RFID METTE LE ALI

rfid malpensaMalgrado il match durissimo in corso in questi giorni tra Alitalia e Malpensa delinei un orizzonte turbolento per lo scalo lombardo, Sea – la società che gestisce la struttura – non abbassa la guardia sul fronte Rfid. E dà il via, sotto la supervisione dei tecnici di Lab#Id, il laboratorio Rfid dell’Università Carlo Cattaneo – LIUC, alle prove di valutazione del nuovo sistema di identificazione e gestione dei bagagli attraverso le onde radio che, nel Terminal 2, dovrebbe essere attivato a partire dal prossimo settembre. Non si sa ancora se la tabella di marcia verrà rispettata con puntualità. Ma al momento si sta procedendo con celerità e la piattaforma ha subito un primissimo test di sei ore proprio ieri (nuovi esperimenti sono previsti anche sabato e domenica prossimi).

Secondo quanto risulta a Rfid Italia sarà necessario apportare ancora qualche modifica al sistema, riconfigurando sia l’hardware che il software. Ma si tratta di interventi di routine in progetti come questi e che non dovrebbero fare slittare la tempistica generale. Una volta che il laborario dell’ateneo lombardo avrà presentato le sue valutazioni conclusive, la palla passerà di nuovo a Sea.

L’utilizzo dell’Rfid dovrà garantire al Terminal 2 (ma si prevede già l’espansione anche al Terminal 1) un sensibile incremento dell’efficenza e della rapidità nella gestione del bagaglio dei passeggeri. A ogni borsa o valigia, infatti, verrà applicata un’etichetta contenente un tag Rfid, che potrà essere letta a distanza durante tutte le fasi precedenti l’imbarco dei bagagli. I tag sono del tipo Uhf, nel rispetto degli standard Iata (International Air Transport Association), in modo da garantire l’interoperabilità a livello mondiale con gli altri Hub che hanno optato per lo stesso tipo di tecnologia. Il chip comunica, attraverso le onde radio, con molteplici antenne poste lungo tutto il percorso che va dal check-in all’aereo, inviando un segnale all’impianto di smistamento che indirizza le valigie al volo di destinazione. In questo modo si eliminano le mancate letture, principale causa di smarrimento con il vecchio sistema a barcode.

Malpensa rappresenta uno dei numerosi esempi di applicazione dei tag al tracciamento delle valigie negli aeroporti. Boeing e FedEx, per esempio, nel 2004 si sono appoggiate con successo a Motorola nei primi test di prova e nel maggio 2005 la Federal Aviation Administration (Faa) ha approvato l’utilizzo di tag passivi sui velivoli. Ancora, l’ok all’identificazione a radiofrequenza è arrivato anche dall’aeroporto internazionale di Hong Kong e dal Las Vegas McCarran International Airport. Tuttavia il binomio “etichette & bagagli” rappresenta soltanto una delle diverse applicazioni di grandi interesse e utilità che le onde radio permettono di sviluppare in questo comparto e l’industria Rfid – pur scontando ancora molti ostacoli sul fronte della regolamentazione – sta facendo, giorno dopo giorno, notevoli progressi. Vediamoli in dettaglio.

Componentistica a tutto tag
Nel mese di maggio 2005 la Faa ha consentito alle compagnie di adottare tag Rfid passivi anche sulla componentistica degli aeromobili. Il governo federale richiede il monitoraggio costante delle singole parti dei mezzi e un prospetto aggiornato del loro processo di manutenzione. Fino ad ora gli standard adottati si sono basati sui codici a barre. Dopo la sentenza della Faa, Boeing ha già disposto per il 2010 l’adozione di etichette per tracciare duemila componenti della sua nuova flotta di 787 Dreamliner. I fabbricanti dei pezzi, pertanto, dovranno applicare tag Uhf alle loro forniture prima di spedirle a Boeing e le compagnie aeree che acquistano i velivoli saranno in grado di codificare i dati relativi alla manutenzione direttamente sulle etichette.
Quali saranno i vantaggi? I barcode si rivelano difettosi nel 20 per cento dei casi e possono essere letti soltanto a una distanza molto ravvicinata (spesso non consentita negli hangar o nei magazzini). Al contrario, i tag passivi consentono agli utenti di migliorare i loro processi di controllo, a vantaggio della produttività quotidiana del lavoro, consentendo ai tecnici, per esempio, di “leggere” tutte le etichette in un colpo solo anche in spazi ridotti. L’Rfid, inoltre, elimina la possibilità di errore umano nel processo di immissione dei dati e di decodifica sui barcode, con un aumento del 99 per cento della sicurezza complessiva delle operazioni. Prima del decollo, inoltre, attraverso un lettore palmare, si può verificare lo stato dei giubbotti di salvataggio e di tutta l’attrezzatura di emergenza in tempi rapidissimi.

In generale si prospetta lo stesso incremento di efficienza nei processi organizzativi che l’Rfid ha già fatto riscontrare in altri contesti industriali. Questa tecnologia, dunque, si qualifica come uno strumento valido per aumentare la sicurezza, la certezza delle verifiche di conformità e la complessiva manutenzione degli aeromobili.

