2. Ci sono però problemi per la ossidazione di CO ed HC
– Aumento della omogeneità della miscela con migliore atomizzazione e mescolamento. Si evitano zone più calde della media e si ottengono buoni risultati con miscele mediamente povere
Fumo
La formazione di fumo (soot) è controllata più da parametri fisici (atomizzazione e zone di miscela ricca) più che dalla cinetica. Si può iniettare più aria nella zona primaria ma questo aumenta in genere CO ed HC. L’uso di air-blast aiuta a limitare il fumo (migliora l’atomizzazione).
In genere comunque per mantenere le emissioni di CO, HC ed NOx entro limiti ragionevoli (limiti imposti) è necessario tenere la temperatura di combustione (in particolare nella zona primaria di combustione) tra i 1600 °K ed i 1750 °K circa in tutto il campo di utilizzo del motore.
Da quanto detto risulta evidente quanto sia importante ai fini della riduzione degli inquinanti una combustione efficiente, ottenuta con un mescolamento perfetto tra aria e combustibile; le camere anulari di ultima generazione permettono un elevatissima efficienza di combustione. I composti inquinanti come gli idrocarburi incombusti e il fumo si producono nella zona primaria, dove in alcuni punti la combustione avviene a titoli eccessivamente ricchi: la maggior parte viene poi eliminata nella zona di diluizione, dove l’eccesso d’aria permette l’ulteriore ossidazione degli idrocarburi. Gli ugelli di tipo più moderno offrono il vantaggio di eliminare le zone ad alta concentrazione di combustibile che invece si formano in prossimità dei getti degli altri tipi di ugello, riducendo la presenza di fumo e depositi carboniosi negli scarichi. Tutto ciò permette ai motori attuali di rientrare ampiamente nei limiti stabiliti. E’ da considerare poi che l’inquinamento, dagli inizi della propulsione a getto, si era già notevolmente abbassato per l’entrata in linea in modo pressoché generalizzato, nell’aviazione civile, dei turbofan con rapporto di diluizione sempre più alto.