Cargo “antifurto”
L’Rfid si sta rivelando di particolare utilità sui cargo, per il tracciamento degli Ulds (acronimo di Unit Load Devices), le grandi unità mobili adibite al trasporto di merci e materiali. Al di là della loro funzione, le Ulds sono di per sé beni preziosi, la cui proprietà è spesso condivisa da più vettori – o anche dagli stessi destinatari che provvedono ad acquistarli – attraverso accordi multilaterali.

La lussemburghese Cargolux, così, ha riferito di perdere ogni anno il 2 per cento delle sue unità Ulds, percentuale che nel caso di Lufthansa e Air France sale al 5-6 per cento. Nella maggior parte dei casi si tratta di furti che avvengono durante le operazioni di scalo e di controllo dei velivoli, spesso in paesi in via di sviluppo, là dove le Ulds grazie alla loro ampiezza vengono adibite, una volta private del loro contenuto, a vere e proprie abitazioni. Ebbene, dotare le Ulds di tag permette di potere rintracciare immediatamente questi beni insieme alle loro merci (grazie alle onde radio Cargolux ha dimezzato le proprie perdite, recuperando, tra costi diretti, personale e spese di assicurazione, oltre 60mila euro l’anno).

La gestione di questi processi, inoltre, è assolutamente agevole e non intralcia il personale impegnato nelle normali operazioni di carico e di scarico dei cargo (che sono, invece, di notevole complessità). Ecco perché gli analisti sostengono che la possibilità di disporre di servizi di controllo e di sicurezza Rfid rappresenti un valore aggiunto importante per le compagnie aeree impegnate in questa specifico ambito del trasporto.

Puntualità nei decolli La gestione delle rampe di lancio è uno dei principali motivi di preoccupazione per le compagnie. Un recente studio dell’Institute for Manufacturing in Cambridge ha dimostrato, infatti, che la necessità delle società di ridurre al minimo i costi e di migliorare i tempi di decollo è più impellente che mai. Il ritardo medio delle partenze degli aeromobili è pari a 17,4 minuti, il che equivale a 605 ore (25 giorni) l’anno. Una realtà che, solo nel Regno Unito, nel 2005, si è tradotta in perdite di denaro superiori ai 870 milioni di euro. L’International Air Transport Association (Iata) si è fatta promotrice, così, di uno studio per valutare quanto l’utilizzo dell’Rfid possa migliorare questa situazione, in modo da incrementare la puntualità dei decolli e ridurre le conseguenti perdite economiche.

Posta più sicura
Qual è il più grande cliente aereo del mondo? Il servizio postale degli Stati Uniti. Ogni anno, infatti, l’U.S. Postal Service mette in movimento nei cieli oltre 230 milioni di chili di posta, pagando per questo servizio più di 250 milioni di dollari. L’accordo con le compagnie aeree prevede, però, che venga pagata solo la posta arrivata a destinazione. Ergo: se lettere e pacchi vengono “persi” nei cieli, per le società sono tutte perdite. Attualmente per monitorare questa particolare tipologia di merce si utilizzano i codici a barre e il Postal Service richiede almeno tre scansioni successive di ogni colle prima di dare l’avvio al pagamento: operazioni che potrebbero essere notevolmente semplificate e rese più sicure adottando l’identificazione a radiofrequenza. Velocizzando anche i tempi di consegna.

Previsioni di sviluppo
Al di là di tutto questo restano, tuttavia, ancora molte sfide importanti da affrontare: in primis, la generale regolamentazione del settore e le oggettive difficoltà fisiche che possono danneggiare i tag durante il volo degli aerei. La Faa ha approvato, infatti, l’uso di etichette passive quando i velivoli sono a terra, ma tag attivi e dotati di batteria restano ancora off-limits. E nessun sistema Rfid può essere utilizzato quando un aereo è decollato o in fase di rullaggio.

Dei primi esperimenti con tag attivi condotti da Boeing sugli aeromobili hanno dato risultati promettenti, confermando l’assenza di interferenze con le operazioni di volo da parte delle onde radio. E se le vibrazioni, lo sporco, le alte temperature estreme e l’abbondanza di metallo rischiano oggi di mettere a dura prova la resistenza dei tag, i nuovi materiali allo studio per le etichette (da quelli ceramici a quelli “metal-friendly”) sembrano potere ovviare presto a questo inconvenienti. Segnali positivi, certo, ma ancora allo stato prodromico.

Mentre si aspettano sviluppi definitivi, il percorso da percorrere sembra, però, essere ormai tracciato. E procede in direzione di tutte quelle soluzioni che portino a reti tecnologiche quanto più possibili integrate e scalabili. Rfid, Wi-Fi e Wi-Max, per esempio, dovranno trovare nuove applicazioni in un ambiente dinamico quale quello degli aeroporti e i provider sono già all’opera. Nulla, infatti, è più mobile di un aereo e del suo contenuto: un elemento di complessità magari non facile da gestire, ma anche la chiave di un potenziale successo per una tecnologia come l’Rfid che ha fatto della flessibilità la sua carta vincente.

(Luca Saitta, rfiditalia.com)